Behemoth (Nergal)
Segnatevi la data del 5 ottobre, giorno in cui verrà pubblicato il nuovo album dei Behemoth, "I Loved You At Your Darkest". Quale miglior occasione per parlare vis-à-vis con Nergal, leader e mente indiscussa della band? Tra provocazioni, ironia e profonde riflessioni, l'artista ci guida ngli anfratti oscuri del disco e non lesina dettagli e chiarimenti circa la nascita e il contenuto di un'opera che definire esclusivamente musicale appare fin troppo limitante. In attesa del concerto che vedrà protagonisti i polacchi il 16 gennaio a Milano, lasciamoci sedurre dal fascino di un eretico dei nostri tempi ...
Articolo a cura di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 30/09/18
Si ringrazia Giulia Franceschini per la collaborazione


 
Ciao Nergal e bentornato su SpazioRock. Innanzitutto, come stai trascorrendo questi giorni in Italia per la promozione del nuovo lavoro dei Behemoth "I Loved You At Your Darkest"?


Mi sento molto bene, soltanto non ho dormito granché. Mi sono svegliato cinque o sei volte; credo che inconsciamente fossi inquieto perché alle 6:00 di questa mattina dovevo postare il video del secondo singolo "Wolves Ov Siberia". Anche ieri mi sono alzato alla stessa ora, sempre per inserire alcune cose sui social, ma poi mi sono appisolato fino alle 9:00. Purtroppo non sono riuscito a trovare una palestra adeguata, però in compenso ho scoperto un parco davvero bello qui a Milano, ho corso per quindici minuti, ho fatto una buona colazione e devo dire che mi sto divertendo. Poi sono innamorato del caffè italiano, sono un vero coffee guy. Oltretutto sono reduce da una settimana trascorsa in Sicilia e quindi in generale sono abbastanza riposato per confrontarmi con i media e parlare del disco. 

 
Sono passati quattro anni da un grande album come "The Satanist". "I Loved You At The Darkest" sembra aggiungere nuovi tasselli al vostro percorso. La varie parti, da quella iconografica, a quella testuale e musicale, non sono mai state così strettamente unite. I Behemoth possono ora essere considerati non soltanto dei musicisti, ma artisti a 360°?

 
Sai cosa? Sono arrivato a questa tua stessa conclusione dopo che per oltre due decenni sono stato un fan dei Laibach. E non ci avevo mai pensato prima unicamente perché gli sloveni sono innanzitutto un gruppo musicale; poi, però, rappresentano altre venti cose messe assieme. Utilizzano soltanto diversi canali per esprimere la propria libertà artistica. Hanno scelto anche un moniker che li lega alla propria città d'origine (Laibach è la traduzione tedesca di Lubiana, capitale della Slovenia, ndr.): li ho studiati a fondo, rappresentano un infinito pozzo di ispirazione e penso, inconsciamente, di aver guidato i Behemoth in quella direzione. Affinché fossimo più di un semplice gruppo rock'n'roll. Certo, siamo intrattenitori, siamo una band metal: questo è il nostro nucleo, la nostra essenza. Tuttavia credo fermamente che offriamo qualcosa di più, qualcosa che è più profondo, che è più significativo, che è più spirituale, non solo dei fantastici riff. Spero davvero di aver scritto dell'ottima musica, ma c'è un intero spettro di cose che accadono al di fuori di essa. Il mondo musicale innesca diverse diramazioni, apre innumerevoli strade e modi di agire, e noi stiamo semplicemente esplorando tutto ciò. Quindi, mi piacerebbe davvero ritenere i Behemoth una specie di entità artistica. Perché odierei limitarmi. Sarebbe negativo se dicessi: "Ok. Siamo una band black metal, alcune cose possiamo farle, altre no". No. Per me, la musica e l'arte sono uguali alla libertà. E la libertà serve a emanciparti da qualsiasi condizionamento. Fai ciò che vuoi, come diceva un vecchio classico (riferimento alla filosofia della volontà elaborata dall'occultista Aleister Crowley e nota come Thelema, ndr.).

 
Un gran numero di persone sono state coinvolte nella realizzazione dell'album; questo vale anche per la quantità di studi utilizzati. Quali motivi vi hanno spinto a questa scelta così complessa?

 
Abbiamo adoperato cinque diversi studi in Polonia. Le sezioni di batteria sono state incise nei Monochrome Studio e nei Sound Division Studio di Varsavia, oltre che in Svezia. Un'altra sala di registrazione è servita per chitarre e basso, un'altra ancora per le orchestrazioni e poi la quinta per tutti gli elementi d'atmosfera che si possono ascoltare nel disco. Poi due studi a Los Angeles sono stati impiegati per la masterizzazione e il missaggio: quindi in totale otto location. C'era un piano alla base della diversificazione. Volevo che ogni musicista alla domanda: "Dove vuoi registrare le tracce del tuo strumento?", rispondesse: "Qui, in questo luogo particolare, per questo o quel motivo". Non volevamo essere confinati e condannati in un solo posto per sei mesi e annoiarci. Non importa quanto sia sorprendente uno studio, dopo un pò rimani senz'aria. Hai davvero bisogno di uscire e rinfrescarti il cervello e andare da qualche altra parte per ottenere vibrazioni e sapori differenti. Ed è quello che abbiamo fatto con "I Loved You At Your Darkest" e penso abbia funzionato alla grande per noi perché l'album suona molto fresco.
 
 
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La decisione di conferire maggiore evidenza alle orchestrazioni e ai cori rappresenta un espediente per accrescere l'atmosfera liturgica già presente in "The Satanist"? Possiamo considerare il nuovo album una sorta di "Messe Noire" ancora più black? 

 
I Behemoth sono principalmente una rock band, quindi quando senti tutti questi extra, rimangono sempre e comunque degli extra. Ci sono gruppi come i Septic Flesh o i Dimmu Borgir o probabilmente i Cradle Of Filth che sono molto più orchestrali dei Behemoth. Noi lo siamo come i Celtic Frost di una volta. Ci sono delle parti sinfoniche, certo, ma le canzoni possono esistere anche senza di esse. Quando realizziamo un disco, l'orchestra, i cori, i canti e tutte le parti addizionali, vengono inserite alla fine. Innanzitutto bisogna comporre un pezzo veramente di qualità. E se è bello, possiamo solo renderlo più grande. Non è come: "Hey, è una canzone banale, se metti l'orchestra forse suonerà meglio". No, non vogliamo salvare un brano in questo modo, non ne abbiamo bisogno. Se ci sono delle aggiunte, ebbene, lo faranno sembrare solo più maestoso. Ma non troppo, tutto deve avere il giusto equilibrio. Sulla questione di "Messe Noire", beh, devo confessare che non avevo mai pensato a questo confronto, davvero, non lo avevo in mente. Ora che ci rifletto, penso che soprattutto "Bartzabel" possegga quelle caratteristiche. Ma in generale direi che non sono veramente consapevole di tutto ciò che facciamo. È per questo che mi piace parlare con la stampa, in primo luogo, e poi con i fan. Leggo i commenti, lo faccio sempre perché mi accorgo di nuovi aspetti del disco. Proprio come ora. Tu mi dici qualcosa e io ti rispondo: "Oh, ho bisogno di pensarci."

 
Ascoltando canzoni come "Ecclesia Diabolica Catholica" è davvero difficile porre delle etichette e ciò vale per l'intero disco. Come vi comportate in studio quando si tratta di combinare diversi elementi che vanno dal rock alla musica estrema?

 
In realtà seguiamo semplicemente la corrente, abbracciamo il flusso, l'energia e se funziona, funziona e basta. Le canzoni suonano bene? L'album anche? Ebbene, lo rilasciamo. Quindi non diciamo: "Ecco, stiamo combinando elementi diversi". Non ci pensiamo. Suoniamo fidandoci del nostro istinto, e poi se ci sono delle influenze qua e là, va bene, è fantastico. Fingiamo di ordinare una zuppa ora, ok? La mangi, è squisita, è deliziosa, ti basta questo. "Ah, è così buona." E la stai solo gustando, non pensi all'intero processo di preparazione e agli ingredienti, tipo: "Oh, c'è la patata, oh, c'è del polipo!" Potresti farlo, ma preferisci andare avanti e gustartela. In conclusione, cerco di non analizzare troppo ciò che facciamo. 

 
Rivolgiamo ora l'attenzione alla struttura filosofica del disco, piuttosto complessa. Qual è il filo rosso che collega i brani? Anche questa volta avete posto tante domande, senza però dare alcuna risposta?

 
Sì. Penso sia la direzione in cui ci siamo sempre mossi, è ciò che abbiamo fatto senza sosta. Continuare a chiedere, continuare a lanciare domande alle persone, continuare a stimolare l'elaborazione di un pensiero autonomo. Ogni sistema, che sia religioso, politico, o di qualunque altra natura, è destinato principalmente a fottere e asservire l'umanità. Non siamo qui per dare risposte perché forse non ce ne sono; probabilmente, alla fine dei giorni, ci accorgeremo che è tutto un buco nero. Non ho intenzione di perdermi in sermoni, non sono un predicatore, non sono un prete, non sono il fottuto papa, sono l'anti-papa, quindi continuerò a infastidire la gente. Sono un provocatore, non un papa (ride, ndr.) (nell'originale gioco di parole non riproducibile in italiano tra i termini poke e pope, ndr.): metto in discussione le certezze, i dogmi. E con questo disco abbiamo esplorato davvero a fondo il sacro, anche se, a dire il vero, ce ne siamo occupati ininterrottamente durante la carriera. Sono sempre stato ispirato dalla Bibbia, per anni. Anche quando non ero ne consapevole: era una cosa innata in me stesso. La Chiesa cattolica è nei tuoi geni, nella tua tradizione, nel tuo sangue. Puoi provare a forzare il cazzo di sistema e io l'ho fatto, commettendo apostasia: significa essere ufficialmente fuori dalla Chiesa, ma ciò non significa che essa non sia nel mio DNA. 

 
Il metodo quindi consiste nel pescare dalla Bibbia suggestioni e situazioni e poi svilupparle per determinati fini...

 
Prendi Nick Cave: sono un suo grande fan e se hai familiarità con i suoi lavori, la Bibbia è sempre presente, quasi come una madre. Ma ciò non significa che sia una persona religiosa. Né che sia cristiano. Sta solamente adoperando uno strumento molto potente, e lui lo torce, lo piega per i suoi scopi. Questo è quello che facciamo. Prendiamo tutto ciò che vogliamo dalla Bibbia, qualunque cosa, e lo rovesciamo nel senso o lo rielaboriamo. Giochiamo con la sua forma, con il suo contenuto, con la sua sostanza: tuttavia ci limitiamo a scoparla e così creiamo la nostra arte. Naturalmente il nuovo album non è un concept sulla Bibbia; i Behemoth sono sempre stati molto complessi e, per così dire, "multiculturali". Ci interessa qualsiasi cosa, dalla fottuta India alle varie correnti religiose. Ma le tradizioni cristiane sono state le più forti per ovvi motivi. Credo che il prossimo disco, qualora ce ne fosse uno, sarà completamente diverso. 

 
Dobbiamo preoccuparci di quest'ultima frase?

 
Be', no, ma non possiamo mai essere sicuri del domani. Ecco come la vedo. Non significa che sono pessimista, in realtà sono un ottimista. Spero di vivere per altri 40 anni in salute e vi offrirò ancora della musica fantastica. Ma posso esserne sicuro al 100%? Certo che no. Tuttavia ho davvero molte speranze.

 
Il video di "God = Dog" è più un un'opera d'arte che una clip musicale semplice e ordinaria. Puoi dirci qualcosa sulla sua realizzazione? Sembra quasi un dipinto del XVII secolo in movimento.

 
A questo proposito ti racconto un episodio. Ricordo di aver assistito a un recital dal vivo chiamato "Punchdrunk" (in realtà nome della compagnia teatrale britannica che rappresentava lo spettacolo, ndr.), una sorta di gioco immersivo. Si svolge a Londra e New York, dove sono stato due volte. Ed è davvero fantastico. Non ho intenzione di spoilerare tutto, ma fondamentalmente si tratta di questo: compri un biglietto, piuttosto caro oltretutto, spegni il telefono, ed entri in un enorme hotel, anche se in realtà sembra un magazzino, e qui tutti gli spettatori indossano delle maschere. L'azione si svolge nei vari piani dell'albergo, ma contemporaneamente, e con un gruppo di attori che recitano in stanze diverse. E puoi semplicemente spostarti da un punto all'altro, accostarti molto da vicino alla performance, ma non ti è permesso toccare gli allestimenti artistici o scattare foto. Mentre mi aggiro per le varie sale vedo, in un punto, alcuni attori, saranno stati dieci o quindici, seduti attorno a un tavolo, c'è una bella luce e si muovono e parlano in modo mostruosamente lento. Mi sono innamorato di quell'immagine, l'ho mentalmente riportata a casa e ho chiamato Sylwią Makris: "Hey, che ne dici di fare questa cosa? La adoro." Lei è una fotografa di soggetti religiosi e insieme abbiamo sviluppato l'idea. Artisti come Caravaggio, Memling, Grünewald e alcuni pittori classici polacchi sono stati di ispirazione. Il risultato lo vedrai nel booklet del disco: sembra un libro d'arte. E abbiamo letteralmente riprodotto dipinti già esistenti e famosi. "L'Altare Di Issenheim" (opera di Matthias Grünewald, ndr.), la crocifissione, è stato il quadro interpretato e fotografato per primo. Quando vedi l'originale, ti accorgi che è praticamente identico alla nostra rappresentazione. Ci è costato molto: energia, denaro, tempo, mesi e mesi di conversazione, confronti e altre cose. Ma sono super orgoglioso del risultato. Penso sia sorprendente, davvero fuori dal mondo. Scommetto che nessuna band ha mai fatto prima qualcosa del genere, quindi ne vado davvero fiero.

 
"Wolves Of Siberia" inizia con il verso "Enthrone Thyself, O Archuman". Possiamo considerare questa canzone la più vicina al consueto stile dei Behemoth? E forse si può ottenere la vera libertà soltanto decadendo dall'Eden?

 
Ah, è una domanda molto complicata. Il verso "Enthrone Thyself, O Archuman", è un ovvio riferimento a Friedrich Nietzsche e alla sua filosofia. Si tratta di mettere te stesso al centro dell'universo e diventare un dio: questo è fondamentalmente ciò di cui tratta la canzone. Riguarda il rifiuto di poteri e autorità superiori, che si trovino in cielo o sulla terra. È un inno molto anarchico, satanico e ribelle, direi. Sembra un brano classico, suona come un richiamo alle origini. È veloce, ma non super veloce, e molto groovy. Ho appena controllato alcuni dei commenti di oggi e alcune persone ne sono davvero colpite. La maggioranza dice: "Wow, è fantastico!". Per me il pezzo è giusto, è primitivo, primordiale. Rappresenta un ritorno alle radici, ma non è rétro. Non stavamo cercando di suonare come nel ‘92. Non potremmo mai ricreare quell'atmosfera, non ci proveremmo neanche. Mi piace incorporare vecchie formule, portarle nel futuro e mescolarle insieme così da rendere il brano un prodotto di qualità o comunque qualcosa di molto onesto. 

 
"Bartzabel", che hai menzionato prima, è il brano più evocativo dell'album. Il titolo si riferisce allo spirito di Marte, un demone della tradizione giudaica dal colore molto cupo, tranne che per la sua brillante aura bianca. Quanto il suo aspetto può essere una metafora della convivenza, nell'anima di ogni essere umano, della luce e delle tenebre? 

 
Di nuovo una domanda molto difficile (ride, ndr.). Questa è l'unica canzone del disco di cui non ho scritto il testo ed è basata su un poema olistico di Aleister Crowley. È stato Krzysztof Azarewicz, il nostro co-autore, che ha preso l'opera, l'ha riorganizzata e poi me l'ha spedita e io l'ho utilizzata per ciò che avevo in mente. Inizialmente però non credevo di inserirla perché in origine la struttura di "Bartzabel" era composta soltanto da un verso e dai cori. Era una insieme molto strano, e io pensavo: "Questo non è nemmeno un pezzo, ma registriamolo". C'è voluto del tempo prima che diventasse un vero brano. La riscrittura del testo si basa su una cerimonia reale che si è svolta a Cracovia, celebrata da Krzysztof stesso: si tratta di un rituale thelemico. È difficile da spiegare, ci sono miliardi di strati di significato. La canzone stessa, con la sua forma, con tutti questi nomi antichi coinvolti e roba del genere, è aperta a qualsiasi interpretazione. Ti sorprende: "Boom! Tocca a te decidere il senso". Nel booklet, nel quale abbiamo inserito delle brevi introduzioni a ogni canzone, ci sarà un po' di luce, ma non penso, questa volta, che si tratti davvero di luce... (ride, ndr.).

 
Grazie mille per il tuo tempo. Vorresti lasciare un messaggio ai vostri fan italiani e a coloro che leggeranno l'intervista sulle pagine di SpazioRock?

 
Certo. Grazie mille per il supporto. Sono felice di questo press tour e non vedo l'ora di tornare a Milano il 16 gennaio per il concerto. L'Italia una volta era un mercato molto, molto forte e poi ha rallentato un pò, sai, quindi spero davvero che arrivi una specie di risveglio: il vostro paese diventerà molto più forte con il metal. Ecco perché sono qui. Vi sostengo davvero e "I Loved You At Your Darkest" sarà un solido mattone  con cui costruire un enorme muro heavy metal!




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