Stigma (Andrea Bailo)
Diamo la parola ad Andrea Bailo, chitarrista dei piemontesi Stigma, per parlarci dell'ultimo esaltante album "Concerto For The Undead". Buona lettura.
Articolo a cura di Federico Botti - Pubblicata in data: 01/04/10

Ciao ragazzi, è un piacere avervi sulle nostre pagine "virtuali"! SpazioRock è giovane, e anche se gli Stigma (se non sbaglio) festeggiano in questo 2010 i primi dieci anni di carriera siete relativamente nuovi per noi: ci dite qualcosa di voi?

Ciao a tutti, io sono Andrea, il chitarrista degli Stigma. Innanzitutto grazie a te e ai lettori di Spazio Rock per averci dato la possibilità di parlarvi un po’ della nostra musica! Ebbene sì, sono quasi dieci anni che siamo in giro, anche se va detto che i primi 3-4 sono stati spesi tra cover dei Raised Fist e idee ancora acerbe su come si sarebbe potuta poi sviluppare la nostra avventura. Siamo una band che unisce il death metal all’hardcore, abbiamo realizzato due EP e a breve uscirà il nostro secondo album, “Concerto For The Undead”, per l’etichetta americana Pivotal Rockordings. Abbiamo suonato parecchio in giro per l’Italia, ma negli ultimi tempi stiamo gradualmente allargando i nostri orizzonti verso l’estero, in particolar modo verso il centro Europa e l’Inghilterra, dove, duole dirlo, la scena è molto più viva che nel nostro paese. Amiamo unire la nostra musica a tematiche prese dal mondo dell’horror, per questo il nostro nuovo album, che sarà disponibile in Italia dal 30 Aprile è un concept ispirato al fumetto americano “Tales From The Crypt”.
 
Il vostro primo disco, "When midnight strikes!"del 2008 ha riscosso consensi unanimi di critica e pubblico un po' ovunque, mettendo in luce due caratteristiche importanti del vostro gruppo. Partiamo dalla prima, l'amore per l'horror (inteso in senso lato, film, letteratura ecc): siete tutti amanti di questo tipo di atmosfere?

Sì certo, personalmente io lo sono diventato guardando il primo “Dracula”, che non a caso è stato anche uno delle maggiori fonti d’ispirazione per il concept di “When Midnight Strikes!”, ma tutti i membri della band sono appassionati del genere. A nostro modo di vedere le cose, l’horror offre una marea di temi e spunti che possono legarsi perfettamente alla nostra musica, per questo siamo intenzionati a portare avanti questa idea di creare concept ispirati a queste tematiche anche in futuro.
 
L'influenza dell'horror è ben percepibile sia nei vostri testi che nelle grafiche che utilizzate. A tal proposito non posso che farvi i complimenti per la grafica di questo "Concerto for The Undead": ci parlate di come è nata l'idea del concept grafico, e chi ne è l'autore?

Sì, come ti ho accennato in precedenza il disco è legato al fumetto cult americano “Tales From the Crypt”, da cui sono poi state realizzate anche svariate serie televisive tra cui quella italiana che si intitolava “Zio Tibia horror picture show”. La grafica di “Concerto for the Undead” è legata al concept, per questo ci siamo rivolti ad Andrea Berton (in arte Corefolio Design), un’artista italiano che ci invidiano all’estero (sono sue molte delle grafiche di successo di band quali Black Dahlia Murder, Impending Doom, Winds Of Plague), che oltre a essere un grande appassionato “Tales From the Crypt” è anche un vero professionista, ed è riuscito a rappresentare alla perfezione il legame che c’è tra la nostra musica e l’umorismo grottesco del fumetto di Ec Comics.
 
Sono quasi certo che la serie di "Tales From The Crypt" (vostra indubbia primaria fonte di ispirazione qui) sia passata in Italia alla fine degli anni Ottanta, ma sono incerto sul nome, se "I Racconti della Cripta"  o "I Racconti di Mezzanotte"; ad ogni modo un ciclo abbastanza di culto soprattutto per gli anni a venire. Immagino che abbiate visto anche voi alcuni di quegli episodi (se non tutti addirittura): ce n'è qualcuno in particolare che vi ha ispirato per i pezzi contenuti in "Concerto for The Undead"?

Sì, seguivamo tutti le storie dello Zio Tibia in TV, ma per scrivere il concept di “Concerto for the Undead” in realtà, abbiamo guardato le storie in lingua originale, dopo aver scelto le nostre preferite direttamente dai fumetti. Il disco è composto da dieci canzoni, ed ognuna di esse è ispirata da una storia presa dal fumetto, quindi non vi resta che ascoltare il disco per vedere e sentire quali sono le nostre storie preferite!
 
Passiamo alla seconda importante caratteristica degli Stigma: il sound. Indubbiamente rientrate nella scena metalcore, tanto in voga ultimamente (ma non sempre è stato così, ci tornerò in un secondo momento): ci sono gruppi che ritenete basilari per la vostra formazione, e i cui echi inevitabilmente riaffiorano nelle vostre composizioni?

Ci sono molte band che influenzano il nostro sound, a cui siamo molto legati e con alcune delle quali abbiamo anche avuto l’onore di dividere il palco, tra queste sicuramente Black Dahlia Murder, Sylosis, August Burns Red e Bleeding Through, ma anche nomi come Parkway Drive e Darkest Hour.

 

stigma_intervista_2010_01
 

 

Il vostro approccio alla musica è abbastanza senza compromessi. Cantato aggressivo di matrice quasi HC, rocciose cascate di riff minacciosi, sezione ritmica che non lascia respiro: avete sempre suonato così o ciò che sentiamo oggi è frutto di un'evoluzione stilistica avvenuta nel tempo?

Nel corso degli anni il suono è cambiato, si è evoluto, anche se ci sono ancora dei forti richiami all’hardcore come dici tu, il sound è notevolmente più moderno, soprattutto per quanto riguarda “Concerto for the Undead”, sentirete voi stessi, ma noi siamo veramente entusiasti del risultato che abbiamo raggiunto! Siamo riusciti a scrivere il disco che volevamo, e per noi questo è davvero un grande obiettivo raggiunto.
 
Il genere da voi suonato non è sempre stato popolarissimo: c'è stato un momento in cui sembrava in calo, per poi risalire la china più forte di prima e diffondersi a macchia d'olio un po' ovunque. Conosciamo tutti abbastanza bene la scena metalcore in USA e UK, ma cosa mi dite di quella italiana? E quali sono i vostri assi nella manica, in grado di farvi distinguere in una scena, indubbiamente affollatissima, come quella del metalcore?

Devo essere sincero, suonando all’estero ti accorgi davvero che il livello di scena - se così si può ancora chiamare - e di organizzazione nel nostro paese sono ancora lontani anni luce da quello che in gran parte del resto d’Europa è ormai standard da anni. In Italia ci sono alcune band che artisticamente sono a volte addirittura migliori di gruppi esteri anche altisonanti, ma il problema è che restano intrappolate nel pantano della scena italiana, nella mancanza totale di rispetto per quello che sono le realtà emergenti e tutto quello che non è il mainstream becero da reality televisivo. In più, molto spesso, si aggiunge anche una bella dose di invidia e le nostre mitiche “guerre dei poveri” all’italiana, ed il gioco è fatto! Noi abbiamo sempre preferito parlare poco e lavorare il più possibile, abbiamo macinato migliaia e migliaia di chilometri in furgone e combattiamo ogni giorno per far crescere il nostro sogno e pian piano questo ci sta ripagando. Quindi sì, forse questo è l’unico asso nella manica che abbiamo e che mi auguro vorranno usare anche tutti coloro che vogliono veramente emergere con la loro musica.
 
A livello di live in Italia, com'è la risposta del pubblico?

Sicuramente le cose ultimamente stanno peggiorando. La gente segue sempre meno i concerti, ma allo stesso tempo si lamenta che sono sempre negli stessi posti. E’ un circolo vizioso, come il fatto inspiegabile che qui in Italia la gente è sempre più esterofila, puoi fare il disco del secolo, ma se sei italiano sarai sempre considerato un gradino sotto.
 
E a livello di live all'estero invece? Dove avete suonato, e quali sono le differenze nell'atteggiamento e nei feedback tra il pubblico nostrano e quello oltreconfine?

L’accoglienza è notevole, spesso c’è davvero tanta gente ai concerti e i ragazzi sono molto informati sulle band, molto più passionali nel dimostrare il loro attaccamento a un gruppo o a un genere. Abbiamo suonato in gran parte d’Europa, inclusi alcuni festival e il feedback è sempre stato molto superiore a quello che riscontriamo dalle nostre parti.
 
Avete suonato con band anche molto rinomate (una tra tutte, i Bring Me The Horizon): ce ne parlate?

Suonare con band del calibro dei Bring Me The Horizon, August Burns Red, A Day To Remember e molti altri come Architects, Bleeding Through e Black Dahlia Murder sono state davvero delle esperienze memorabili e allo stesso tempo istruttive dal punto di vista musicale e professionale! Al di là dei gusti musicali, va detto che tutti ci hanno sempre trattato alla pari e si sono dimostrati essere persone simpatiche, spesso molto timide, ma sempre cordiali e rispettose.
 
Tra l'altro se non sbaglio il chitarrista dei BMTH ha prodotto il vostro ultimo disco, esatto?

Sì, Jona ci ha seguito molto nella stesura dei pezzi e nella composizione fornendoci un sacco di idee utili per i nostri pezzi, struttura e sound. E’ stata una grande esperienza che speriamo di poter ripetere anche in futuro!
 

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So che orde di ragazzine impazziscono per Oliver Sykes, frontman dei britannici BMTH: c'è anche tra voi un rubacuori che fa impazzire il pubblico femminile?!

Beh, lui si sa, è un sex symbol! In realtà però ti assicuro che è un ragazzo molto in gamba, a tratti un po’ timido offstage, ma un frontman davvero eccelso quando calca le assi del palco! Niente rubacuori in casa Stigma, siamo quasi tutti fidanzati!
 
Tornando a discorsi più "professionali", come nasce un vostro pezzo? Parlateci un po' del vostro processo creativo.

Solitamente il pezzo nasce da un riff di chitarra, poi si lavora su una struttura e ci si scambia idee e commenti via Internet, in modo da poter poi lavorare su uno scheletro di brano una volta che ci si trova in sala prove. Una volta ultimata e concordata la struttura definitiva allora ognuno aggiunge le sue parti, lasciando ancora spazio ad eventuali correzioni dell’ultimo minuto.
 
Proprio mentre sto scrivendo questa intervista, sto ascoltando la vostra ultima fatica. A primo impatto mi è sembrato un disco che scorre via decisamente bene, lasciando buone impressioni sin da subito. Colpisce molto l'orecchiabilità di certe linee melodiche, che seppur aggressive (come genere vuole) si stampano in testa sin dal primo ascolto. Intendiamoci, ritengo che sia un fattore questo da non prendersi in chiave negativa, tutt'altro! Mi confermate anche voi una certa attitudine melodica dei vostri pezzi?

“Concerto For The Undead” vuole proprio essere un disco heavy, ma melodico allo stesso tempo, e in più molto più live oriented del suo predecessore. L’idea di inserire e alternare aggressività a melodie e spazi più aperti vuole portare a memorizzare più facilmente il pezzo e la sua struttura. Non ti nascondo che è stata un’esperienza nuova anche per noi, non avevamo mai scritto un album con la consapevolezza di che cosa volevamo, come in questo caso, quindi è stato indubbiamente un lavoro molto più stressante e meticoloso di quello che avevamo fatto in passato, ma è anche vero che il risultato finale per noi è davvero superlativo.
 
Bene ragazzi, l'interrogatorio è finito. Vi lascio quest'ultimo spazio per dire ciò che volete e salutarci come meglio credete. Intanto vi auguro in bocca al lupo per tutto e buon lavoro!

Crepi! Grazie mille dello spazio riservatoci, non vediamo l’ora che possiate ascoltare tutti il nostro nuovo album, vi ricordo che sarà nei negozi dal 30 Aprile, ma che già da ora è preordinabile sul nostro sito www.stigmahc.com!




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