Edenbridge (Lanvall)
Gli Edenbridge, dopo anni di tentativi, sono riusciti a spiazzare critica e pubblico con un album variegato, accattivante e solido come "Solitaire". Per fare il punto della situazione abbiamo contattato il mastermind Lanvall. Buona lettura!
Articolo a cura di Marco Belafatti - Pubblicata in data: 29/08/10
Ciao, come stai? Il vostro nuovo album “Solitaire” è stato pubblicato da poco più di un mese: siete soddisfatti dei risultati ottenuti fino a questo momento? Qual è stata la reazione dei fan? In tutta onestà credo che questo sia il vostro miglior disco di sempre!

Grazie mille. Siamo molto felici per questo nuovo album, le reazioni della stampa e dei fan sono state positive, abbiamo addirittura raggiunto una posizione nelle classifiche di vendita tedesche; tutto questo è veramente fantastico!

Cosa sai dirmi in merito al titolo e all’artwork dell’album? Sono forse collegati? C’è un concept alla loro base?

La copertina mostra gli interrogativi che ci poniamo di fronte agli antichi dogmi ed il cambio di paradigma ad essi collegato. Si tratta di una forza universale, esistente sin dall’alba dei tempi e destinata a vivere per sempre, una connessione indistruttibile, proprio come il diamante. È qualcosa di unico, come ogni singola goccia d’acqua che va a formare il mare unendosi a tutte le altre.

Chi ha scritto i testi del disco e quali sono le tematiche affrontate?


Mi sono occupato personalmente di tutti i testi dell’album. Come avrai capito, ho già parlato della titletrack nella domanda precedente. “Further Afield” parla di un viaggiatore che dà forma alle cose con la sola forza del pensiero. “Bon Voyage Vagabond” racconta di un esploratore che combina la propensione alla scoperta con la sua natura di poeta. In questa figura riemergono le caratteristiche di Jean-Luc Picard, il capitano di “Star Trek: The Next Generation”, una persona nella quale mi identifico. “Skyline’s End” è sinonimo di libertà. I marinai provavano questo sentimento perché l’esplorare la vastità dei mari consentiva loro di scoprire il proprio io. Questi uomini facevano rotta verso l’orizzonte pensando che questo non esistesse, poiché la libertà non ha limiti di alcuna sorta. “Out Of This World” parla di un emarginato, una persona lontana da una società che lotta contro tutto ciò che non riesce a capire. L’emarginato senza speranza non sogna altro che di poter tornare ad essere libero. In “Higher” parlo del raggiungimento dei propri obbiettivi, dell’andare sempre più in alto. Ci spacchiamo la schiena combattendo giorno dopo giorno, senza nemmeno renderci conto che questa non è altro che una battaglia contro noi stessi. Se solo riuscissimo a capirlo, non avremmo più bisogno di lottare per andare sempre più in alto nella nostra vita. Raggiungere questo obbiettivo è molto più importante di tutti gli altri piccoli paletti che normalmente ci poniamo. “A Virtual Dream?” parla della sensazione di trovarsi in un sogno, di sentirsi fuori luogo. La paura è parte di un grande meccanismo e la domanda che ci poniamo è: e se tutto fosse solo un sogno? “Come Undone” descrive un luogo magico che non vorremmo mai abbandonare (nel mio caso si tratta del villaggio di Serafus sulle montagne austriache). “Brothers In Arms” è la storia dei fratelli Messner, due alpinisti che nel 1970 hanno sfidato la natura scalando il versante Rupal del Nanga Parbat, la più grande parete sulla faccia della terra. Dopo aver conquistato la vetta, i fratelli scesero lungo il versante Diamir, dove Günther venne travolto da una valanga. È ovvio che questa canzone si riferisca al drama avvenuto su quella montagna, un momento in cui la gioia per la vittoria e il dolore per la perdita del proprio fratello sono stati vicinissimi.

edenbridge_intervista_2010_02Le canzoni del nuovo album sembrano più heavy ed eterogenee rispetto ai brani contenuti nei vostri dischi precedenti. Possiamo distinguere chiaramente influenze folk, gothic, thrash metal e persino qualche sprazzo di elettronica… Da dove proviene la vostra ispirazione?

L’ispirazione proviene da tante fonti diverse. Una di queste è il contatto con la natura, che per me è molto importante. Amo sciare in inverno, scalare o vagare per le foreste in estate. Ma amo anche il cinema ed ovviamente la musica. Ho voluto semplicemente scrivere delle canzoni eccellenti, senza alcuna intenzione particolare, ho lasciato che l’ispirazione emergesse, osservando il risultato. Le cose hanno funzionato alla grande. Gli Edenbridge sono una band che può proporre nello stesso disco un riff di matrice thrash, come in “A Virtual Dream?”, così come atmosfere ambient, come accade in “Out Of This World”. L’universo musicale è un cosmo così vasto ed attingere da questa infinita fonte di ispirazione è la migliore fortuna che un compositore possa desiderare. Ecco perché il disco suona così eterogeneo; “Solitarie” raggruppa tuti gli elementi sinfonici ed heavy di “MyEarthDream” portando un sacco di novità nel nostro sound. Questo è il nostro album più atmosferico e melanconico di sempre. Abbiamo continua a lavorare con chitarre a 7 corde e le parti sinfoniche sono molto più ricche e dettagliate che in passato. Adoro comporre in chiave di si, perché mi permette di dare ai pezzi un feeling oscuro e melanconico. L’entrata dell’orchestra è una vera e propria esplosione, nella maggior parte dei casi. Il sound degli Edenbridge non è mai stato così vario come in “Solitaire”.

Sembra che vi siate un po’ discostati dal progressive metal…. Mi sbaglio? Quali artisti o quali band state ascoltando al momento?


Non credo che la nostra sia mai stata una band progressive metal. Forse “progressive” nell’accezione originale del termine, ovvero nella volontà di aggiungere sempre nuovi elementi al proprio sound. Abbiamo sempre incorporato strumenti ad arco esotici ed influenze etniche nella nostra musica. Al momento mi piacciono band come Blackfield, Anathema, Porcupine Tree ed Opeth, ma i miei gruppi preferiti di sempre sono Dream Theater, Marillion, Symphony X e tanti altri.

Anche la voce di Sabine sembra aver subito un cambiamento profondo. Era in programma?


Davvero? Non credo che il suo modo di cantare sia cambiato, ma ritengo che abbia fatto grandi progressi. Devo dire che non sono molte le cantanti metal dotate di una simile profondità; la voce di Sabine si riconosce sin dalla prima nota. La sua estensione è semplicemente sconvolgente e mi consente di scrivere in qualsiasi chiave, quindi non sono per niente limitato in fase di composizione e questa è una grande fortuna!

A tuo avviso, quali sono le canzoni che rappresentano questo disco al meglio e perché?

“Higher” rappresenta il lato catchy della band, “Skyline’s End” le nostre influenze etniche, “Solitaire” è lo specchio del nostro lato symphonic metal, “Out Of This World” del nostro lato romantico e “Brothers On Diamir” rappresenta l’epicità!

Recentemente avete girato un videoclip per “Higher”. Cosa rappresentano i due cavalieri che combattono l’uno contro l’altro per poi scoprire di essere la stessa persona?


edenbridge_intervista_2010_03Sabine ha avuto un’idea per il concept del video, meditando sul significato delle mie parole. Tutto questo ha permesso alla storia di svilupparsi. Timor, l’attore che ha impersonato il cavaliere nel nostro video, la contattò proprio in questo frangete, dopo anni di lontananza. Per Sabine la sua mail è stata una vera e propria manna dal cielo. L’idea del video è piaciuta parecchio anche a lui, così ci siamo trovati a lavorare insieme. Timor e il suo amico Martin hanno fatto veramente un buon lavoro. Ci siamo divertiti parecchio durante le riprese.

Per quanto riguarda I vostri piani futuri: andrete in tour? Suonerete in Italia?


Ci piacerebbe suonare in Italia, ma al momento l’Europa non è nei nostri piani. A novembre terremo tre concerti in Indonesia, dove abbiamo appena concluso un tour promozionale.

Grazie mille per questa intervista! Vuoi lasciare un messaggio ai vostri fan italiani ed ai lettori di SpazioRock?

Grazie a tutti i fan italiani per il supporto che ci hanno dato in tutti questi anni. Ascoltate “Solitaire”. Grazie anche a te per l’intervista.


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