Pain (Peter Tägtgren)

"Coming Home" è il punto di arrivo di un percorso molto lungo, che ha portato il poliedrico Peter Tägtgren a dar vita vita ad un album complesso e particolare. A spiegarci cosa c'è dietro questo lavoro, è proprio il musicista svedese. 

 

Articolo a cura di Giulia Franceschini - Pubblicata in data: 21/09/16
Si ringrazia Eleonora Muzzi per la collaborazione.
 
 
Ciao Peter! Benvenuto su SpazioRock.it! Grazie per il tuo tempo! Prima di tutto, come va?

Tutto molto molto bene grazie! Un po' stanco da ieri perchè sono arrivato a Milano un po' tardi, il volo era in ritardo...stamani ero un po' rincoglionito, ma... un bicchiere di vino e qualche birra e passa tutto! 

Alla mattina?!

No dai, per pranzo (ride, ndr.)!

Il tuo nuovo album "Coming Home" è stato pubblicato pochissimi giorni fa, come ti senti? 

Sono molto entusiasta. E' stato un percorso lungo, ma adesso ci siamo. Non sai cosa i fan penseranno, spero tantissimo che loro apprezzeranno... è il meglio che sono riuscito a fare! 

Qualche tempo fa hai pubblicato il video di "Call Me", singolo contenuto nel nuovo album, che vantava una guest importante: Joakim dei Sabaton. Come ti è venuta l'idea per questo video? Ti sei fatto ispirare da qualche fatto reale? 

No (ride, ndr.). E' stata un'idea del direttore del video, con cui ho lavorato anche in precedenza. Lui conosceva questa donna in Finlandia che faceva marionette e disse "Ci proviamo? E' un po' costoso, ma possiamo provare". E io "Oh merda... ok, che dobbiamo fare?" E lui mi rispose che dovevamo metter su una storia sugli anni 70, quando il management dietro alle rockstar era più importante degli artisti. Questo è più o meno il come è uscito fuori quel video. Ho contribuito a produrre l'ultimo album dei Sabaton (The Last Stand, ndr.), anch'esso uscito da poco e ho chiesto un favore... Ho cantato su Carolus Rex con loro, e quindi abbiamo deciso di fare questa guest. 

Ascoltando questo nuovo album ho trovato tanti collegamenti temi affrontati con gli Hipocricy. In che misura questi influenzano i Pain e viceversa?

Si tratta di me (ride, ndr.)! Penso che l'unico testo che abbia qualcosa di simile sia "Black Knight Satellite", il resto sono storie differenti per canzoni differenti. Si tratta principalmente di humor: alcune cose sono molto serie, altre meno. "Final Crusade" parla di quello che sta succedendo in Europa e nel mondo, tutte queste vicende strane che stiamo vivendo. Sono solo i miei pensieri: siamo all'ultimo capitolo della civilizzazione oppure ci sarà una sorta di rivoluzione? Che succederà? Ci sono tante cose in questo album.. 

Continuando a parlare di Coming Home. Mi sono incentrata sull'artwork e ho provato ad immaginare un significato...

Buona fortuna! (ride, ndr). 

Allora: ho pensato che stavi provando a tornare a casa, ma qualcosa è andato storto, hai avuto un incidente con l'auto in qualche posto lontano e sperduto, e questo giustifica il fatto che porti una tuta spaziale. 

Wow, è una bellissima interpretazione! In realtà, non ho molte piste interpretative da darti! Penso che ogni album deve avere una bella cover con una buona percentuale di arte. Mi piaceva l'idea, ma non voglio andare davvero nello spazio. Volevo esprimere questa sensazione di "deserto", di "spazio" come solitudine e penso che è stato fatto davvero un bel lavoro. 

Il sound di questo nuovo album è diverso e complesso, però continua ad essere ovviamente molto "Pain". E questa cosa coinvolge anche i testi. In che contesto è stato creato "Coming Home"? 

Avevo tanta pressione su me stesso rispetto all'evolvermi come songwriter e anche come Pain naturalmente. Ciò che è stato davvero importante per me non era solamente fare un altro album, ma di curare minuziosamente ogni tono, ogni sfumatura del suono, ogni step delle canzoni e tutte queste robe. Non affrettare le cose: pensare a come fare le cose è sicuramente il modo migliore di lavorare. Prendersi il giusto tempo per scrivere l'album, in tutte le sue componenti e sfaccettature. 

Uno dei tuoi punti di forza sono gli arrangiamenti. Qualche anno fa ti sei cimentato in una cover di "Eleanor Rigby" dei The Beatles. Adesso che stai lavorando molto con le tastiere, hai in mente di fare qualche altra cover? 

Forse...non so. "Eleonor Rigby" è stata una delle mie canzoni preferite quando sono cresciuto. Forse la prima canzone "gothic" fatta negli anni 60'. E' così triste e malinconica... Adesso non ho in programma altri progetti con cover... Ci sono un bel po' di canzoni di Bowie che mi piacerebbe suonare, ma... non adesso. 

Cosa mi dici del tuo progetto con Lindemann? Avete qualcosa in ballo? Quali sono i vostri programmi? 

Abbiamo un bel po' di idee che sono rimaste nell'aria dalle ultime cose che abbiamo fatto e sai... si tratta solo di trovare del tempo. Son passati 30 anni dal giorno in cui ci siamo detti "Ok, facciamo qualcosa insieme!". Si tratta spesso di progetti un po' "volanti", vedremo nel futuro. Non so quali siano i progetti dei Rammstein ora come ora, stanno facendo degli show, è periodo di festival, e dopo questo non so cosa faranno. Se ci sarà un po' di tempo libero forse... 

Parlando di te. Tu sei una persona molto impegnata:oltre ai Pain, hai gli Hypocricy, e lavoro anche come produttore... come fai a gestire tutte queste robe?

Non ne ho idea. Semplicemente accadono. Non saprei rispondere. Le cose atterrano nella mia vita e, se mi piacciono, se ho le sensazioni giuste, mi ci metto. Sono stato fortunato ad avere così tante occasioni di lavorare con così tanti artisti e spero che la fortuna non mi abbandoni. 

Ok Peter, grazie! Questa era l'ultima domanda! Hai qualcosa da dire ai nostri lettori e ai tuoi fan in Italia?

Spero vivamente che vi piaccia il nuovo album e spero di incontrarvi tutti alla data italiana del mio tour a Marzo. Grazie mille! 




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