UT New Trolls (Maurizio Salvi, Gianni Belleno)
A Milano, sul piccolo palco della saletta degli eventi del Mondadori Multicenter di Corso Vittorio Emanuele, gli UT New Trolls (UT sta per Uno Tempore) sono schierati per la presentazione del loro nuovo lavoro “Do UT Des”. Maurizio Salvi si scalda al pianoforte, Gianni Belleno accoglie qualcuno dei presenti, Alessandro Del Vecchio e Claudio Cinquegrana controllano e regolano il suono. Con orgoglio Salvi introduce un assaggio di ogni brano, mentre Belleno assiste ed osserva tutto con trepidazione; il pubblico segue con attenzione e partecipazione finché il gruppo esegue un breve set acustico offrendo “Sarà Per Noi” e “Oltre Il Cielo”. Salvi spiega che questo ultimo lavoro rappresenta il loro ricordo di Genova, vista sotto un aspetto onirico, e al tempo stesso la celebrazione di alcuni sentimenti, primo fra tutti l’amicizia. Dopo il dibattito e l’abbraccio affettuoso degli ammiratori scambiamo alcune considerazioni assieme a loro.
Articolo a cura di Arcangelo Accurso - Pubblicata in data: 12/02/13
Premesso che il disco mi è piaciuto molto, colpisce che sia sul vostro sito sia sul comunicato stampa mostriate la chiara volontà di segnare un preciso segno di discontinuità con la passata esperienza avuta sotto le tante facce che nel corso degli anni ha contraddistinto il cammino dei New Trolls. Ma il percorso di un artista non è fatto di episodi separati, bensì è una sequenza di esperienze continue legate fra di loro; così questo nuovo lavoro non è semplicemente nient’altro che una tappa della vostra stessa espressività?

Maurizio Salvi: In realtà la risposta è semplice. Quando è stato pubblicato quell’articolo usando quella formula, l’interpretazione da dare non era nel senso di voler prendere le distanze da qualcosa di specifico, ma andava intesa solamente come la necessità di dover fare un distinguo, in quanto in epoche e situazioni passate vivevano anche altre persone. Allora per una forma di rispetto generale, visto che in un gruppo non scrive mai una persona sola, la precisazione andava fatta. Poi questioni di marchio a parte, certamente nel mio caso quel vecchio gruppo è stato un problema per molti sensi, ma con questo non nego le belle cose fatte. Ora il progetto riparte da un’idea che è quella degli UT New Trolls; non è una presa di distanza dai vecchi New Trolls o dagli Ibis, ma soltanto una presa di coscienza del fatto che siamo persone maturate e diverse per qualche motivo, pur rimanendo assolutamente gli stessi. La frase l’avevo detta proprio io e volevo significare questo.

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Chiarito ciò, si capisce e si spiega molto meglio il fatto che da questo vostro nuovo lavoro si rileva invece una sintesi molto felice delle vostre varie anime. Altrimenti bisognerebbe specificare da quale espressione dei New Trolls voi abbiate voluto prendere le distanze, visto che ci sono almeno due facce principali che vi identificano, “Concerto Grosso” e “Aldebaran”. Invece, pur esprimendovi in questo lavoro attraverso la “forma canzone” tanto spesso riduttiva, mostrate di aver trovato una bella sintesi fra ciò che siete stati e ciò che siete.


Maurizio Salvi: Noi usiamo la “forma canzone” semplicemente come una possibilità fra le tante a disposizione, senza considerarla riduttiva e con nessun tipo di distinzione fra loro. Poi certamente i New Trolls hanno avuto facce diverse, e Gianni le ha vissute praticamente tutte o quasi. Io invece sono entrato nell’agosto del 1970 a L’Aquila, dopodiché siamo andati avanti nonostante ci fossero persone che creavano problemi di natura economica o discografica; avevo diciotto anni. In tre soli anni sono stati prodotti “Concerto Grosso”, “Searching For A Land”, “UT”, “Canti D’innocenza Canti D’esperienza” e “Ibis”, una somma di cinque lavori che nella produzione complessiva dei New Trolls equivale a circa un terzo del totale. Ora con Gianni abbiamo messo assieme dei valori che si sono fusi in un’emozione unica; in passate occasioni invece abbiamo vissuto entrambe con persone che non hanno creato questo tipo di sinergia, fondata sul fatto che suonare vuol dire star bene mentre quando c’è chi non ti fa stare bene per mille motivi se ne va anche il lavoro.

Gianni Belleno: Io sono felice che si senta questa sintesi nel nostro lavoro, anche come conseguenza di “Aldebaran”, in cui sono autore di molti dei brani, che non rimpiango affatto.

Maurizio Salvi: A questo proposito allora qui forse troviamo una sintesi ancora maggiore di quella espressa in “UT”, dove c’erano comunque brani nobilissimi; ora in “Do UT Des” se possibile si trovano dentro ancora più cose, a cominciare da melodia, armonia e ritmo.

Ora una provocazione da un apparente paradosso: negli anni ’10 per eccesso di informazione ci troviamo come nei ’70, in cui la musica non si conosceva per mancanza di informazione e andava cercata in prima persona, col ruolo determinante del passaparola. Vista questa rinnovata forma di confusione nella comunicazione musicale, con che spirito, speranze e aspettative oggi voi proponete un altro lavoro così qualitativo all’attenzione di un pubblico talmente distratto?

Gianni Belleno: Io spero che riusciamo a far capire che si può far musica ugualmente senza per forza passare attraverso i canali dei talent show e quelli consolidati dei media, per finire con Sanremo. Sono espressioni che lasciano il tempo che trovano e durano lo spazio di un attimo, mentre noi abbiamo l’ambizione di fare musica che resti, che entri dentro a chi ascolta per portarsela poi dietro per sempre, se riusciamo a comunicare.

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Maurizio Salvi: Io sono quello che sono sempre stato; le cose che sento sono sempre le stesse. Così non saprei nemmeno come rispondere a questa domanda, perché sono rimasto quello che ero quarant’anni fa. Quindi non mi pongo il problema di come si valorizzerà un disco come quello che presentiamo oggi; se si valorizzerà sarà perché il pubblico lo avrà voluto valorizzare, o lo avrà recepito.

Per finire a Maurizio (che insegna al Conservatorio Paganini di Genova, ndr); come concilia un accademico la propria espressività fra musica scritta e musica non scritta?

Maurizio Salvi: Io sono diventato un accademico; la sera prima di dare l’esame per il quinto anno di pianoforte ero al Vigorelli a suonare coi Led Zeppelin. Marta Del Vecchio, già insegnante del grande Dino Ciani, mi disse “Tagliati quei capelli perché così l’esame non lo puoi dare”; l’ho dato e l’ho passato bene anche con quei capelli. Sono un accademico forse di più perché mi piace la conoscenza, la letteratura e la storia; ma quello che è più importante per me è fare musica a 360 gradi, senza distinzioni.


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