L.A. Guns (Phil Lewis)
Ritrovata la sinergia di un tempo, Tracii Guns & Phil Lewis hanno da poco rilasciato "The Missing Peace" che porteranno in tour anche sui nostri palchi per cinque date dal 7 al 12 novembre. In attesa di poter assaporare dal vivo il ritorno della band, Phil si è raccontato ai nostri microfoni in una bella e appassionata chiacchierata non soltanto sul passato ma anche sul futuro.. 
Articolo a cura di SpazioRock - Pubblicata in data: 27/10/17
Articolo a cura di Cristina Cannata e Isadora Troiano
 
Ciao Phil e benvenuto su SpazioRock. Come stai? Dove ti trovi adesso? 

Sono a casa a Las Vegas, mi sto bevendo una bella tazza di tè perché sono le 11 del mattino. Sono appena tornato da Tokyo, eravamo lì per il Loud Park Music Festival e... sto abbastanza bene, grazie!

Raccontami allora! Ti sei divertito a Tokyo?

In realtà è stato tutto molto veloce, siamo stati lì per 48 ore, letteralmente. Siamo arrivati la sera prima del concerto e siamo ripartiti il giorno dopo quindi è stato un po’ da pazzi! Ma ci siamo divertiti, molto. C’erano 25 mila persone, sai? 25 mila incredibili fan giapponesi!

Sarà stato davvero un bellissimo spettacolo! Tra l'altro qualche giorno fa gli L.A. Guns hanno rilasciato il nuovo album "The Missing Peace". Come sta andando? Siete soddisfatti della risposta che avete ricevuto dai fan e dalla critica finora? 

Sì, tanto. Sono felicissimo di come stiano andando le cose, il feedback che abbiamo ricevuto è stato molto positivo, davvero fantastico. Purtroppo ho saputo anche che qualcuno si è lamentato perché nella canzone "Sticky Fingers" canto con un finto accento inglese (ride ndr), ma a parte quello sta andando benissimo. 

“The Missing Peace” rappresenta un punto cruciale per la carriera degli L.A. Guns visto che è il vostro primo disco con la band riunita insieme a Tracii Guns, dopo 15 anni di separazione tra te e lui…e questo sembra testimoniare che la band sia ancora piena di vita! Cosa significa questo per te?

Sai, avevamo già iniziato a lavorare, a mettere giù idee per il nuovo disco e quindi questo fa capire la positività della situazione. Io sono molto felice e anche Tracii lo è, abbiamo una grande band, abbiamo l’attenzione del mondo. Io personalmente ho di nuovo il mio migliore amico e non mi ero reso conto di quanto mi mancasse. Ora che è tornato con noi mi sembra di aver riacquistato un fratello e sono molto, molto felice. Abbiamo tanta voglia di lavorare insieme, vogliamo che il mondo ascolti il nuovo disco. Sai, mi rendo conto che era tantissimo tempo che aspettavo questo momento e ora finalmente è arrivato, sono prontissimo ad andare là fuori e lavorare, e lo stesso vale per Tracii.

Si può dire che “The Missing Peace” sia un titolo abbastanza forte per un album, direi anche considerando la storia della band. Chi ha scelto questo titolo? Ci sono delle ragioni particolari dietro questo nome?

Il titolo è stata un’idea di Tracii, devo dirlo. Originariamente doveva chiamarsi “Never Say Never”, che era una specie di mia citazione visto che, qualche anno fa, avevo dichiarato che non avremmo più lavorato insieme. Ma ci sembrava un po’ troppo caustico, mentre “The Missing Peace” da più l’idea di ciò che è successo, proprio per il gioco di parole tra “peace” (pace) e “piece” (pezzo), la chiave sta tutta in come è scritta la parola, è la parte più importante del titolo. Tutto il disco è stato un flusso di idee, una grande intuizione dietro l’altra, da parte di tutti i membri della band. Un unico flusso creativo.

Come hai affrontato il processo creativo per questo disco? Com’è stato lavorare di nuovo con Tracii dopo tutti questi anni? Siete riusciti a recuperare la vecchia chimica che c’era tra voi?

Si assolutamente, è stato molto divertente. Abbiamo registrato le tracce base tutti insieme, in una grande stanza e poi abbiamo lavorato sulle singole chitarre, quindi abbiamo registrato le parti vocali a casa di Tracii a Hollywood ed è stato come tornare ragazzini. Ci siamo divertiti molto di nuovo e il tutto si è svolto in totale naturalezza, molto facilmente e velocemente. Abbiamo lavorato tanto e in poco tempo perché eravamo molto concentrati, ma non ci è mai sembrato troppo pesante anzi. Tutto questo perchè sentivamo di essere di nuovo noi, mentre facevamo quello che ci piace insieme.
 
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Personalmente ho trovato la titletrack “The Missing Peace” molto diversa dalle altre canzoni del disco...

Si è uno stile completamente diverso, non è il mio solito suono. Per me, ricorda una canzone dei Dio o dei Rainbow, è qualcosa che non abbiamo mai fatto prima. Ci siamo sempre mantenuti molto sullo sleazy, molto in stile Rolling Stone. Invece questa canzone è davvero diversa, quasi catartica, se vogliamo. Sono d’accordo con te e mi è piaciuto molto crearla, anche se è stata una sfida.

Mi chiedevo se avete lavorato a questo pezzo in un momento particolare o se semplicemente è nata da un impulso di creatività....

Originariamente questo doveva essere nel disco solista di Tracii Guns, aveva già preso accordi con la casa discografica. Quando abbiamo ripreso i rapporti, mi ha fatto ascoltare ciò che aveva preparato per questo disco solista, il tempismo è stato perfetto. Io ero molto colpito dal suo materiale e ho voluto aiutarlo con qualche canzone, ma più andavamo avanti nel lavoro e più volevo essere coinvolto nel progetto, è così che il tutto è sfociato in un vero e proprio disco degli L.A. Guns, prima che ce ne rendessimo conto e con l’aiuto di tutti gli altri, che sono dei musicisti incredibili, c’è Johnny Martin al basso, Shane Fitzgibbon alla batteria, entrambi molto bravi alla composizione, e poi Michael Grant che ha contribuito a un paio di canzoni del disco, “Knife to a Gunfight” e “The Devil Made Me Do It”, le mie preferite al momento ma cambiano spesso. Insomma, siamo un gruppo molto forte nella composizione e sono molto felice di farne parte.

Pensi quindi che l’attuale line up sia la migliore che la band abbia mai avuto? Riesce a reggere l’eredità della band?

Beh, so che c’è tanta gente che vorrebbe che rimettessimo insieme la line up originale, ma non siamo riusciti a farlo, per vari motivi. Shane e Johnny sono molto più giovani di noi, non fanno parte della nostra generazione ma sono davvero forti ed è questo quello che conta per lavorare con noi, nel modo in cui lavoriamo. Non è una cosa per “vecchi” ed è bello che loro portino questa linfa di giovinezza e di forza, mentre io e Tracii portiamo la parte più classica della line up, è molto bilanciata.

Mi sono letteralmente innamorata della ballad “Christine”. L’ho trovata molto dolce e comunicativa…e poi è la mia canzone! Mi chiedevo se fosse dedicata a una persona reale...
 
Allora potresti essere la figlia di Jane! Ti dico una storia divertente su questa canzone: Shane, il batterista, ha scritto il testo per questo brano e quando ho iniziato a leggerla e interpretarla stavo pensando che fosse dedicata a sua nonna o a una sua lontana parente, una persona di una generazione passata, perché è una canzone che riguarda il passato, i vari alti e bassi della vita. Mi aveva dato questa impressione, ma alla fine abbiamo scoperto che la canzone è su me e Tracii. Quindi è quasi una canzone biografica su di noi e la nostra amicizia e ora che lo so, leggendo il testo, ha assolutamente senso. 

L’ho trovata molto sentita...

Si lo è, penso sia un momento di dolcezza nel mezzo di un disco molto potente e ci sta perfettamente.

Come hai percepito, a livello di emozioni e sensazioni, il ritorno di Tracii sul palco insieme a te? Ero al vostro show al Frontiers Rock Festival a Milano lo scorso aprile e mi pare di ricordare che è stata una performance molto potente…

Lo è stato, certamente. Sai, c’è qualcosa in lui che mi spinge a lavorare tanto, ho suonato con moltissimi musicisti, ottimi musicisti però quando lavoro con Tracii siamo al massimo, l’abbiamo sempre fatto e per me è qualcosa di magico. Mi fa pensare a dei partner del rock come Mick Jagger e Keith Richards, Joe Perry e Steven Tyler, noi siamo così a livello di chimica. 
 
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Parlami del tuo rapporto con i fan: pensi che un artista dovrebbe sempre tenere in considerazione i loro desideri e soddisfare le loro aspettative? 

Sai, sono cresciuto negli anni '70 e le band che amavo, come Black Sabbath, Led Zeppelin e Deep Purple erano tutte band contemporanee e non c’era Internet, ovviamente, quindi non sapevo molto degli individui nella band, erano quasi figure mitologiche per me. Ora con Internet la gente può sapere cosa ho mangiato a colazione e penso che tolga un po’ il mistero intorno all’artista, oltre al fatto che sia anche un modo per aprirsi verso i fan. Bisogna trovare un equilibrio, però. A me sarebbe piaciuto molto sapere di più su Robert Plant, per esempio, però adesso si arriva a un punto in cui è troppo. C'è troppa intrusività. La gente vuole sapere cose personali che non dovrebbero affatto riguardarli. Amiamo i fan e il loro supporto, ma abbiamo anche la nostra vita privata che tale deve rimanere.


Avverti qualche differenza tra i giorni di gloria degli anni ’80 con tutto ciò che gli L.A. Guns hanno raggiunto rispetto ai tempi più recenti? Cosa ti manca di più di quell’epoca?

Non molto, in realtà. Ora come ora suoniamo un sacco e per tantissime persone, come il Frontiers Festival o il festival in Giappone in cui ci siamo appena esibiti. Quindi non c’è molto che mi manca degli anni ’80, so che non venderemo milioni di dischi ora come ora e in realtà non è così male perché non c’è tutta la pressione esterna, dal management, dalla casa discografica, dalla stampa che avrebbe una band da milioni di dischi tempo fa. Tutti hanno un’opinione, tutti vogliono un pezzo del tuo successo, tutti vogliono essere parte del processo creativo…era una ricetta per il disastro, a quei tempi, quando abbiamo fatto uscire "Cocked & Loaded" o "Hollywood Vampires". Non avevamo molti soldi e all’improvviso abbiamo avuto tutto, è stato incredibile ma non cambierei quello che vivo ora con quei tempi, perché ora abbiamo il controllo su ciò che facciamo e nessuna pressione ed è la cosa più importante.

L.A. Guns a parte, negli anni hai partecipato a molti altri progetti musicali, Girl e Torme per esempio.  È stato difficile in un certo qual modo "deviare" dagli L.A. Guns? È stato per te come rispondere a un particolare desiderio di esplorare e di soddisfare altri desideri musicali?

Certo, mi piacciono le sfide, sia nella musica che nella vita. Ho partecipato a molte sessioni, di varia natura e spesso l’ho fatto, devo essere onesto, per soldi. Sono stato pagato per cantare una canzone e sono finito su vari dischi tributo e mi sono ritrovato a farlo molte volte, quasi 100 direi. E' stato divertente e anche impegnativo, come ad esempio con un tributo a Styx, e non è stato facile, non è come cantare una canzone famosa in macchina, si tratta di andare in studio, lavorare e reinterpretare l’originale con coerenza e integrità. Tutto ciò mi ha reso un cantante, un artista e un musicista migliore perché ho esplorato generi musicali che altrimenti non avrei potuto esplorare e ho imparato molto da queste esperienze, mi ha aiutato anche a crescere a livello professionale.

Sarete presto in Italia con cinque concerti! Cosa mi dici del suonare in Italia? Cosa ne pensi del pubblico italiano? 

La nostra etichetta, la Frontiers, è italiana e per questo siamo lì da voi molto spesso, più spesso di quanto abbia mai fatto prima. Mi fa molto piacere, il festival è stato fantastico e l’etichetta è stata meravigliosa con noi, mi rendo conto che il nostro disco gli sta davvero a cuore e per noi ovviamente è una cosa molto bella, ci sentiamo apprezzati senza che ci venga tolto il controllo su quello che facciamo, a quale artista non piacerebbe? E venire in Italia a suonare per noi è ovviamente un piacere, non vedo l’ora.

È la stessa cosa per noi!

È sempre divertentissimo. I fan italiani sono tra i miei preferiti in Europa, insieme ai fan inglesi, siete i fan perfetti.

È vero, ci piace cantare ogni canzone a squarciagola.

Sempre, siete un pubblico molto interattivo.

Ok Phil, ti ringrazio per il tuo tempo. Come ultima cosa, ti andrebbe di lasciare un messaggio ai fan italiani e ai nostri lettori?

Certo! Un saluto da Phil Lewis degli L.A. Guns, sono felicissimo perché torneremo presto nella nostra nazione rock preferita, abbiamo tre show all’inizio di novembre e spero di vedervi tutti lì! 
 
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