Kamelot (Thomas Youngblood)

In occasione dell'unica data italiana triestina del secondo - e ultimo - tour europeo dedicato a “Silverthorn”, il chitarrista e fondatore dei Kamelot, Thomas Youngblood, racconta il proprio punto di vista sulla critico passaggio della band dall'improvviso abbandono di Roy Khan all'ormai consolidata ascesa di Tommy Karevik.

Articolo a cura di Costanza Colombo - Pubblicata in data: 25/11/13

Per me fu come un calcio nello stomaco, soprattutto perché la cosa venne fuori dal nulla, dopo tanti anni di collaborazione.” Questo il commento di Thomas Youngblood alla defezione del precedente cantante poco dopo l'uscita del penultimo album “Poetry For The Poisoned” E il fatto che, alla domanda se sia ancora in contatto con il vecchio frontman, il chitarrista si limiti a tagliar corto con uno stringato: “No, non abbiamo più notizie di lui da allora”, tradisce il fatto che la separazione dal collega, e amico di una vita, Roy Khan sia ancora una ferita aperta per lui, una ferita di cui preferisce non parlare. Considerando che la band si ritrovò senza frontman alle soglie di un tour per cui era già iniziata la prevendita dei biglietti, non c'è da stupirsi. Inoltre la spiacevole questione logistica andava ad aggiungersi alla brusca fine di un rapporto umano fondamentale come quello creatosi tra due artisti del loro calibro che per anni avevano condiviso la forte passione da cui i Kamelot hanno da sempre tratto la loro forza. Ad ogni modo, la reazione di Youngblood ad un simile frangente, non si fece attendere: “Sono il tipo di persona che non permette che qualcosa o qualcuno prenda il controllo della propria vita, quindi dopo già due soli giorni dalla notizia mi svegliai e mi dissi che dovevo rimboccarmi le maniche per il bene, non solo della band, ma anche di tutti coloro che lavorano con e per noi. Dovevo mettere da parte le mie preoccupazioni per il nostro futuro e trovare il modo di andare avanti.” Come è noto, la prima misura adottata fu quella di scegliere un professionista come Fabio Lione per sopperire, con un preavviso tanto ridotto, all'assenza del frontman per il tour imminente. Riguardo alla collaborazione con il noto cantante italiano, Youngblood si dice più che soddisfatto: “Fabio è un professionista ed ha salvato il tour. Con lui c'è stata subito una buona intesa.” Viene quindi da chiedere se i Kamelot non avessero pensato di proporre proprio a Lione un posto fisso nella band e, a tal proposito, Youngblood risponde: “Certo, abbiamo discusso tutte le varie opzioni, ma alla fine abbiamo concluso che preferivamo qualcuno di più nuovo alle scene, mentre Fabio è ovviamente molto legato ai Rhapsody of Fire e il suo ingresso nei Kamelot avrebbe interferito con ciò.” A conferma di quando appena detto, aggiunge: “Inoltre, per il nuovo disco, preferivo avere proprio un volto nuovo, qualcuno con cui ricominciare e che desse nuovo respiro alla nostra produzione.”

kamelot_intervista_2013_03In effetti, che “Silverthorn” abbia un carattere più positivo, rispetto al venefico livore del precedente “Poetry For The Poisoned” è un'impressione confermata dallo stesso chitarrista quando si affronta la questione dell'evoluzione dei contenuti caratterizzanti gli ultimi album dei Kamelot. Seppur lontani dalla scintilla di speranza ardente negli ultimi versi di “The Black Halo”, Youngblood concorda che le tematiche della band si stanno allontanando anche da quell'oscura vena di malinconia che scorre tra le righe del successivo “Ghost Opera”. A commento di questa riflessione, il chitarrista aggiunge che l'ispirazione di certi brani precedenti a “Silverthorn” sta nella continua ricerca di significati e comprensione del lato spirituale di ciascuno, che all'epoca lui e Khan, definito senza troppe cerimonie “il precedente cantante”, stavano compiendo nei meandri più negativi del ventaglio di emozioni umane. Rileggendo i testi della band da “Karma” ai giorni nostri, si nota infatti come i concetti del lutto, della caduta dallo stato di grazia e della solitudine diventino sempre più ricorrenti e sofferti. Un esempio di ciò si nota nel diverso approccio a tali tematiche a partire dalla toccante “Don't you cry”, dedicata alla prematura scomparsa del padre di Youngblood, alla sconsolata “Hunter's Season”, scritta invece per la morte della madre. Sebbene essa abbia molto in comune con il messaggio di “Center Of The Universe” è evidente come qualsiasi traccia di ottimismo sia svanita nell'estremo dolore di quel momento. In chiusura di questo aspetto dell'intervista, egli aggiunge che l'affrontare tali argomenti in musica per lui ha da sempre non soltanto l'ovvio scopo di riflettere sulla propria vita ma anche un fine catartico che in parte lo aiuta ad esorcizzare certe paure insite nella natura umana.

Ma è il presente l'argomento preferito di Youngblood, il presente inteso come il molo sicuro dove, dopo due anni, i Kamelot sono finalmente approdati vincitori, a suo parere, al termine della tremenda bufera che li ha visti protagonisti. Si torna così all'evidente sollievo che ha accompagnato la creazione dell'ultimo disco seppur privi del contributo di Roy Khan: “Non è stato affatto difficile, anzi sorprendentemente tutto è venuto fuori con estrema facilità, specialmente la musica.” Fondamentali i contributi a songwriting e composizione sia di Tommy Karevik che del tastierista Oliver Palotai, entrato a far parte della band in pianta stabile a partire del 2005. Alla domanda se il suo contributo abbia influenzato il sound della band, Youngblood commenta: “Inizialmente non ebbe effetti diretti sulla musica ma ovviamente live ebbe un enorme impatto dato che è un formidabile performer - quindi scherzosamente aggiunge - e poi diciamolo, la sua presenza è un gran vantaggio per la band: è così bello...” Poi ridendo afferma: “Lo devi scrivere questo nell'intervista, ci tengo!” Altro momento decisamente leggero si ha quando, parlando delle donne protagoniste di ogni artwork dei Kamelot fin dai tempi di “The Fourth Legacy”, egli ne spiega così la ragione: “Sono un gran fan della figura femminile, ma chi può saperlo, magari il prossimo disco avrà una copertina interamente bianca ma comunque una bellissima donna nel booklet!”

La chiacchierata si conclude infine parlando dei progetti futuri dei Kamelot riguardo ai quali il fondatore rivela: “Questo è l'ultimo tour europeo per “Silverthorn”, quindi torneremo a casa per un paio di mesi a raccogliere materiale ed idee, in attesa di altre date e dei festival estivi, e dopo di che, naturalmente, ci metteremo sotto a lavorare per il prossimo album.”




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