Mortiis (Håvard Ellefsen (Mortiis))
In occasione dell'uscita di "Spirit Of Rebellion" abbiamo scambiato due chiacchiere con il folletto norvegese Mortiis, che ci ha illustrato, con le radici affondate nel passato e lo sguardo rivolto verso il futuro, la nascita del suo nuovo lavoro
Articolo a cura di Ludovica Iorio - Pubblicata in data: 23/01/20
Si ringrazia Marta Scamozzi per la collaborazione


Ciao Mortiis! Benvenuto su SpazioRock.it. Per cominciare, come stai?

Ciao! Sto abbastanza bene, grazie. Ho a che fare con alcune rotture di palle... ma sto bene, dai.



Come hai trascorso le festività in Norvegia?


Be', sai... Ho dei bambini, quindi ovviamente abbiamo festeggiato il Natale, ma per me è un giorno in cui si spende molto in termini economici; se vivessi da solo non me ne fregherebbe granché.



Parliamo ora del tuo nuovo album, "Spirit Of Rebellion". Hai detto che è un'evoluzione di "Ånden Som Gjorde Opprør", il tuo secondo lavoro in studio pubblicato nel 1994. Potresti spiegarci in dettaglio il processo secondo cui la tua musica si è evoluta da allora sino ad oggi?

Il modo in cui è iniziato il tutto è stato che il promoter della nostra vecchia etichetta discografica, la Cold Meat Industry, stava organizzando assieme agli altri i festeggiamenti del 30° anniversario di quest'ultima, mettendo su un festival e invitando molte vecchie band che avevano firmato per l'etichetta verso la fine degli anni '80, '90 e anche qualcosa dopo; credo stesse chiamando a raccolta le band "classiche" che vi avevano fatto parte. Fece la stessa proposta anche a me, e a quel tempo (erano gli inizi del 2017) mi era balenata l'idea di ritornare un po' al vecchio stile, ma non ero ancora sicuro... Penso che me l'abbia chiesto tipo tre volte, e ho sempre rifiutato... Poi alla fine mi sono detto "Vaffanculo, lo faccio!" (richiama i bambini che nel frattempo si stanno scannando tra di loro a quattro muri di distanza, ndr). Quello fu lo stimolo per far sì che dicessi a me stesso: "Diamine, devo sedermi e scoprire cosa fare ora". Non andavo sul palco con la vecchia roba da 18 anni circa. Ecco come'è nato il tutto: mi sono seduto e ho deciso di riprodurre quel disco che per me ha rappresentato il sound degli anni '90. "Vado per ri-registrarlo e suonarlo" ho pensato. Non appena mi ci sono messo, ho passato in rassegna le melodie di base e tutto il resto del lavoro originale e ho iniziato a sentire nuove melodie, arrangiamenti, specialmente alcuni elementi di percussione, ritmi, strati sonori: erano tutte idee musicali che iniziavano ad emergere e che volevo mettere in risalto. Per cui è finita che ho prolungato il tutto, cambiandolo, ri-arrangiandolo. Dopo un po' ho realizzato che ciò che stavo producendo poteva tranquillamente diventare un nuovo album: era più di una re-interpretazione, quasi una continuazione del precedente disco, una "parte 2". Dopo un po' quello era diventata la mia mentalità in relazione a questo, il modo in cui pensavo nel mentre che stavo realizzando "Spirit Of Rebellion".

mortiisspiritofrebellion20202

C'è una cosa che hai detto a proposito di questo album che mi ha colpito molto: "Ho dovuto combattere contro un sacco di demoni per arrivare a questo punto: ritorneranno, ritornano sempre, ma almeno la mia visione non è più offuscata". Per cui volevo chiederti: di che tipo sono i tuoi demoni, e cosa fai quando ritornano?


A quest'ultima parte aggiungerei "Per il momento"! In realtà è una cosa che va e viene. E' difficile spiegare come funziona la tua mente, ma penso che nella mia vita da musicista ci sia molta insicurezza: mi metto in discussione più volte, nella mia mente c'è quella sorta di idea secondo cui ciò che faccio non è abbastanza e trovi difficile pensare di essere bravo in ciò che fai... e ciò può mandare all'aria la creatività e la motivazione nel momento in cui ti siedi per far musica. Nella mia vita personale è diverso, ovviamente. Ma la cosa buona è che di base ho una buona carriera alle spalle, sono felice del mio lavoro, che è una cosa non da poco. Per riassumere, penso che i miei demoni ruotino principalmente attorno alla scarsa autostima e a questo stato mentale in generale. 
La cosa migliore è che ogni volta che faccio qualcosa che mi fa sentire orgoglioso, allo stesso tempo mi fa sentire bene. E il fatto di riuscire a fare qualcosa di cui sei in grado mette in moto un circolo virtuoso e senti il bisogno di fare di più; e la motivazione e l'ispirazione aumentano. Tutto ciò è molto positivo. La medicina migliore è continuare a lavorare e non fermarsi mai! (ride, ndr)

Mortiis è uno di quei progetti che va contro gli stereotipi del metal, mostrando che la buona musica può servirsi di diversi strumenti, sia quelli di matrice digitale sia quelli più classici come chitarra, basso, batteria: è stato uno dei primi progetti metal a mescolare computer e strumenti veri, vent'anni fa. Inoltre provenivi dagli Emperor, che è puro black metal. Quando hai iniziato hai percepito un certo scetticismo da parte dei tuoi fan per questo cambiamento?

Vero, ho fatto questo lavoro di mescolare cose diverse dal 2001. Ora, "Spirit Of Rebellion" non ha niente a che fare con questo, ma appunto per un sacco di anni ho integrato musica digitale con quella che io chiamo "organica", ovvero che si serve di strumenti "vivi" come vere chitarre, bassi, percussioni, voce. E in realtà quando ero negli Emperor tendevamo a non chiamarlo black metal perché pensavamo che fosse "di moda" (ride, ndr), ma all'epoca dei primissimi anni '90 nessuno ascoltava black metal se non forse un centinaio di persone. Era completamente all'opposto di ciò che diventò più tardi...e pensavamo che ciò fosse trendy! 
Ritornando a quando erano usciti le mie prime demo e i primi due dischi da solista, cioè prima del 2001, l'atmosfera contenuta in questi era molto underground ed era accompagnata da un cantato black metal che era quello che conoscevo meglio, e mano a mano questo aspetto si è evoluto. Comunque no, posso dire di non avere avuto questo tipo di resistenza da parte del pubblico perchè all'epoca la musica risultava piuttosto monotona, non era complessa o propriamente dinamica: era piuttosto un ‘intro dark eterna, prolungata per tutta la durata del disco anziché per i canonici 4 minuti... Ma penso che mi stessi abituando, per cui per i primi album stavo andando bene nel senso che non mi sono mai sentito dire "Fai schifo!" (ride, ndr). All'inizio ricevevo solamente feedback positivi, e ciò cambiò quando venne il tempo dello "Stargate", che rese l'atmosfera più ambiziosa... Una volta firmato per un'etichetta discografica più grande, la Earache Records, i miei dischi hanno incominciato ad apparire in tutte quelle riviste inglesi che trattano di hard rock. E quella fu un'esperienza tutta nuova per me, l'impatto fu massiccio... Voglio dire, ancora oggi queste mettono titoli ridicoli e prendono in giro le persone! I media britannici sono assolutamente i peggiori, sono dannatamente orribili. Ora sono abituato, non mi interessa più, ma nel 1999 avevo 24 anni e mi sentivo ridicolizzato; è stato quasi uno shock, le recensioni erano fatte da cani... Al tempo gli Slipknot erano il fenomeno del momento, e mi dicevo: "Anche io indosso una maschera, qual è la differenza?". Loro hanno cavalcato l'onda sin d'allora, hanno venduto milioni di dischi e ovviamente queste riviste ricevono delle enormi entrate per la loro pubblicità. Mi ci è voluto un po' per comprendere questi meccanismi...Nessuno te li spiega, li scopri da solo.

Cosa pensi dell'evoluzione globale nel mondo della musica nelle ultime due decadi? In generale, pensi che l'avanzamento tecnologico abbia creato maggiori opportunità oppure ciò rischia di limitare l'immaginazione e la creatività nella produzione musicale?


Penso che probabilmente la tecnologia abbia aperto delle opportunità. Non pongo più l'attenzione su di essa perché per fortuna sono felice con il materiale che ho già; non sono qui per fare della fottuta musica dubstep o cose simili. Ovviamente nell'ambito della produzione musicale ci sono sempre dei programmi nuovi che escono ogni giorno e che rendono il lavoro più semplice; e penso che questi siano per i giovani che magari sono interessati a sperimentare, e che la cosa buona di tutto ciò sia il fatto che nuovi generi possano venir fuori. Ricapitolando, la tecnologia può dare un giusto aiuto alle persone, ma in fondo queste ultime devono possedere un minimo di creatività. Per quanto mi riguarda, divento sempre più vecchio e di base sono fissato con ciò che mi piace sentire: se voglio sentire, come dicevo prima, della musica "organica", preferisco il rock, dove le persone si mettono a suonare realmente, per esempio un Ritchie Blackmore... il resto non mi interessa. Questo è ciò che sono: una persona dalla mente piuttosto aperta, mi piacciono diversi generi di musica, ma se ascolto più rock di vecchio stampo è perché credo che quella sia stata l'epoca in cui sono state scritte le più belle canzoni. Sono un tipo da canzoni, mi piacciono le canzoni nel vero senso della parola. Potrei sentire per 5 minuti dell' industrial beat, ma dopo un po' mi risulta noioso; non è il tipo di cosa che ascolterei un milione di volte, al contrario di "Highway To Hell" degli AC/DC per esempio. 


Una caratteristica della tua musica in generale è quella di essere molto evocativa, quasi spirituale. Cos'è la spiritualità per te?

Non sono sicuro di essere una persona spirituale... Voglio dire, quando scrivo musica mi faccio guidare da ciò che sento e proseguo in quella direzione. Può risultare una risposta da cliché, ma credo che il modo in cui le persone recepiscono la musica sia molto individuale. Ci sono alcune persone che mi dicono che nella mia musica percepiscono una vibrazione spirituale, e ciò è fantastico. Non è necessariamente una cosa a cui penso quando faccio musica, per me è più un "Suona bene? Sì dai suona bene, sono sulla strada giusta, posso continuare". In realtà non c'è altra formula magica. E per quanto mi riguarda, ho grande rispetto per le cose che non comprendiamo; ci sono un sacco di cose che non possiamo dimostrare. Non credo nella religione, ma rispetto le persone che invece lo fanno.



mortiis_winter1

I tuoi primi impegni live di questo 2020 saranno in Nord America, per cui mi stavo chiedendo: stai pianificando anche un tour in Europa dopo l'uscita del nuovo album?

Spero di sì! Ci stiamo muovendo per giungere sulla strada di un tour europeo. Nel periodo 2018-2019 ho girato l'Europa facendo delle tappe, ma non è stato un vero e proprio tour... Se non ricordo male sono venuto anche in Italia, in un piccolo paesino dove c'erano alcune persone ed era stato bello! Potrebbe comunque capitare dopo l'estate, vedremo.

Rimanendo nell'argomento dei live show, quali sensazioni ricevi dal suonare live per i tuoi fan che non potresti ottenere dal semplice scrivere e registrare?

Credo che la cosa numero uno che ottieni ovviamente dallo stare sul palco è volgere lo sguardo alle persone e vedere come reagiscono alla musica che viene loro proposta. Ma naturalmente con il tipo di musica che faccio ora, che è molto "da colonna sonora" e piena d'atmosfera, le persone tendono ad apparire un po' in trance (ride, ndr), per cui di solito sto all'erta. Per me non è passato troppo tempo da quando suonavo musica più aggressiva e ricevevo una risposta più visibile e immediata dal pubblico; ora invece il pubblico è più statico e concentrato, e penso "Dai, piace". A volte è difficile leggere le persone quando suoni questo genere di musica, e quando sei sul palco e ti ritrovi col mio pessimo senso critico pensi: "Mi odiano, pensano che questa roba faccia schifo", ma in realtà ti stanno semplicemente fissando in silenzio concentrati. Mi sto abituando, devo solo ricordarmi di questa cosa. Poi siamo umani, eh... Sono 30 anni che faccio musica e ormai niente mi può annientare, ma quando sei sul palco sei fottutamente vulnerabile.



Quali obiettivi vorresti raggiungere che non hai ancora raggiunto, in ambito musicale?

Sinceramente non lo so... Mano mano che passano gli anni e pubblico musica migliore, se sento che ogni canzone che scrivo è la più bella o almeno rientra nella top five allora penso di essere piuttosto soddisfatto di questo. Bisogna essere realisti, e quindi tra i risultati realistici ci metto il migliorarmi, l'essere felice della musica che faccio... Non penso di volere più di questo.


 
Un'ultima domanda: vorresti lasciare un messaggio ai nostri lettori?



Spero di vedervi presto in Italia! Penso di non aver fatto abbastanza show nel vostro Paese, vorrei poter suonare nelle grandi città ma come sempre bisogna sentire i promoter locali. Spero che questo possa tradursi nel concreto! L'Italia mi ha sempre entusiasmato, per cui sì, sarebbe bello mettere su più show. 



Sei il benvenuto qui! Grazie per il tuo tempo, in bocca al lupo per tutto e stammi bene!



Grazie mille a voi, speriamo di vederci presto in Italia!



Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool