Young The Giant (Sameer, Eric, Payam, François)
In occasione dell'uscita del nuovo album "Mind Over Matter", abbiamo scambiato quattro chiacchiere con i simpatici Young The Giant.
Articolo a cura di Michael Gardenia - Pubblicata in data: 01/07/14

Ciao, benvenuti su SpazioRock! Partiamo subito con la prima domanda: vorrei sapere se c’è un significato comune nei vostri pezzi in “Mind Over Matter”...


Non credo che ci sia un solo messaggio comune, c’è un’idea, gli ostacoli personali della vita e come si possono superare, di come a volte ti lascino paralizzato e come invece a volte si riescano a sconfiggere e ad andare avanti. Il disco è un po’ sorta di una conversazione, non c’è solo un’idea positiva, bisogna arrivare a comprendere le cose per superarle, non è una visione monodimensionale.


Parlate solamente di argomenti personali o anche sociali?


Parliamo di cose personali, soprattutto di noi come band, della nostra evoluzione. Abbiamo tutti giorni buoni e meno buoni, ognuno ha ostacoli che si crea. Gli ostacoli più duri sono quelli che esistono nella propria mente, che non sono “cose” reali.


Cosa rappresenta il nuovo album per voi, dal punto di vista della vostra crescita come band?


Il tema dell'album è quest'idea dell'esistenza di una pressione interiore. Per noi è stato un po' come rinchiuderci in un luogo, dopo un po' si inizia a ragionare troppo sulle cose, si inizia a sentirsi un po' “fermi”, quasi “stagnanti”. Abbiamo avuto una sorta di “blocco dello scrittore”, così abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo ricominciato a divertirci a scrivere, a sperimentare, a metterci alla prova. La canzone che ci ha fatti uscire dal blocco è stata “Mind  over Matter”, che poi ha portato ad un momento di creatività, di libertà, anche di usare strumenti che non avevamo usato nel primo album.

 

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Cosa ascoltate di solito quando lavorate alle canzoni?


Abbiamo questa specie di gara tra di noi, cerchiamo di uscire sempre con qualcosa di nuovo da ascoltare. Cerchiamo di non far emergere troppo una singola influenza quando scriviamo, in generale cerchiamo di ascoltare tutti quegli artisti che utilizzano molto la tecnologia, ma che cercano sempre di spingersi un po' più in là per quanto riguarda il songwriting. Artisti che ci ispirano? David Bowie, i Talking Heads... Come generi cerchiamo di non focalizzarci su uno solo, ma di variare, di ascoltare dall'elettronica all'hip hop, alla musica cantautorale...


Parlateci dell'artwork dell'album “Mind Over Matter”...


L'idea era di poter visualizzare il concetto di “Mind Over Matter”, cioè del “potere della mente”, di raffigurare qualcosa di invisibile in uno spazio visivo interessante. Abbiamo voluto usare la fotografia invece dell'illustrazione perchè volevamo qualcosa di “pulito”, di semplice. Ricordo che quando abbiamo fatto le photo sessions per la copertina abbiamo subito riconosciuto la foto che ci piaceva dal display della macchina.
L'idea della cascata che esce dalla testa, con il fumo, è stata realizzata con la tecnica della doppia esposizione, ed è una metafora.


Com'è stato lavorare con (il produttore) Justin Meldal-Johnsen?


È stato incredibile con lui. Era già in cima alla lista dei produttori che volevamo contattare, abbiamo seguito molto il suo background musicale. E' stato fantastico in studio, dove l'atmosfera può a volte diventare tesa, mentre lui è stato molto “gentleman” con noi e molto creativo. Ci spingeva a creare più che imporci le cose. Ci è piaciuto il fatto che lui fosse un musicista e non semplicemente un produttore, che quindi vedesse le cose anche dal nostro punto di vista, è stato parte di alcuni dei nostri album preferiti.

 

 

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Quando è stata la prima volta che avete realizzato di essere una band di successo?


Poco prima di fare il tour italiano due anni fa, quando da soli abbiamo fatto dei sold out in dei teatri in cui ci esibivamo prima con altri artisti. Vedere che la gente pagava per vedere noi è stato bello. E poi quando abbiamo suonato qui per la prima volta, sentire ragazzi che cantavano con il nostro accento in una lingua non loro…è stato travolgente


Qual è stata la reazione del pubblico al successo del vostro ultimo album?


In realtà è una cosa ancora in corso, l'album è uscito a gennaio e dopo i molti sold-out dei concerti e le recensioni, sta continuando ancora adesso. Cioè, la prima settimana di tour dopo l'uscita è andata molto bene, ma poi c'è una fase in cui un buon album viene “metabolizzato”, la musica condivisa, perciò non si può ancora tirare le fila.


Ci sono degli artisti italiani che vi piacciono?


Oh, sì, ci piace molto Jovanotti, mi è piaciuto il suo approccio hip hop negli anni '80 e poi qualche pezzo più recente come “Mi Fido Di Te”, mi piace molto. Non lo conosco personalmente ma mi piacerebbe incontrarlo. La mia ex ragazza era di Legnano, mi ha fatto conoscere artisti come lui e gli Afterhours.




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