Enter Shikari (Rou Reynolds)
Rou ci porta alla scoperta del sesto album degli Enter Shikari “Nothing Is True & Everything Is Possible”, raccontandone tutti i livelli sonori e tematici, e arrivando a una riflessione sulla crisi globale, sulla condizione del nostro pianeta e della nostra società. Possiamo ancora avere fiducia nell’umanità? 
Articolo a cura di Giulia Franceschini - Pubblicata in data: 28/04/20
Ciao Rou, è un piacere averti di nuovo su SpazioRock. Come stai?

Grazie a voi! Sto bene, sono stato davvero molto impegnato con la promozione dell'album in questi giorni. La cosa di cui ci si lamenta più spesso in questo momento è la noia, ma di certo non è il mio caso (Ride NdR). Per il resto, sono in salute, non mi posso lamentare.

 

Questa è la cosa più importante. Comunque, prima di tutto congratulazioni per il vostro nuovo album, "Nothing Is True & Everything Is Possible"! È un momento davvero particolare in cui pubblicare un disco, come lo state affrontando? Il lancio di un album è sempre un momento di festa, ma immagino che questa volta sia diverso.

Sì, è diversissimo. È un miscuglio di emozioni incredibile, perché da una parte ovviamente sono contento, sollevato, felice del fatto che l'album sia uscito. Questo album è un anno della mia vita, ci ho messo davvero l'anima, e sono davvero contento del fatto che sia uscito, sono felice di sentire cosa ne pensa la gente, ne sono state dette delle cose bellissime fino ad ora. Ma allo stesso tempo è frustrante perché non posso condividere questo momento e festeggiare con il resto della band. Non ci vediamo da quattro settimane, che credo sia il periodo di tempo più lungo in cui non ci siamo visti in tutta la mia vita, ed è davvero strano. Non possiamo ovviamente tenere i concerti che avevamo programmato per il lancio dell'album, quindi non abbiamo la possibilità di incontrare i fan, di ringraziarli per aver comprato il disco. È davvero strano: sento eccitazione, frustrazione. Anche psicologicamente è interessante, perché mi sento quasi in colpa di sentirmi felice per la pubblicazione del disco. Continuo a pensare "Non puoi essere felice! È un momento terribile, è un momento di difficoltà". Ci sono tutte queste emozioni insieme, è davvero intenso.

 

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È passata poco più di una settimana dalla pubblicazione del disco, e solo dopo pochi giorni era già alla seconda posizione della classifica UK, è una cosa fantastica! Avete addirittura superato Dua Lipa, una delle più grandi pop star di questi tempi. Come vi sentite?

È incredibile, davvero. Venerdì (a una settimana dalla release NdR) abbiamo confermato la posizione, è davvero fantastico. L'album di Dua Lipa è uscito un paio di settimane prima del nostro, e nel caso di album pop ci si aspetta sempre che rimangano in classifica per diverse settimane. Il solo fatto di avere un album come il nostro in top 5 è incredibile. Il pop è sicuramente un'influenza per noi, la melodia è una parte fondante della nostra musica. La melodia è "la" cosa più importante per gli Enter Shikari, ma allo stesso tempo la nostra musica è davvero variegata, succedono un sacco di cose insieme, non è molto facile da comprendere, è molto stratificata e dettagliata. Quindi avere un album del genere in mezzo a uscite completamente pop... e poi ci siamo noi, che non so neanche in che genere rientriamo, sono super felice di questo. E in più è un disco indipendente, tutti gli altri dischi sono pubblicati da major.

 

Andiamo più nel dettaglio di "Nothing Is True & Everything Is Possible". Si tratta di una descrizione della società odierna condotta con intelligenza, sensibilità, humour, ma soprattutto scevra di un ottimismo gratuito, che è una cosa che apprezzo molto del tuo modo di scrivere. Ma in T.I.N.A. canti: "It's the essence of humanity to build an infinite reality". Questo significa che, nonostante tutti i nostri difetti e i nostri errori, l'unica speranza per questo mondo, alla fine, siamo noi. Hai fiducia nell'umanità?

 

(Sorride NdR) Bellissima domanda... se guardi alla storia dell'umanità, sono stati commessi tanti errori, sono successe tante cose orribili, ci sono state violenza, rabbia, e tante altre cose terribili, ma c'è anche la creatività, il senso di comunità, l'empatia, e spesso, in momenti di vera difficoltà, quando c'è la necessità di inventare qualcosa, di creare, di progredire, l'umanità trova un modo di farlo e di andare oltre. Voglio dire, siamo ancora qui, in qualche modo la nostra specie è riuscita ad andare avanti. Sì, in generale, ho delle speranze. So che ci sarà sempre tanta sofferenza, tanta morte, ma in qualche modo progrediremo. Steven Pinker parla molto di questo concetto. Se immagini un grafico, in cui l'umanità ha dei picchi negativi, come le guerre, eventi che minacciano la nostra esistenza, in qualche mondo andiamo sempre avanti anche se in calo. Penso che il mondo stia diventando un posto più sicuro e che noi stiamo diventando sempre più intelligenti e creativi, più empatici. Quindi, in generale sono ottimista. Sembra una follia dire queste cose in un momento come questo, ma ho fiducia nell'ingegno umano.

 

Uno dei miei brani preferiti è "Modern living....", e non solo perché citi il mio drink preferito ("we're apocaholics drinking gin and tonics" NdR), ma perché è un bellissimo, accurato ritratto generazionale, divertente e completamente autoironico.

Sì, è proprio quello il punto. In quella canzone prendo in giro proprio me stesso e le persone che hanno questo tipo di paura costante. Gran parte dell'album parla dei nostri ultimi 5 anni, abbiamo vissuto dei momenti di vero shock, sono successe cose che non pensavamo sarebbero mai successe, e questa è la parte "everything is possible" dell'album. In tutto questo c'è sempre stata questa paura di fondo che ci portava a pensare "oddio, è la fine del mondo", poi la settimana successiva accadeva qualcos'altro di bellissimo. È davvero facile ragionare in questo modo e cadere nella paura e anche nel nichilismo. Quindi ho deciso di scrivere una canzone che deridesse proprio questo atteggiamento. Succedono delle cose bruttissime nel mondo, ma ovviamente nella maggior parte dei casi non si tratta davvero della fine del mondo, c'è sempre una possibilità di migliorare, di progredire e di rialzarsi.

 

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Ogni volta che gli Enter Shikari pubblicano musica nuova non si può predire niente, se non una cosa: sarà sorprendente, folle. Questa volta, molto più delle altre volte, avete lasciato spazio alla musica classica. Avete sempre usato strumenti classici in tanti altri brani, ma in questo disco c'è un pezzo interamente orchestrale "Elegy For Extinction"; poi alcuni brani sono divisi come se fossero dei movimenti di una sinfonia, come "Waltzing Off The Face Of The Earth". Tu suoni la tromba, quindi suppongo che tu abbia delle basi classiche: come hai affrontato la composizione delle parti classiche, soprattutto di "Elegy"? Come le hai gestite in fase di produzione? È stato difficile?

È stato un processo lungo e a volte anche un po' spaventoso. Come hai detto tu, il mio primo strumento è la tromba, ho iniziato a otto anni. Ho dei ricordi molto belli legati all'orchestra della scuola in cui suonavo, mi piaceva l'idea che un suono piccolo potesse contribuire a un suono così colossale, grande, potente. Mi mancava molto questa sensazione. Abbiamo già usato gli ottoni in altri album degli Enter Shikari, e gli archi, e mi è piaciuto molto arrangiare quelle parti, ma ho pensato che fosse arrivato il momento di scrivere un pezzo totalmente orchestrale. Avevo iniziato a scrivere diverse parti, avevo diverse idee, ma questa ("Elegy for Extinction" NdR) è suonata da subito come una canzone degli Enter Shikari, anche se non c'erano chitarre, non c'è la batteria, non c'è nemmeno la mia voce, ma dava comunque la sensazione di essere già un brano che faceva parte dell'universo Shikari per il tema della canzone, per la storia di cui parla il pezzo e ho pensato "Ok, ho questo pezzo, come facciamo a realizzarlo?". Ero sicuro al 100% di volerla registrare con un'orchestra vera, non volevo usare MIDI, synth, e simulare quei suoni, anche se magari è difficile da percepire, perché ora la tecnologia fa cose incredibili in questo senso, ma volevo che fosse suonata da degli esseri umani veri e propri con degli strumenti veri. Sono stato molto fortunato: ho un amico che ho conosciuto qualche anno fa, si chiama George Fenton, è un compositore britannico, ha un passato incredibile, ha composto le colonne sonore di tantissimi film, documentari, è fantastico. È un fan della band, cosa che per me è assurda, perché è un compositore leggendario. È stato lui ad aiutarmi a dividere le parti tra i vari strumenti e mi ha accompagnato durante tutto il processo, registrando l'orchestra. È stato fantastico averlo come mentore, come guida durante tutto il processo. Uno degli obiettivi di questo album era non risparmiarci in quanto a strumenti da inserire: questo album contiene tante emozioni diverse, e volevamo che questo fosse rispecchiato da una palette sonora molto vasta all'interno della quale scegliere con quale strumento trasmettere quella specifica emozione nel modo più fedele possibile.

 

Che storia racconta "Elegy for Extinction"?

Nell'ambito della classica esiste la "musica da programma", nella quale la musica che viene suonata narra una storia vera e propria. Uno degli esempi migliori è "Le Quattro Stagioni" di Vivaldi, in cui ogni parte rappresenta un certo tempo o uno stato d'animo, comunque legato alla stagione. Ho provato a fare qualcosa del genere. Il pezzo racconta la storia della vita sulla Terra. Inizia con questi piccoli archi che fanno "tiririri, tiririri", che per me rappresentano la nascita della vita, una sorta di Esplosione Cambriana, in cui piccole specie prendono vita e si sviluppano in modi diversi, a cui segue, e qui entra il contrabbasso che fa "turururu turururu" (discendente NdR), poi entra una chitarra che fa "tururururu" (ascendente, ride NdR). La seconda parte di Elegy è una marcia, la marcia della vita. È come immaginarsi l'albero dell'evoluzione che cresce sempre di più, sempre più specie si evolvono, tutto cresce, fino ad arrivare a oggi. Questa, la terza parte del pezzo, è l'Antropocene, una fase durante la quale si rivelano gli effetti negativi della nostra specie sul nostro pianeta, e nella quale perdiamo il 50% delle specie esistenti per colpa nostra. Qui il pezzo diventa più dissonante e un po' inquietante, più pesante e intenso, e si proietta nel futuro. Qui la musica va in una scala discendente, e quello è l'avvertimento: se andremo avanti così, continueremo a perdere la vita di questo pianeta, rovineremo tutto. L'intero brano è un avvertimento, per questo si chiama "Elegy For Extinction", e rappresenta il punto in cui ci troviamo oggi.

 

Il disco è stato prodotto interamente da te. Ti sei sempre dedicato alla produzione dei dischi degli Enter Shikari, ma questa volta non c'è stato nessun produttore aggiuntivo. Com'è stato? Immagino, e si percepisce anche, che tu abbia sviluppato un rapporto particolarmente stretto con questo disco.

Sì, ho imparato davvero tantissimo con gli ultimi album, grazie a David Kosten e Dan Weller, ho lavorato anche al di fuori degli Enter Shikari, componendo per altri artisti. Ho pensato che fosse arrivato il momento di prendere definitivamente in mano le redini della produzione. Questo disco è davvero pieno di dettagli, succedono davvero tante cose, volevo avere tutto sotto controllo, non volevo che perdessimo nessuna delle nostre idee iniziali, l'ispirazione, la motivazione e i suoni, quindi sì ho deciso che questa volta avrei fatto da solo. Sono molto fortunato perché Rory, il nostro chitarrista, è di grande aiuto in questo. La parte ingegneristica e di programmazione è stata curata da lui, e ha questa mentalità molto DIY e di risoluzione dei problemi. Se ho un problema lo dico a Rory e, non so come faccia, ma è davvero bravo a risolvere i problemi. Lui è la persona persona perfetta per quel ruolo. Anche Dan Weller ha preso parte alla produzione dal punto di vista ingegneristico, ha una grande esperienza. Ho avuto molto supporto in questo, ma sì, è stata la prima volta in cui ho assunto propriamente il ruolo di produttore. All'inizio un po' mi spaventava, ma è stato davvero bello, e ha fatto sì che mettessi davvero tanto tempo e tanta energia nella produzione di questo album, come mai prima d'ora, e credo che si senta, credo che sia il disco con la produzione migliore che abbiamo mai fatto... la batteria suona in un modo incredibile... oddio, potrei andare avanti mezzora a parlare di come suona la batteria. Comunque, questa volta ci siamo davvero spinti oltre, siamo incredibilmente contenti.

 

Questo disco contiene tante sorprese, delle "easter eggs". C'è un motivo per questo autoreferenzialismo? Vi sentivate un po' nostalgici?

(ride NdR) è solo una cosa divertente. Non c'è nessuna filosofia particolare o un ragionamento profondo dietro, semplicemente dà alla canzone una sorta di senso storico. Una delle più evidenti è "Reprise 3" (in cui viene ripreso il verso "and still we will be here standing like statues" dal brano "Enter Shikari" in "Take To The Skies" NdR), in "Crossing the Rubicon" c'è un verso, "but we can't turn back, it's a labyrinth" che si riferisce "Labirynth", da "Take To The Skies", e c'è anche lo stesso synth. Queste cose funzionano bene perché i brani sono simili tra loro per i temi che trattano. Parlano di coraggio, di affrontare le difficoltà della vita e parlano di perseveranza. Ed essere in grado di inserire un piccolo synth che ha ormai tredici anni in una canzone che è uscita nel 2020 e che parla di perseveranza... cosa ci può essere di meglio per descrivere il concetto di perseveranza se non avere un synth che ha tredici anni in una canzone nuova? Ho pensato che queste associazioni potessero essere divertenti.

 

Sei ancora influenzato dal lato più "heavy" dei tuoi ascolti?

Ascolto molta musica alternativa, amo il punk, l'hardcore, ascolto i generi di metal che mi piacciono, perché penso che in generale il metal sia davvero ripetitivo, banale, statico. Mentre quando ero un adolescente ascoltavo alcune band delle nostre parti, che erano molto tecniche, band che esistevano da prima che il djent prendesse forma. Ascolto i Meshuggah, i SikTh, una band che viene proprio dalla nostra città, St. Albans, e altre band più piccole sempre metal. Ma la mia maggiore ispirazione dal lato più "heavy" dei miei ascolti viene dall'hardcore punk, perché ho sempre trovato che i testi fossero molto più interessanti, sono una sorta di cronaca sociale, sono appassionati, reali e onesti, e per questo mi hanno influenzato tantissimo. Ascolto ancora hardcore, punk, post-punk.

 

Stavate per iniziare il tour di lancio dell'album, ma, per le ragioni che purtroppo conosciamo tutti, avete dovuto spostare le date. A che punto eravate? Cosa avevate preparato per questi show?

Avevamo appena iniziato a fare le prove per il tour, 2 o 3 settimane prima del lockdown qui in UK, e anche solo tra noi quattro, nella nostra piccola sala prove, c'era un'energia incredibile, eravamo davvero gasatissimi per i pezzi nuovi. Quando riusciremo a suonarle dal vivo sarà incredibile, non vedo l'ora, ma ci vorrà davvero tanto tempo. In ogni caso non avremmo suonato a tanti festival estivi quest'anno. Sarebbe stato il primo anno in cui non avremmo suonato a nessun festival nel Regno Unito, perché avremmo usato l'estate per preparare gli show di novembre e dicembre. Ed eravamo così dispiaciuti di perderci i festival estivi! Avremmo fatto forse qualche festival in Germania e poco altro, ma ora non ci sarà nessun festival, quindi non possiamo essere tristi di perderceli, perché ce li perderemo tutti (ride NdR). Ed è orribile, sì. Ma gli show che faremo, si spera, alla fine dell'anno saranno grandiosi, ci siamo spinti oltre anche nella produzione del live, dello show, il palco, le visual, penso che sarà lo spettacolo migliore che abbiamo mai prodotto.

 

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Siete sempre stati molto legati ai temi sociali in una prospettiva globale: questa crisi sanitaria sta colpendo il mondo intero, diventando ovviamente anche una crisi politica e sociale. Questo evento ha fatto sì che emergessero le grandi falle dei nostri governi, della nostra società, dei nostri sistemi sanitari. Come avrai sentito, la situazione in Italia è davvero difficile, come lo è in UK e in tantissimi altri paesi in cui le istituzioni si sono comportate sempre più in modo "politico", invece di salvaguardare i cittadini. Pensi che riusciremo a imparare qualcosa da tutto questo?

Dio, lo spero davvero. Lo spero tantissimo, ci sono tantissime cose che devono cambiare, e questo evento ha evidenziato tantissimi problemi. Non so se sono positivo riguardo al pensiero che qualcosa possa davvero cambiare, siamo bravissimi a non imparare nulla dalla nostra stessa storia, mentre siamo molto bravi a tornare alla normalità facendo finta che non sia successo niente. Ma è stata una crisi talmente grave che sicuramente la gente non si ammutolirà. Siamo molto molto fortunati del fatto che il Coronavirus sia quello che è, perché se fosse stata una malattia con una letalità del 60% saremmo completamente fottuti, sarebbe la fine della civiltà o un evento che porterebbe a un cambiamento drammatico. Se pensiamo a questo, e pensiamo che, rispetto a quello che sarebbe potuto essere, il Coronavirus di certo non è una cosa benigna, ma è una cosa per cui nella maggior parte dei casi ci si può curare e che possiamo gestire senza far collassare l'umanità intera, dobbiamo ritenerci davvero fortunati. Per questo dobbiamo imparare tanto da questo, dobbiamo essere preparati, perché la prossima volta la malattia potrebbe avere una letalità del 60%. Questa cosa è assolutamente plausibile. Virologi ed epidemiologi avevano avvertito da tempo, da decenni, che queste pandemie sarebbero iniziate, sapevamo bene che sarebbe successo, ma in America, in UK e in molti altri paesi del mondo comunque non eravamo preparati. Tutto questo è colpa del capitalismo che si preoccupa di più del profitto a breve termine, piuttosto che di prepararsi ad affrontare le pandemie. Perché pensano "Ok, forse possiamo starcene tranquilli per altri 20 anni e non è una cosa che ci fa fare soldi" e quindi ignorano la questione. Questo dimostra quanto siano stati gestiti male i nostri sistemi sanitari, tutta questa mentalità neoliberista ha creato una società davvero pericolosa in cui i sistemi sanitari non sono finanziati, non sono rispettati. Scusa, potrei andare avanti a parlare di questa cosa per secoli, comunque sì, devono cambiare davvero tante cose, e spero che davvero impareremo qualcosa.

 

Lo spero davvero anche io. L'isolamento è qualcosa di assolutamente estraneo all'uomo, essendo questo un essere sociale. Hai dei consigli per sopportare e superare questo momento?

È difficile dare una risposta univoca perché le situazioni sono diverse l'una dall'altra, alcune persone stanno ancora lavorando, mentre per altre è cambiato tutto, non possono lavorare, sono sole, è davvero difficile. Non so bene cosa consigliare... bisognerebbe imparare a comprendere e ad accogliere il senso di comunità. L'abbiamo visto ovunque, l'ho notato anche io solo guardando a quello che è successo nella via dove vivo, abbiamo creato un gruppo WhatsApp, ho conosciuto davvero per la prima volta i miei vicini, il che è assurdo, è Londra, nessuno parla con nessuno, cose orribili! (Ride NdR) E per la prima volta mi rendo conto di conoscerli. Quindi direi: accogliere il senso di comunità, provare a trovare un equilibrio nella propria vita, quindi non stare tutto il giorno attaccato a Twitter o al telegiornale continuando a dire "oddio, è una catastrofe". Bisogna trovare tempo per rilassarsi, in qualunque modo, per esplorare la propria creatività, fare esercizio fisico... sono cliché ma sono importanti. Ho iniziato a fare delle sessioni di meditazione guidata Live su Instagram, la prima è stata domenica. La meditazione è una cosa importantissima per me e spero che diventi di aiuto anche per altre persone.

 

Rou, siamo arrivati alla fine. Grazie mille per questa intervista e ancora complimenti per l'album. Spero di vedervi presto in tour!

Grazie a voi, davvero. A presto!




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