Anette Olzon, Strong
INTERVISTESPECIALI

Anette Olzon: il racconto del nuovo album solista “Strong”

Ciao Anette, per prima cosa un ringraziamento per essere qui con noi di SpazioRock. Come stai?

Ciao e grazie! Sto davvero bene e spero anche tu.

È stata un’estate molto particolare, che ha un po’ ricalcato quella del 2020. A causa della pandemia, ci sono stati pochissimi eventi live e molti festival sono stati nuovamente posticipati in quasi tutta Europa. Come è andata dalle tue parti, visto che la Svezia è stato sempre un paese che ha evitato chiusure e misure restrittive rigide?

È stato lo stesso qui in Svezia e i festival sono stati posticipati o cancellati, ma dal 29 settembre tutte le restrizioni sono state eliminate, in modo che i concerti possano ricominciare. Per me non è stato così male e ci è piaciuto stare in Svezia per le nostre vacanze estive. L’estate qui è sempre bellissima, quindi nessun problema.

Sono passati sette anni dal tuo primo album solista “Shine”, intervallati dagli album con i “The Dark Element” e con Russel Allen. È stata una scelta dovuta principalmente al tempo a disposizione o avevi bisogno di maggiore concentrazione e riflessione per il secondo album “Strong”, uscito poche settimane fa?

Ho scritto e registrato “Shine” già nel 2009, quindi sono passati davvero tanti anni e non ho avuto né tempo né voglia di scriverne un altro prima. Ma poi alla fine del 2019 ho iniziato a sentire il bisogno di fare un altro album che fosse mio e credo di aver avuto bisogno di un po’ di tempo e di lavorare con altri come Jani e Magnus per capire che quello che volevo fare era un album metal. Ora non faccio parte di una band metal come quando ho scritto “Shine”, quindi non devo pensare e preoccuparmi se posso o non posso fare un album esattamente come voglio o quale genere suonare. “Shine” era più un progetto parallelo quando eravamo in un periodo di pausa dal tour e non potevo competere con la mia band a quel tempo.

Riguardo questo nuovo lavoro, la prima cosa che salta all’occhio è la cover, dove sei in primo piano in una versione più dark, che va in contrasto con quella che era la copertina di “Shine”. È già un primo indizio del fatto che ci siano differenze sostanziali tra i due album?

Sinceramente non ho pensato a questo aspetto quando ho pianificato come doveva essere la copertina dell’album, ma volevo qualcosa che si distinguesse e che mostrasse che questo è un album più pesante. “Shine” era un altro tipo di disco, con più luce nelle canzoni, anche se trattavano anche di argomenti tristi e un po’ più profondi. “Strong” è, come dice il titolo, più forte, più duro e in qualche modo richiama argomenti più oscuri. Quindi sento che è venuta davvero bene e sono felice che possa trasmettere tutta questa oscurità.

A livello musicale, “Strong” è molto diverso dal suo predecessore, è decisamente heavy e sinfonico. Come si è sviluppato questo cambiamento di sound?

Come ti dicevo prima, per me i due album non sono affatto collegati tra loro e rimangono due entità differenti. Quindi quando ho voluto scrivere questo album sapevo che tipo di musica volevo che si sviluppasse. Più duro, trascinante e coinvolgente, ma allo stesso tempo con vibrazioni melodiche che rimangono ancora molto importanti, proprio come lo erano con “Shine”. Amo le buone melodie, quindi questa è la chiave per me per costruire un bel sound, utilizzando elementi più heavy ma anche archi e parti elettroniche. Questo era ciò che volevo.

Ho avuto l’impressione che “Shine” potesse essere un album molto più interiore e che ti servisse anche a livello personale ed emotivo, mentre con “Strong” ho percepito un’energia diversa, come se fossi di nuovo libera di esprimerti. È stato così?

Sì, direi che hai descritto molto bene il tutto. “Shine” è stato un album molto personale in cui ho scritto di me stessa e di molte cose intime, mentre “Strong” riguarda altri argomenti e cose che vedo quando guardo il mondo intorno a me e i suoi fenomeni.

Quanto hanno influito i due album dei The Dark Element per creare il sound che ritroviamo in “Strong”?

Per me in realtà nulla. Questo album è per me molto diverso da quello che io e Jani facciamo nei “The Dark Element”. Qui prendo ispirazione per esempio dai Dimmu Borgir e dai Five Finger Death Punch, che sono le mie band metal preferite oggi. Canto anche più basso per rendere il tutto più pesante e oscuro, mentre nei The Dark Element canto molto più alto dappertutto e uso le mie armonie in modo differente.

Ho notato davvero un grande lavoro di Magnus Karlsson come produzione e soprattutto come approccio heavy ai brani con riff e melodie. Quanto è stato importante il suo apporto?

Abbiamo lavorato insieme e Magnus è stato un ottimo co-produttore per me poiché sapevo quello che volevo e avevo bisogno che fosse anche il mio musicista, visto che non sono in grado di suonare gli strumenti. È un grande musicista e un cantautore, quindi volevo lavorare con lui per questo motivo ed è anche una persona molto umile. Era consapevole della mia visione e mi ha assecondato in tutto e per tutto.

In alcune momenti dell’album ci sono parti con cantato in growl, ma sono più come parziale accompagnamento che come parte integrante dei brani. Come mai questa scelta? Pensi in futuro di sfruttare maggiormente questo aspetto?

Amo il growl e credo che aggiunga un sapore molto speciale e un suono aggressivo che volevo nell’album. È mio marito Johan Husgafvel che ha scritto e cantato quelle parti. Ne aggiungerò sicuramente di più nel prossimo album, credo che i testi, il modo in cui canto e la sua voce più ruvida creino un suono fantastico che adoro.

Ci sono davvero tante belle canzoni all’interno dell’album, che ha anche una buona varietà di suoni. Qual è quella che preferisci? Personalmente amo molto “Strong”, che è molto varia e ha un bellissima atmosfera  e “Catcher My Dream”,  esplosiva ma allo stesso tempo estremamente melodica nel ritornello.

La mia canzone preferita, come lo è per te, è “Strong”. Credo che sia il miglior brano dell’album. Anche il testo è importante per me dal momento che canto della pandemia e del fatto che dobbiamo rimanere forti durante questo periodo.

Prendendo spunto dal titolo dell’album, si dice spesso che le varie esperienze della vita ti rendano più forte. Quali sono state le esperienze, sia umane che professionali, che ti hanno cambiato da questo punto di vista?

Durante la mia vita sono successe cose difficili, ma credo che, anche se in certi momenti ti sembra di andare a fondo, io sono quel tipo di persona che si rimette sempre in piedi. Mio nonno viveva secondo il motto “live life easy” e credo di avere la stessa visione in me, nel mio spirito. Impariamo da tutto ciò che ci accade e ne diventiamo più forti, se capiamo che è una sfida da superare. Quindi sì, ora sono più forte di quando avevo 18, 30 e 40 anni e volevo trasmettere  con il titolo dell’album che a 50 mi sento davvero forte.

Questo album ha dimostrato ancora una volta il tuo talento e la tua grande versatilità vocale. Hai altre idee per il futuro, sia in termini di sound che di nuovi progetti in cantiere? Sarà possibile promuovere dal vivo il nuovo album?

Ho molte idee e pensieri su nuovi progetti ed altre cose nuove da registrare, quindi sono sicura che ci sarà in futuro altro oltre ai miei album da solista. Per quanto riguarda il tour non lo so, tutto dipende da come andrà l’album e se avrò tempo per la parte live visto che sono una persona molto impegnata nella quotidianità e nella mia vita di tutti i giorni.

Grazie per essere stata con noi Anette, è stato un piacere averti con noi. Ti chiedo se puoi mandare un saluto ai lettori di SpazioRock e ai tuoi fan italiani.

Grazie per il tempo dedicatomi per questa intervista. Voglio solo dire che spero di rivedere i miei fan in Italia un giorno.

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