Grave Digger (Chris Boltendahl)
Il 14 settembre l'uscita di "The Living Dead" segna l'immediato ritorno dei Grave Digger, impazienti di ragalare al popolo dell'heavy metal un nuovo capitolo della propria storia ormai quarantennale. Per la prima volta ai nostri microfoni, il leader Chris Boltendahl racconta come la band, nonostante una lunga carriera, sia ancora viva, piena di idee e ancora capace di stupire: magari ballando in compagnia degli zombie...
Articolo a cura di Giovanni Ausoni - Pubblicata in data: 11/09/18
Salve Chris e benvenuto su SpazioRock. Dopo l'uscita nel 2017 di "Healed By Metal", siete tornati in studio molto velocemente. Cosa vi ha spinto a pubblicare un nuovo disco così presto?
 
Oh sì, siamo persone creative, amiamo l'heavy metal e questo è il motivo per cui iniziamo a scrivere canzoni quando c'è del tempo libero. Sai, non guardiamo indietro, ma sempre avanti e così ci siamo detti "Ok, perché dovremmo aspettare tre, quattro anni per un altro album dal momento che abbiamo talmente tante idee?". Ed ecco che "The Living Dead" ha preso forma.

Il titolo del disco, "The Living Dead", richiama alla memoria i film di Romero. Si tratta di un concept album?
 
Direi non proprio un concept. Più che altro alla base del disco è presente un argomento principale, o meglio che ne ha ispirato la scrittura: i film sugli zombie. Sono un grande fan di George A. Romero e ho adorato la sua prima opera, "La notte dei morti viventi", con quel bianco e nero inquietante... Inoltre siamo vecchi ora e nella band abbiamo tutti superato i cinquant'anni d'età, tranne il batterista, e quindi eravamo in grado di realizzare un album sugli zombie: perché, di fatto, noi stessi siamo morti viventi (ride, ndr.).

Ciò che mi colpisce nei vostri lavori è la potenza della tua voce. Come riesci a preservarne l'integrità dopo tutti questi anni?

Vivo in maniera salutare. Non fumo, non bevo alcolici e questo è davvero atipico per un cantante heavy metal. Ma mi rende forte anche la mia mente.

La title track è un pezzo davvero efficace e coinvolgente. Se davvero i morti si risvegliassero dalle proprie tombe, chi personaggio vorresti essere per combatterli? Napoleone o Alessandro Magno?

Alessandro Magno, assolutamente. Non ho mai gradito Napoleone. Quello che mi piace sono le visioni di grandezza del macedone e il fatto che fosse un condottiero eccezionale, a cui l'esercito ubbidiva senza remore. Beninteso, non mi piace la guerra, ma se potessi scegliere, sceglierei Alessandro Magno. 

"Shadow Of The Warrior" e "The Power Of Metal" sono due grandi anthem, ma non sono gli unici presenti nel lotto. Rispetto al passato, pensi che i Grave Digger in "The Living Dead" abbiano mantenuta intatta la componente epica?

Penso che l'ultimo lavoro, o anche "Return Of The Reaper", fossero maggiormente semplici nella struttura. Il nuovo disco invece possiede un forte taglio epico e un ritmo incalzante: in definitiva credo sia più interessante. Le canzoni sono molto diverse. E "The Power Of Metal" è uno dei brani migliori: è stato scritto per tutti i nostri fan e il ritornello appare così avvincente che ogni comunità di metalhead che si rispetti dovrebbe assolutamente intonarlo. Esprime grande forza e passione per la musica.

Nel brano "Fist In Your Face" un verso dice: "I've never walk alone". Si tratta di una frase molto profonda; ha dei particolari significati per te? Forse personali?

Non proprio, ma sono un grande appassionato di calcio. La frase è tratta dall'inno con cui i tifosi inglesi del Liverpool sostengono i propri beniamini, ovvero "You'll Never Walk Alone". D'altra parte nessuno dovrebbe mai camminare da solo, tutti dovrebbero contornarsi di amici, e se nel mondo ciascuno ne avesse almeno un paio, non ci troveremmo di fronte a tante persone depresse e a un così alto numero di suicidi. Infatti la cosa più importante della mia vita è la mia famiglia, mio figlio e i miei amici. Al primo posto ci sono i miei affetti, non l'heavy metal. E subito dopo viene la musica. 

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"Insane Pain" si fa notare per un testo tutt'altro che banale: quel "dolore nelle vene" di cui parli non lascia indifferenti...
 
Penso che ognuno a volte abbia questa sensazione, è come quando rompi un legame con una ragazza o qualcosa è andato storto nella tua vita: ecco che allora ti ritrovi con una sorta di stress interiore, un vero e proprio dolore, ed è una sofferenza che tutti hanno provato o proveranno nel corso dell'esistenza. Ed è anche questo che volevo esprimere nell'album.

Con "Zombie Dance" invece siamo sul piano del puro divertimento. Come mai avete incluso nell'album un brano così sui generis?

Lascia che ti racconti una piccola storia. Avevo in mente di realizzare una party song e volevo che il divertimento trasparisse dalle liriche e finanche dal titolo. Ho chiamato Axel (Ritt, ndr.), il chitarrista, e gli ho detto: "Hey Axel, abbiamo bisogno di un brano spassoso". Lui è un esperto in queste cose e mi ha risposto: "Sì, certo siamo i Grave Digger, possiamo fare qualsiasi cosa". Ma quando gli ho riferito che desideravo scrivere una polka, non era sicuro della bontà della proposta: "Non siamo una band da pista da ballo!". Ma l'ho convinto e siamo andati in pre-produzione; poi un ragazzo dello studio ci ha suggerito di coinvolgere un gruppo della stessa etichetta appassionato di quel tipo di musica presente su "Zombie Dance". È stato davvero veloce e naturale quindi collaborare con i Russkaja. Li abbiamo contattati e hanno risposto di si in un attimo. Il 50 % del pubblico la odierà, l'altro cinquanta l'amerà, ma il 100 % parlerà di questa canzone. La adoro e ne abbiamo girato anche il video.
 
Chris, i Grave Digger sono ormai giunti al ventesimo album. È difficile trovare continuamente ispirazione senza rischiare di ripetersi?

Penso di no, perché amo questo tipo di musica e adoro stare sul palco e vedo che la mia collaborazione con Axel inizia a dare dei frutti importanti proprio ora; fin dai primi album insieme abbiamo sempre aggiunto qualcosa di nuovo, ma adesso siamo davvero in grande sintonia e credo che le cose migliori arriveranno in futuro. E penso anche al nuovo batterista (Marcus Kniep, ndr.), è un genio e potrà darci una grossa mano in questo senso.

Hai mai pensato a un progetto solista?

A volte ci ho pensato, ma alla fine ho sempre deciso di no, perché il lavoro a tempo pieno dei Grave Digger non me lo permette; voglio mantenere viva la band, farla progredire. E dunque non ho bisogno di una carriera da solista, almeno per ora.
 
Molti anni fa sei stato il manager dei White Skull. In quale circostanza vi siete incontrati? E sei ancora in contatto con loro?

Mi hanno contattato alla fine degli anni '90 per collaborare in una canzone ed è stato molto divertente. I White Skull sono una grande band e adoro Tony Fontò, è un ragazzo davvero eccezionale. È un fratello e siamo rimasti in contatto nel corso degli anni, anche se non abbiamo molto tempo per vederci visti gli impegni reciproci.
 

Siete alle soglie dei quarant'anni di carriera. Ci sarà qualche evento speciale per festeggiare l'anniversario?

 
Sicuramente, ma non possiamo dirlo ora. Ci pensiamo da un paio di anni e ciò che abbiamo in mente sarà esattamente quello che faremo per il quarantesimo anniversario: sarà uno spettacolo speciale.

Grazie mille per l'intervista. Prima di salutarci, vorresti lasciare un messaggio ai tuoi fan a ai lettori di SpazioRock? 

 

Certo! Suoneremo il 15 settembre con un paio di nostri amici a Milano. Quella sera realizzeremo un set davvero speciale, con "The Middle Ages Trilogy" in primo piano; sarà una grande esperienza per tutti e spero di poter incontrare personalmente anche i fan. Rimanete fedeli ai Grave Digger e fate attenzione ai morti viventi!




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