Love In Elevator (Anna Carazzai)
Ero praticamente certo di trovare un’interlocutrice dalla personalità forte in Anna Carazzai, mastermind dei rinnovati Love In Elevator. Troppo di questa meravigliosa personalità, difatti, traspare anche dalla musica prodotta dalla band nell’ultimo, significativo, lavoro “Il Giorno Dell’Assenza”. Ed è quindi con estremo piacere che vi offro il reportage della nostra chiacchierata. Buona lettura!
Articolo a cura di Fabio Rigamonti - Pubblicata in data: 07/12/10

Ci sono stati un bel po’ di cambiamenti nei Love In Elevator ultimamente, dalla formazione al tipo di sound della band. Cominciamo dai cambi di line-up: come mai siete finiti come power trio dove tu sei l’unica donna rimasta, rispetto ad un esordio praticamente femminile?

Perché, fondamentalmente, sono più testarda delle altre, sono attaccata a questa cosa di Love In Elevator in una maniera morbosa ed ossessiva, e non voglio permettere a nessuno di portarmela via o di farla finire. In realtà, questa è una vita dura e dolorosa, dedicata per lo più alla povertà...e capisco che ad un certo punto si possa pensare "basta, non ce la faccio più!", ed è quello che è successo prima a Giulia e poi a Michela: hanno avuto bisogno di riprendersi le proprie energie. Oggi, col senno di poi, devo dire che le capisco.

Arriviamo ora al sound: come descriveresti il suono attuale dei Love In Elevator? Perché certamente non è più come fu agli inizi…lo trovo più riflessivo, sensuale, oscuro…ed anche country, in un certo senso!

L'unica cosa certa è che continuiamo a cambiare, io la vedo come un' evoluzione costante, e personalmente mi accorgo di crescere ogni giorno con questo gruppo a livello umano e a livello tecnico e artistico. Ad ogni modo, non amiamo le definizioni.

Altro cambiamento che necessita di una spiegazione è il fatto di scrivere testi in italiano: come mai questa scelta proprio in questo momento?


E’ vero che, soprattutto negli ultimi anni, in molti hanno iniziato a scrivere in italiano...per quanto ci riguarda, ne abbiamo discusso tantissimo prima di decidere: non vogliamo essere "quelli che si accodano alle scelte degli altri" solo perché sembrano più convenienti. Non è stata una scelta commerciale, è stata piuttosto una scelta personale di scrittura: scrivo da quando ero bambina e l'ho sempre fatto in italiano..anche in “Re-pulsion” ci avevo provato ma il risultato non mi convinceva. Oggi, quello che ho fatto in questo disco mi convince e mi appartiene, anche se devo dire che l'inglese per il rock continua a piacermi di più, ma, alla fine, ci appartiene sicuramente di meno.

loveinelevator_int_2010_01C’è per caso un filo conduttore ad unire tutti i brani de “Il Giorno Dell’Assenza”? Poi, perché titolare il vostro disco proprio in questo modo?


Con questo disco siamo riusciti a creare un suono analogico originale e unico che non assomiglia a nessun'altro in circolazione, e questo da già un carattere forte al disco. A livello semantico, ti dico  che quasi ogni brano contiene almeno un ossimoro. Poi, il filo conduttore a livello di contenuti è l'essere umano, che aldilà di tutti i problemi istituzionali, economici, politici di questo mondo assurdo, è l'unica cosa che mi preoccupa: "perchè siamo fatti così?", continuo a chiedermi. "Il Giorno Dell'Assenza" è l'unico messaggio diretto dell'album: è un messaggio contro la globalizzazione, perché noi siamo assenti nel momento in cui il 99% della civiltà moderna va ad occhi chiusi nella stessa direzione di consumo, di non-decisione, di inquinamento, di mal-investimento, di mal-educazione, di cultura spazzatura, di prevaricazione sull'altro, di non accettazione del diverso, di smania di potere individualista, e potrei continuare a lungo. Quello che mi lascia di stucco è che questo tema era già all'apice dell'insopportabilità dieci anni fa, oggi è difficile da commentare, ho paura che non basterebbero cento rivoluzioni per salvarci. Ecco, la paura è un'altro tema ricorrente di questo album: non abbiamo soluzioni da suggerire, e il nostro assenteismo non è superficialmente un "lavarsene le mani", è vivere una quotidianità nel nostro piccolo lontana e estranea alla quotidianità dei più.

Il vostro album è stato registrato e mixato completamente in analogico. Come mai avete deciso di non utilizzare il digitale?  Cercavate un feeling più “live” all’interno del disco, forse?

Già con “Re-pulsion” avevamo cercato il sentimento "live", con questo forse ci siamo spinti un po’ oltre: abbiamo decisamente voluto capire chi siamo, senza trucco e senza inganno. Col digitale puoi assomigliare a chi vuoi, con l'analogico sei solamente tu, nel bene e nel male.

Questa scelta di non utilizzare il digitale come fanno praticamente tutti mi porta a chiederti: ma come vedi questa mercificazione della musica attraverso uno sterile file mp3? Non trovi di una tristezza immane il fatto che il supporto fisico, prima o poi, sia una cosa destinata a scomparire?

E’ vero, i più giovani soprattutto non si rendono conto cosa sia un disco! Per loro la musica è un file da riprodurre, alcuni non sanno nemmeno cos'è un nastro. Io, nel mio percorso "assenteista" dalla contemporaneità volgare e stupida, continuo a leggere i libri e a comprare cd, vinili e ascoltare ancora le musicassette. Non so nemmeno come si scarica un mp3. Sono stata assalita dalla tristezza e poi dalla rabbia quando, qualche mese fa, sono andata a comprare una cassetta per il 4 piste analogico e il commesso mi ha riso in faccia dicendo che ormai non le fabbricano più, così come per le vhs...io mi domando: ma se a casa voglio vedermi un film in cassetta, dato che ho il videoregistratore che funziona in maniera eccellente da più di 20 anni...perché cazzo non lo posso fare e mi costringete al dvd o al divx e chissà quali altre vostre porche troiate!? Anche qui: assenteismo, io non ne voglio sapere. E’ in casi come questi che odio l'umanità.

Adesso in formazione siete in tre, ma come riuscirete a ricreare in sede live la ricchezza di suono delle vostre nuove canzoni? Chiederete la collaborazione di qualcuno, oppure vi affiderete alla, detestata, tecnologia?

Guarda: la tecnologia per me è Skype che mi permette di parlare con mio fratello che ora vive a Buenos Aires senza spendere denaro! Per la musica, non sopporto l'idea che una macchina si metta a fare quello che posso fare io! Il digitale per me ha delle frequenze molto brutte e finte. Dal vivo ora con noi c'è un quarto elemento che si alterna con me al piano e alla seconda chitarra: Marco Ghezzi dei Sakee Sed, validissimo suonatore bergamasco.

 

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Una collaborazione estremamente proficua che ritieni di avere fatto qual è? E con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?

Assolutamente quella con Marco Fasolo (produttore de “Il Giorno Dell’Assenza” n.d.r.): è stato uno scambio professionale di altissimo livello. In futuro, ora come ora non so dire.

Generalmente, la critica ha risposto molto positivamente al vostro album, ed anche io l’ho evidenziato come uno dei nostri Top. Ovviamente, immagino che la cosa vi faccia piacere, ma tu, come musicista, che funzione dai alla critica musicale?


Ci fa piacere quando si parla bene del nostro lavoro, diamo però sicuramente molto più credito a tutti i ragazzi che ci seguono dal vivo e ci supportano con la loro energia: questo è quello che fa la differenza e che ci appaga. I riconoscimenti ce li siamo guadagnati suonando ovunque in tutti questi anni di fatiche e mai attraverso favoritismi della critica. Amiamo la nostra posizione di "losers", estranei alla "scenetta indie" che qualcuno ha costruito (ancora una volta: siamo felici di essere assenti). Noi portiamo avanti un'autogestione autentica e questa è l'unica indipendenza che conosciamo: abbiamo messo in piedi una rete di lavoro che funziona, non deleghiamo agli stupidi o ai “managerini”; facciamo il doppio della fatica, è vero, ma se qualcuno può trattare la nostra musica, allora significa che queste sono persone altrettanto autentiche, interessate soltanto al nostro lavoro, non all'immagine o al denaro (Francesco Marchiori di E&F  e i ragazzi di Sons of Vesta ne sono grandi esempi). Capita anche di scoprire, a volte, che taluni artisti che vedi ovunque in copertina e nei grossi spazi pubblicitari, i cui dischi sono super recensiti, sono poi completamente ignorati dal pubblico! E’ esilarante! Dove sta l'errore? La pubblicità fa sicuramente bene ad un'artista, ci mancherebbe, ma deve essere calibrata, non si può cadere in queste gaff sconcertanti, poi è l'artista che perde credibilità, mai la critica onnipotente... giusto?

(purtroppo, l’intervista si è svolta via mail, quindi il sottoscritto non ha potuto fisicamente controbattere ad una domanda che rischiava di svilupparsi in un dibattito estremamente interessante. N.d.r.) Domanda classica: progetti futuri per la band quali sono?


All'inizio del 2011 pubblicheremo il vinile de: "Il Giorno Dell'Assenza", ci stiamo lavorando coi ragazzi di Sons Of Vesta. Poi, per un poì l'unico obiettivo resterà il tour.

Ok, questa era l’ultima domanda, Anna. Ti ringrazio tantissimo per essere stata con noi! Se vuoi lasciare un messaggio libero ai nostri lettori, questo è lo spazio per farlo!

"La verità sta dove non guardi mai"




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