Jar Of Bones (Nicola Sartor)
In occasione dell'uscita di "A Red Stain", SpazioRock ha avuto il piacere di chiacchierare con i Jar Of Bones, una band promettetente dell'underground nazionale. Ecco le parole del cantante Nicola Sartor...
Articolo a cura di Marco Somma - Pubblicata in data: 24/02/10

Ciao ragazzi! Tanto per cominciare mi piacerebbe fare le dovute presentazioni. Come nasce il progetto Jar of Bones, quali sono le vostre influenze e le vostre origini?

Ciao a voi di Spaziorock, i Jar of Bones nascono dalla collaborazione tra due tizi paranoici che si conoscono da una vita e nel 2004 decidono di provare a comunicare il proprio intimo attraverso musica, melodia, parole e rock n' roll... Le nostre influenze derivano per la maggiore da quella che è stata la nostra “colonna sonora vitale”, il sound anni '90 di Guns n' Roses, Metallica, Mother Love Bone, Soundgarden, Pearl Jam ed Alice in Chains. Con l'arrivo del resto dei componenti si è aperto un interesse verso l'hard rock '70-'80 e l'attuale  scena nu metal...


“A Red Stain”, primo LP marchiato Jar of Bones, ha raccolto fin qui reazioni entusiaste sia da parte della critica che dal pubblico. Si tratta di sicuro di un lavoro sanguigno e genuino. Siete pienamente soddisfatti del lavoro fatto per la  prima release?

Beh, “A Red Stain” è il nostro primo studio album ed è per noi arrivo e partenza, arrivo da una lunga gavetta fatta di sudore, rock n' roll e tanti chilometri in autostrada... la partenza per una nuova fase del nostro essere musicisti, con un disco che suona vero, come vero è lo spirito che ci anima!!! Siamo fieri che la nostra sincerità arrivi a chi ci ascolta fin da subito!!!
 
Aprendo per la prima volta il vostro cd ho notato che per ogni brano appaio no solo piccoli estratti del testo. Perché questa scelta e quali sono temi portanti del disco?

Abbiamo riportato solo piccoli estratti del testo perché ritenevamo fossero quelli più esaustivi per descrivere la sensazione che ci trasmetteva la canzone. I temi portanti del disco sono vari: si parla di esperienze personali, si parla del “sociale” e anche di ecologia. Tendiamo ad esternare con la musica tutti i nostri pensieri, la nostra rabbia e la nostra felicità, insomma pensiamo che sia la forma di comunicazione più versatile per parlare con la gente.

All’uscita di “A Red Stain” i riferimenti illustri fatti dalla critica in rete si sono sprecati. Vi hanno accostato a nomi come Alice in Chains, Metallica, Soundgarden… Cosa pensate di questi accostamenti?

Ne siamo lusingati ma pensiamo che i riferimenti siano stati presi dalla nostra biografia! Non sentiamo particolari similitudini con altri gruppi anche perché le nostre ispirazioni derivano dai gruppi più disparati!
 
Il disco sembra in effetti cercare una convivenza tra generi non sempre affini come post grunge, metal e punk. Questi elementi non si fondono però quasi mai completamente, a volte alternandosi ed a volte, se è concesso dirlom stridendo. Un tale effetto era voluto o siete ancora alla ricerca di una fusione perfetta tra le parti?

jarofbones_intervista_2010_02L’unico effetto che vogliamo ottenere è quello di soddisfare le orecchie di tutti… Siamo semplicemente noi stessi e cerchiamo di evolverci ogni volta che componiamo un brano nuovo. Ogni singola canzone è nata in un periodo preciso ed ogni singola canzone è sentita in maniera diversa dalle altre… Così era e così sempre sarà!

Molti lamentano una realtà asfittica nell’ambiente musicale italiano, con poche opportunità di emergere, soprattutto rimanendo nell’ambito del rock più duro. Quali sono le vostre impressioni?


Crediamo che la scena musicale italiana sia refrattaria nei confronti della musica rock o alternative. Siamo comunque consapevoli che c’è un gran movimento nell’“underground” musicale italiano e speriamo che prima o poi tutto questo emerga. Il secondo problema è l’esterofilia dell’ascoltatore medio che preferisce sostenere il “gruppetto” statunitense di media qualità a scapito di molti gruppi italiani eccellenti che invece rimangono per lo più nell’anonimato.

Una curiosità. Ci sono artisti con cui vorreste poter collaborare o magari ai quali vorreste poter fare da spalla?

Nella nostra modesta carriera abbiamo incontrato e collaborato con un sacco di gruppi più o meno emergenti e ogni volta abbiamo respirato la vera atmosfera ROCK, cosa che non abbiamo mai palpato quando abbiamo suonato con band più famose… È vero che per molti la musica è un lavoro, ma siamo convinti che prima di tutto debba essere spontaneità!

Ora che vi si sono aperte le porte dello studio di registrazione avete intenzione di rientrarvi a breve per una seconda release o preferite godervi un periodo di live?

Una cosa vera che han detto di noi è che siamo una “LIVE BAND”! Ci piace lavorare in studio ma preferiamo il contatto umano durante i live. Se ci fossero più locali indirizzati alla vera musica anziché al denaro, saremmo ben lieti di suonare dal vivo il più possibile!

Cosa devono aspettarsi io vostri fans per il futuro? Continuerete sulla strada intrapresa con “A Red Stain” o avete voglia di sperimentare?

Abbiamo  sempre pensato che il pubblico fosse il sesto componente dei Jars e, proprio mentre componevamo le canzoni di “A Red Stain”, le proponevamo durante i live per capire quanto piacevano al pubblico… Questo è servito molto per realizzare la struttura dell’album e siamo convinti che lavoreremo in questo modo anche per i nostri prossimi lavori.

Well, direi che abbiamo finito. Grazie mille per il tempo che ci avete dedicato. C’è qualcosa che volete dire ai vostri fan?

L’unica cosa che possiamo dire loro è che sono parte integrante dei Jar of Bones e che è grazie a loro se siamo quello che siamo!




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