Destrage (Paolo Colavolpe)
Esce oggi "The Chosen One", quinto album dei Destrage. Ne abbiamo parlato con Paolo Colavolpe, cantante della band milanese, che ci ha raccontato la genesi e le tematiche del lavoro, qualcosa riguardo i prossimi tour della band e altro ancora.
Articolo a cura di Mattia Schiavone - Pubblicata in data: 23/05/19

Ciao Paolo! Bentornato su SpazioRock! Partiamo con il vostro nuovo album "The Chosen One". Innanzitutto complimenti perché l'ho trovato veramente valido. Trovo che sia molto coerente con il vostro percorso, ma che comunque ci siano delle differenze rispetto agli album precedenti. Da questo punto di vista come avete approcciato il processo di scrittura e registrazione?

 

In generale noi cerchiamo sempre di fare qualcosa di diverso, perché altrimenti ci annoiamo. Il nostro obiettivo è fare un viaggio e creare sempre qualcosa di nuovo. Quindi sì, c'è stato un approccio diverso. In particolar modo sul sound c'è stato uno studio che non era mai stato fatto prima. Oltre alla composizione dei brani abbiamo speso tanti giorni per incontrare tutte le persone che hanno lavorato con noi, come ad esempio chi ha prodotto il disco, chi l'ha mixato e masterizzato. Poi è stato fatto un grande lavoro anche sui suoni di chitarra e basso, sulla voce e sugli innesti di musicisti esterni alla band. Questo ad esempio per i suoni elettronici o la collaborazione con Luca degli ZU. Quindi la principale differenza è stata un grande studio sul sound. Volevamo qualcosa di più fresco e allo stesso tempo massiccio e che suonasse sempre vero. Perché spesso ad andare sul massiccio si rischia di tendere troppo al digitale. Dal punto di vista compositivo siamo tornati ad un approccio che usavamo più su "Are You Kidding Me? No.", quindi siamo partiti a livello individuale per poi unire le forze quando avevamo già tanto materiale. Sicuramente questo è il disco in cui abbiamo scartato più cose, sia a livello di riff che di canzoni in fase embrionale, ma anche di pezzi già finiti, perché alla fine ne avevamo 11.

 

Ma avete scartato alcuni di questi brani già conclusi perché secondo voi non sarebbero entrati bene in tracklist?

 

Sì, diciamo che non ci sembravano giusti per questo disco.

 

Ti ho fatto questa domanda perché l'album è più breve rispetto agli altri, però secondo me ha il pregio di essere molto compatto, anche se le canzoni sono diverse tra di loro. Quindi immagino che quelle che avete scartato l'avrebbero reso meno compatto.

 

Esattamente. Quello che credo fortemente è che ai giorni d'oggi una band non può pubblicare tutto quello che gli passa per la testa, deve comunque avere una responsabilità, in primis verso se stessi, anche per la coerenza del progetto. Spesso oggi si dice che un album abbia anche meno valore perché non ci sono quasi più i supporti fonomeccanici, si basa tutto sugli ascolti in streaming e spesso trovi che i cinque pezzi più ascoltati sono di dischi diversi, si tende sempre di più verso le playlist. A maggior ragione secondo me bisogna responsabilizzare i musicisti ad una cosa: se si decide di pubblicare un album che deve essere una fotografia della band in quel momento, allora deve essere fatto in maniera scrupolosa, selettiva e con una certa coerenza. Per questo mi fa piacere che tu senta coerenza e compattezza nel prodotto perché in ogni caso, partendo da questo presupposto, noi cerchiamo di spaziare molto.

 

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Passiamo alle canzoni dell'album. La prima volta che ho ascoltato la titletrack ho avuto la sensazione che si interrompesse bruscamente sul più bello, poi ascoltando tutto l'album ho capito che si lega all'ultima traccia. Come sono state concepite queste due canzoni?

 

Le abbiamo pensate esattamente in questo modo. Mentre stavamo componendo "The Chosen One", abbiamo avuto una sensazione stranissima. Eravamo convinti che la canzone dovesse finire lì, però avevamo la stessa sensazione di non sazietà. Questa cosa ci è piaciuta talmente tanto che abbiamo voluto che fosse l'unico singolo pubblicato prima dell'album, perché a noi faceva pensare "È troppo breve, però voglio riascoltarla subito!" Poi speriamo che sia stato così anche per il pubblico, ovviamente sarebbe bello che quello che proviamo noi riguardo le nostre canzoni venga recepito nello stesso modo anche dagli altri.

 

Personalmente quando l'ho ascoltata la prima volta quando è uscita ci sono quasi rimasto male perché ho pensato "Ok, bellissima, ma dov'è il resto?"

 

Sì, esatto, il punto è proprio quello! Specialmente sui singoli secondo me bisogna spiazzare. A me piace molto spiazzare e anche essere spiazzato da altre band. Per farti un parallelo, posso dirti che ho provato qualcosa di simile quando dopo anni di attesa è uscito il singolo dei Faith No More "Motherfucker". Poi non è stata usata come apertura del disco, ma io l'avrei anche usata perché è una sorta di introduzione all'ascolto. E mi piaceva il fatto che una persona rimanesse con la fame. Anche abituato alle nostre canzoni, dove ti aspetti la progressione, è lì che ti spiazzo. Ed è qui che entra in gioco la funzione del singolo, di creare aspettative, discussioni e una serie di cose simili.

 

Invece tra le altre canzoni, fermo restando che mi sono piaciute tutte, la mia preferita è Mr. Bugman. Ascoltandola ho avuto la sensazione di essere sulle montagne russe e la parte di sax finale è la ciliegina sulla torta. Com'è nato questo pezzo?

 

La canzone è nata dal riff principale e dal groove della strofa. Poi a livello lirico è ispirata ad un mio carissimo amico, che ha un difetto che si può trovare in moltissime persone, ovvero il tendere a cercare il bug in ogni cosa. Qualsiasi cosa succeda durante una giornata, che sia bella o brutta, trovi sempre un problema, qualcosa che non va. La verità è che non puoi metterla neanche sul piano razionale, perché da questo punto di vista puoi trovare davvero difetti in ogni cosa. Certe volte forse conviene abbracciare certe imperfezioni e dire a noi stessi che nulla può essere perfetto. Anche qualcosa che secondo noi lo è dobbiamo essere consapevoli che è perfetto nella sua imperfezione.

 

A questo proposito, c'è un filo tematico che lega tutte le tracce?

 

Non è un concept album. In generale non li amiamo, l'unica volta che abbiamo cercato un filo conduttore è stato nel primo disco "Urban Being". Quindi non c'è un filo, ma è tutto orientato su "The Chosen One". Anche riguardo questa canzone, ogni persona può avere la sua visione. Per me the chosen one è la persona che noi scegliamo di essere in certe situazioni, come momenti di difficoltà, di vittorie o di sconfitte. Sempre consapevoli del fatto che possiamo essere in ogni momento il meglio che avremmo potuto essere. Quella è l'unica cosa che bisogna ricordare sempre. E in generale nei testi si oscilla. Ad esempio in "At The Cost Of Pleasure" si parla di come delle volte si vive in una situazione che può essere vista come una stanza totalmente grigia, asettica, ma piena di cose. E magari spesso tu stai attento a muoverti piano per non farti male, ma non ti accorgi che il problema vero è che in questa stanza non ci sono i colori. Il punto non è il non farsi male, concentrati sul fatto che non ci sono i colori, è altro quello che devi cambiare.

 

Quindi possiamo dire che sono comunque tutti temi legati all'io?

 

Sì, se vogliamo cercare un filo conduttore direi che è quello. A parte qualche digressione, come ad esempio "Hey, Stranger!".

 

E invece la cover cosa rappresenta?

 

La copertina è la visione di Marco Tafuri (conosciuto anche come Bad Bro), che aveva curato anche quella di "Are You Kidding Me? No." È un amico di vecchia data e lo apprezziamo tantissimo come artista. Abbiamo parlato tanto di questa copertina e inizialmente era stato fatto un lavoro su un altro concept, molto più dettagliato. Però poi ci siamo resi conto che c'erano troppi piccoli dettagli e che non avrebbe rappresentato bene questo disco. È molto più di impatto, colorato e granitico. A lui piaceva vedere questo "chosen one", questa persona che sembra quasi spaventata o arrabbiata, con queste mani che non si capisce da dove arrivino. All'inizio sembrano le sue, poi però ti accorgi che ce ne sono altre. Quindi questa persona forse non si sta disperando, ma deve nascondersi per fare qualcosa che non è niente di male, ma qualcuno gli dice che è sbagliato. E ci sono delle persone che cercano di portarlo fuori da questo suo nascondersi. È un'illustrazione che ha molteplici interpretazioni e si sposa totalmente con il mondo creato da Bad Bro nei suoi lavori. Infatti consiglio a tutti di andare a vedere le sue pagine, perché ci sono opere veramente fantastiche.

 

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Avete anche lavorato alla produzione dell'album. Quanto è importante questo aspetto nella ricerca dei suoni che per voi sono migliori? Prima dicevi che avete lavorato moltissimo da quel punto di vista.

 

Noi abbiamo lavorato sempre alla produzione, a parte nei primi due album in cui siamo stati guidati da Ettore Rigotti. Nel tempo abbiamo sviluppato una nostra coscienza di suono, ma allo stesso tempo ci piace confrontarci con i produttori che scegliamo. Volevamo dare un imprinting sonoro molto più grezzo, soprattutto sul basso e sulle chitarre. Abbiamo scelto di andare a lavorare con Matte Tabacco nei Raptor Studios per il suo background molto hardcore, che è anche molto simile al nostro, a livello sia di ascolti che di produttori (come ad esempio Josh Wilbur). Il suo apporto è stato fondamentale.

 

Quando è uscito il vostro album precedente "A Means To No End" avevate detto che quel lavoro rispetto ai precedenti era particolarmente adatto ad essere suonato dal vivo. Cosa ci dici invece di "The Chosen One" a questo proposito?

 

Credo fermamente che anche questo prodotto sia molto live-oriented, però non nella maniera in cui lo intendevo con "A Means To No End". Quest'ultimo era stato fatto da zero tutti insieme, fin dalle prime idee, suonavamo sopra i pattern di batteria o i riff. Per questo parlavamo di una forte tendenza al live. La resa sul palco dei singoli pezzi poi è una cosa a parte, ci sono quelli che rendono meglio e quelli che rendono peggio. Comunque posso dire che secondo me questi nuovi brani dal vivo sono molto ben riusciti, ma sono arrivati con un approccio diverso.

 

Avete già annunciato alcuni show in Italia per giugno e luglio. In particolare cosa dobbiamo aspettarci dalla prima serata qui a Milano? Presenterete tutto l'album?

 

Sicuramente sarà una serata speciale e di festa, ma non abbiamo ancora scelto la scaletta. Ovviamente sarà incentrata sul nuovo disco, ma ci sarà molto anche dai precedenti. La cosa bella di essere al quinto disco è che c'è tanta scelta e possiamo coinvolgere in molti modi le persone che vengono a vederci e che sono parte integrante della band, come se fossero il sesto membro.

 

Dopo queste date ce ne saranno altre? Avete già programmato un tour anche all'estero?

 

Sì, stiamo lavorando con gli agenti e programmando le date. Torneremo in Giappone, poi ci saranno delle date europee. Comunque non c'è ancora nulla di ufficiale, stiamo ancora organizzando tutto. Per ora volevamo partire con poche date selezionate, poi seguirà tutto quello che succede ogni volta che pubblichiamo un album.

 

In Italia invece ci sono solo le quattro già annunciate?

 

Per questa estate ci saranno delle sorprese, ma comunque rimaniamo su poche date selezionate. Poi ci sarà qualcos'altro verso la fine dell'anno.

 

Ora invece una curiosità! Quasi tutti gli artisti stranieri dicono sempre che il pubblico italiano è tra i migliori al mondo, quindi a te che sei italiano voglio chiedere se è vero. E se così non fosse, qual è davvero il pubblico migliore davanti al quale avete suonato?

 

Be’, forse sono un po' di parte, però è vero che il pubblico italiano è il migliore. Si crea sempre un qualcosa di speciale, c'è un legame forte. Poi noi siamo una band ironica, sarcastica, che non si prende molto sul serio e questa cosa con gli italiani arriva di più perché abbiamo lo stesso umorismo, lo stesso modo di intendere l'ironia. Tra gli altri, il pubblico giapponese è completamente diverso, ma fuori di testa!

 

Be’, me li immaginavo più composti i giapponesi!

 

Infatti, sono composti, ma solo tra un pezzo e l'altro [ride, ndr]. Durante la canzone c'è il delirio, poi quando finisce cala il silenzio! Negli ultimi due anni anche il pubblico americano è stato fantastico, molto più esagitato di quello europeo in media. Invece qua in zona anche i fan francesi, è un pubblico somigliante a quello italiano, anche se spesso e volentieri tra italiani e francesi si bisticcia [ride, ndr].

 

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Come possiamo constatare molto spesso purtroppo il genere che proponete è molto più apprezzato all'estero che in Italia. Quale sarebbe secondo te la soluzione migliore per educare i ragazzi anche a questo tipo di musica qui in Italia?

 

Eh... [ride, ndr] Innanzitutto non userei il termine "educare"...

 

Quello che intendevo è che verso questo tipo di musica tante volte ci sono pregiudizi o cose simili che limitano la sua diffusione.

 

Personalmente non credo nei pregiudizi. Secondo me non si può parlare di crisi di genere, perché il metal qui in Italia non ha mai fatto sfraceli. Ad oggi tutto il mercato qui è preso dall'indie, dall'hip hop e dalla trap e non c'è mai stato un momento (almeno vissuto da me) in cui c'era hype riguardo il metal. E se il metal facesse più paura e ci fossero più pregiudizi, forse se ne parlerebbe di più e i ragazzini lo ascolterebbero più volentieri. Ad ogni modo va tutto a ondate. Negli anni 2010 vedo un forte parallelismo con gli anni '80, quando le classifiche erano dominate solo da musica senza chitarre. È una cosa che è già stata vista. Non dimentichiamoci che negli anni '90 sono tornate alla grande le chitarre. Non so dirti se ci sarà un futuro roseo per il metal (ma anche per il rock), però la storia si ripete, anche se in maniera inaspettata. La fiamma potrebbe anche riaccendersi. Detto ciò, ho visto un sacco di concerti quest'anno con un pubblico molto giovane.

 

Anche a me è capitato e credo che la musica dal vivo sia molto importante da questo punto di vista, ma purtroppo ci sono zone in cui questo accade pochissimo.

 

Secondo me ci sono altre nazioni come l'Inghilterra o gli Stati Uniti, in cui anche lì la scena è dominata da altri generi, però il mercato è talmente ampio e segmentato che alla fine c'è tanto spazio anche per i generi che vengono definiti di nicchia. Il problema dell'Italia è che qui si ascoltano due generi per volta, quelli di nicchia è come se non esistessero. Questo vale anche ad esempio per il cinema, è tutto bianco o nero. In America puoi trovare ogni tipo di film, qua trovi due o tre tipi al massimo, il mercato è molto meno ampio e diversificato e le persone che ci ruotano intorno sono sempre le stesse.

 

Poi è un cane che si morde la coda, inevitabilmente artisti che non vengono diffusi e pubblicizzati di conseguenza non vengono ascoltati e supportati e quindi va sempre peggio da questo punto di vista.

 

Sicuramente è un cane che si morde la coda, anche se ovunque i numeri sono più bassi per alcuni generi. Ma comunque la differenza tra l'offerta live della musica suonata (che sia rock, metal o alcuni artisti hip hop come Anderson Paak) e quello che va ora è talmente tanta che non riesco neanche a vederli come offerte concorrenti. È come pensare che i film horror possano intralciare il mercato dei film drammatici o di quelli comici. Esiste semplicemente un periodo in cui la gente vuole solo i film horror. A me piace l'hip hop e ci lavoro tutti i giorni, ma quello che mi manca quando vedo un concerto i hip hop è a quantità delle cose che ci sono sul palco. A me non basta vedere una persona che rappa e una che metta su i dischi. Per quanto sia figo e possa essere una bella proposta, io sono cresciuto guardando molte più sfumature e mi aspetto di vedere anche un bassista, un chitarrista o un batterista sul palco. Ritiro fuori l'esempio di Anderson Paak perché sono andato a vederlo l'estate scorsa ed è davvero un fenomeno che passa dall'essere un frontman hip hop all'RnB. Poi suona pure la batteria ed è bravissimo in tutto quello che fa. Questo è quello di cui io ho bisogno, anche se evidentemente la maggioranza ha bisogno di altro. Poi comunque le cose nella musica cambiano molto velocemente. Sicuramente cambieranno ancora, bisognerà vedere in che direzione.

 

Un'ultima curiosità. Qual è il nome del cantante con cui ti esibiresti più volentieri sullo stesso palco?

 

Questa è difficile, mi sta passando tutta la vita davanti [ride, ndr]. Appena mi viene in mente un nome poi penso subito che non potrei mai stare al fianco di certa gente, a cantare "Tonight Tonight" con gli Smashing Pumpkins o "Smack My Bitch Up" con Keith Flint. Mi spiace, ma non riesco a darti un nome [ride, ndr].

 

Ok, è comprensibile! Questa era l'ultima domanda, grazie mille per questa intervista! Ti va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

 

Certo, grazie a voi per questa intervista e grazie ai lettori per essere arrivati fino a qua! Vi invito ad ascoltare il nostro nuovo disco "The Chosen One" che uscirà a mezzanotte tra il 23 e il 24 maggio.




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