Steven Wilson (Steven Wilson)
Il prog è morto. Mentre il suo disco numero quattro e mezzo arriva sugli scaffali, Steven Wilson ci spiega che è impossibile che ci sia progresso nella musica. E' solo questione di personalità.
Articolo a cura di Riccardo Coppola - Pubblicata in data: 21/01/16

Sta per uscire il tuo nuovo album "4½", una collezione di brani scartati dai precedenti album. Cosa ti ha convinto a dare forma compiuta a questi pezzi?

Sì, in qualche modo sono tutte canzoni che non ho voluto mettere nei dischi precedenti. Ma non voglio che la cosa venga interpretata troppo negativamente, perché sono molto orgoglioso di queste canzoni. Se una canzone non finisce su un disco non significa necessariamente che sia inferiore alle altre, a volte è semplicemente una questione di contesto: potrebbe non star bene musicalmente con il fluire degli altri pezzi, potrebbe essere al di fuori dal concept del disco, tematicamente. Dovresti saperlo, ogni mio disco ha una storia, un tema, un concept. Per cui va a finire che ci sono canzoni che non ci stanno, ma che mi piacciono comunque. Per "4½", l'idea originale era di realizzare una qualche specie di EP, con tre o quattro canzoni che avevo tagliato dopo le sessioni di scrittura di "Hand. Cannot. Erase.". Come è evidente, il progetto è diventato qualcosa di più grande, perché ho incluso alcune canzoni scartate dal disco precedente, e anche altri lavori ancora più vecchi. E così è diventato un full length di 37 minuti. E' bello anche poter avere canzoni nuove da suonare, dato che saremo di nuovo in tour il mese prossimo.

Quanto sono rimaneggiati i pezzi che compaiono nella versione definitiva di "4½"?

Dipende dal pezzo specifico. Alcuni sono praticamente identici a com'erano inizialmente, altri invece hanno richiesto tantissimo lavoro di riscrittura. Per esempio il quinto pezzo: ne avevo soltanto la linea di basso, alla fine delle sessioni di "Hand. Cannot. Erase". Questa specifica bassline che continuavo a suonare e a ripetere, senza sapere cosa farmene. Ed è andata avanti così fino a quest'estate, quando mi sono messo di impegno e ho scritto il resto della canzone attorno a questa bassline. Ma d'altro canto c'è anche un'altra canzone, "Sunday Rain Sets In", che era stata registrata e ultimata completamente durante le sessioni di "Hand. Cannot. Erase". Dipende dalla canzone, veramente. Alcune erano finite, altre erano nelle primissime fasi, erano soltanto tentativi.

Il disco ha un titolo molto semplice e criptico. Come mai hai scelto di lasciarlo praticamente senza nome? Lo vedi come una pubblicazione "minore"?

Sì, deve esserlo. Voglio che la gente non creda che sia un seguito di "Hand. Cannot. Erase", perché non lo è. E' un'uscita pensata specificamente per i fan, è una pubblicazione che definirei d'intermezzo. L'ho già fatto in passato: hai questo spazio di due o di tre anni tra due album successivi, e lo sfrutti come un'opportunità per pubblicare qualcosa. Può essere un DVD, un EP, un progetto di remix di tuoi vecchi pezzi. In questo caso la release intermedia è un intero album. Ma è un album di pezzi che, per qualche motivo, non appartenevano agli album principali. Dunque, per me la natura di "4½" è implicita nel suo titolo: non deve essere considerato il mio quinto album, è una tappa intermedia tra "Hand. Cannot. Erase" e il mio prossimo lavoro.

Da sempre la presentazione dei tuoi album è fondamentale per entrare nello spirito adatto ad ascoltarli. Che mi diresti degli artwork a corredo di "4½"?

E' stato più difficile del solito questa volta, perché le canzoni non sono connesse tra loro come tipicamente sono nei miei album. Quando hai un tema principale per un disco, è immediato sapere quale sarà l'artwork... o meglio, non è del tutto immediato, ma sai comunque che genere di cose ti aspetti di avere in copertina. In questo caso, non avevo qualcosa di preciso cui attenermi fin dall'inizio, ma ho deciso di desiderare qualcosa che riprendesse l'idea dei protagonisti di una canzone di "Hand. Cannot. Erase". Mi riferisco al pezzo "Perfect Life", che parla di due sorelle, e del rapporto, della connessione speciale che hanno nella loro adolescenza. Volevo questi due personaggi sulla copertina. E desideravo anche qualcosa che fosse, in qualche modo, al di fuori del flusso del tempo. Se guardi la copertina, è molto difficile affermare con certezza se la fotografia è stata scattata ora, oppure risale a cinquanta, o addirittura a cento anni fa. Mi piace quest'aspetto, mi piace quest'ambiguità, che dà al tutto una sensazione leggermente surreale. Una volta stabilito che questa foto sarebbe stata la copertina di "4½", ho contattato il mio designer che ha avuto l'idea, splendida, di creare una specie di simbolo utilizzando il titolo. Ne è venuto fuori questa specie di copertina esterna, da cui è tagliato via il simbolo "4½", e con la fotografia che si intravede attraverso le fessure. E' una specie di design concettuale che mi piace molto, specialmente nella versione in vinile dell'album.

 

 

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Raccontami qualcosa riguardo le tematiche che affronti nei testi dei brani su "4½". C'è qualcosa che li lega?

Tre canzoni sono strumentali, quindi ovviamente non affrontano alcuna tematica. Per quanto riguarda le altre tre... è interessante, perché provengono da ere completamente separate della mia carriera. "Don't Hate Me" risale al 1998, "Happiness III" al 2003, "My Book Of Regret" è un pezzo nuovo, come ti ho detto prima. Ma tutte hanno in comune quest'idea di solitudine, di isolamento, questa sensazione di essere persi nonostante si viva nel mezzo di una città, di essere soli nonostante si abbiano attorno milioni di altre persone. E' qualcosa che ritorna anche in "Hand. Cannot. Erase". Per cui sì, penso che ci sia una sorta di continuità tra un pezzo e l'altro, nonostante uno di essi risalga a quasi vent'anni fa. "My Book Of Regret" parla dello stesso soggetto, quest'idea dell'isolamento, della confusione e della solitudine che continuano ad aumentare, aggravato dall'uso della tecnologia, dai social network, dalla paranoia. E' una tematica che collega molto questi tre pezzi, anche se non è stata una cosa voluta. E' una cosa capitata per caso... di base, vuol dire che tendo a tornare a parlare dello stesso argomento, più e più volte.

E' stato difficile scrivere da un punto di vista femminile? Questa esperienza ti ha arricchito in qualche modo?

Per me scrivere è sempre difficile. Non so se è così per tutti, ma per me è un compito incredibilmente ostico. E specialmente i testi, sono un ostacolo durissimo per me. Passo tantissimo tempo a struggermi su come articolare le parole delle mie canzoni. Poi spesso viene fuori qualcosa di cui sono fiero, ma non è mai facile arivare a questo punto. In un certo qual modo, direi che avere in mente un personaggio molto forte rende tutto più facile. In "Hand. Cannot. Erase" avevo questo personaggio femminile principale, dovevo scrivere attraverso i suoi occhi. Anche se la cosa avrebbe dovuto essere una sfida aggiuntiva -e lo è stato- in qualche strano modo mi ha facilitato la vita.

La composizione è sempre una pratica in qualche modo dittatoriale. Scrivi musica seguendo liberamente la tua ispirazione, o tieni in considerazione i musicisti che la suoneranno effettivamente?

Ho fatto entrambe le cose. Ho scritto dischi tenendo a mente i musicisti che ci avrebbero suonato sopra, e ho scritto album tenendo in considerazione soltanto me stesso, senza pensare a chi avrebbe suonato i brani. "The Raven That Refused To Sing" e "Hand. Cannot. Erase." sono stati scritti per la mia band, ma non è sempre stato così. Per esempio, i miei primi due album non sono stati scritti in funzione di qualche specifico musicista. E ho appena cominciato a buttare giù qualcosa per il mio quinto album... o almeno, qualcosa che spero farà parte del mio quinto album, sono ancora alle primissime fasi. Ma, al momento, non sto pensando ad alcun musicista in particolare, sto solo cercando di trovare una direzione, un sound, qualcosa che sia diverso dagli album precedenti. Dipende dai casi, sicuramente posso dirti di aver fatto entrambe le cose.

switw201603Pensi che la tua priorità come musicista sia essere in studio a registrare nuovi brani, o essere su un palco davanti a un pubblico?

Sfortunatamente, se consideri soltanto l'aspetto live ignorando l'altro, finisci ad andare in giro suonando sempre le stesse canzoni per il resto della tua carriera. E ci sono un sacco di gruppi che fanno effettivamente così, andando in giro a suonare hit per tutta la loro vita. Io non sono questo tipo di musicista. Mi sento più ispirato, più felice (e anche più frustrato, perché, come ti ho detto prima, non è comunque una pratica priva di difficoltà) quando sto scrivendo, creando, producendo album. Produrre album è ciò di cui mi sono innamorato, quando tutto è cominciato: essere un produttore, un direttore d'orchestra, un autore. L'aspetto live, per me, è solamente un'estensione di ciò. Crei un album, crei una tua opera, poi la presenti a un pubblico, ai tuoi fan, in un contesto live. Ma per essere un musicista devi essere creativo, e per esserlo devi tornare in studio, scrivere, trovare nuove idee e ispirazioni fresche. In ogni caso, penso sia molto difficile separare completamente i due elementi. Fa tutto parte delle "stagioni" di un artista: passi del tempo da solo, a scrivere; poi passi del tempo in studio, collaborando con la tua band; poi impieghi tanto tempo a fare promozione, parlando con giornalisti, parlando della tua musica con altre persone, faccia a faccia; infine, passi qualche serata presentando la tua musica a centinaia di persone, tutte insieme. E' come un ciclo continuo delle stagioni, ed è una delle cose che mi piacciono di più del mio lavoro, questo continuo cambiamento di prospettiva: a volte sono solo nel mio studio, a volte sono assieme a mille fan. Non mi piacerebbe per niente essere costretto a scegliere uno solo tra questi aspetti... ma se fossi forzato a farlo, probabilmente direi che mi piace di più stare in studio.

L'esplorazione di nuovi scenari musicali è sempre rischiosa, quando è il momento di ricevere reazioni critiche per un album. Ci sono commenti alla tua musica che continuano a infastidirti?

In realtà, non leggo più i commenti della gente. Il vero motivo di questo mio rifiuto, probabilmente, è che ho letto qualcosa in passato che mi ha fatto veramente incazzare. Quindi non leggo recensioni, non leggo i commenti della gente sui social media, non leggo la mia pagina Facebook, non seguo niente di questa roba. Trovo che questo feedback sia solo un disturbo: non ha niente a che fare con l'arte, ha a che fare soltanto con le aspettative e i preconcetti dei tuoi ascoltatorei. So che c'è gente che vorrebbe che scrivessi il seguito di "Hand. Cannot. Erase". So che c'è gente che vorrebbe che tornassi a far musica coi Porcupine Tree. So di avere fan che vorrebbero che facessi più musica elettronica, o più musica metal, o più musica old school nello stile degli anni 70. Il problema è che tutti hanno idee diverse e diverse aspettative su quello che vorrebbero che io facessi, o in generale su quello che vorrebbero che i loro artisti preferiti facciano. Da artista, non puoi metterti ad ascoltare niente di tutto questo, è solo rumore. Penso che una delle cose fondamentali per essere un artista è essere incredibilmente egoisti... perché essere egoisti è la definizione stessa dell'essere artisti. Non crei delle opere d'arte per accontentare la gente, ma per soddisfare te stesso. Crei arte per mettere uno specchio tra te e il tuo pubblico, e dire "Ok, questo sono io, questo è quello che io vedo, voi vi riconoscete? Se ci riuscite, allora avete affinità con la mia musica, con la mia arte". Continuo e continuerò a fare così, e sono consapevole che ogni volta che pubblicherò un nuovo disco ci sarà qualcuno deluso dalla direzione che ho intrapreso, ma al tempo stesso ci sarà qualcuno che ne sarà completamente entusiasta. Non puoi accontentare tutti. Credo di aver superato quella fase della carriera in cui i commenti della gente ti danno fastidio... in ogni caso, non possono farlo perché non li leggo. E, in fondo, se fai arrabbiare la gente, forse vuol dire che stai facendo la cosa giusta. Se non succede, vuol dire che stai cercando di accontentare troppo i tuoi fan. E non è mai una cosa buona, almeno per me.

La definizione di "prog" si è in qualche modo cristallizzata nella forma di una riproposizione di vecchi cliché. Secondo te, ha ancora senso etichettare con questo genere la musica alternative più sperimentale? Pensi che questo termine possa essere un peso per un artista?

Sì, assolutamente. Per dire, non ho mai usato questa parola, non dico che la mia musica è progressive rock. Lo fanno gli altri. Se fosse per me, definirei la mia musica conceptual rock, art rock, o qualcosa del genere. Senti, questo è quel che penso: secondo me non è più possibile essere progressivi. Semplicemente non puoi. Non puoi creare alcun progresso, in nessun genere musicale. Il vocabolario musicale che tutti usiamo per comunicare, sia che siamo parte di una band metal, di una band country o di una hip hop, è ormai ben definito, e lo è già da parecchio tempo. L'idea stessa che nel 2015 la musica possa essere "progressiva" è insensata, secondo me. Puoi fare musica interessante, fresca, mettendoci dentro la tua personalità e dando ai tuoi ascoltatori una prospettiva inedita, diversa dal solito. Penso che si possa parlare di un sound "alla Steven Wilson", c'è indubbiamente qualcosa in quello che faccio che fa riconoscere subito che si tratta di mia musica. Ma, al tempo stesso, se analizzi a fondo il vocabolario musicale che uso per comunicare, è tutto già sentito... o almeno, dovrebbe essere tutto già sentito. Da chiunque. Non c'è niente nella mia musica che non si sia già sentito da qualche altra parte, nel passato. Quel che spero è che la mia personalità sia forte abbastanza da far percepire la mia musica come una prospetiva nuova su ciò che si è già sentito. E penso che sia quello che, oggi, tutti i musicisti fanno. L'idea di "prog" che odio veramente, è l'idea che la musica prog debba suonare come se venisse dal 1972, come una canzone dei Pink Floyd o dei Genesis di quegli anni. Come dici tu, c'è questo concetto che il prog debba essere cristallizzato in un momento storico, in un'era musicale particolare. Ma, per me, i Radiohead, i Massive Attack, gli Opeth, Aphex Twin, i Nine Inch Nails... sono tutti prog a loro modo. In un certo modo, è lo stesso processo di abuso di un termine che si è fatto con la parola "punk". Direi che "prog" o "progressive" sono diventati praticamente degli stampini per creare musica che ha una natura assolutamente "regressive".

 

 

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Gli ultimi tuoi concerti si sono tenuti in teatri. Ti senti più a tuo agio in questo tipo di location?

Nei miei tour ho sperimentato entrambi i tipi di location; anche nell'ultimo tour ho tenuto alcuni show in locali normali, con la gente in piedi, e altri in teatri con la gente seduta. Devo ammettere di trovarmi meno a mio agio nel secondo caso. Mi piace, ma mi manca la sensazione di interazione col pubblico che provi se hai un'audience in piedi che avvolge il palco, e che può manifestare il fatto che il concerto sia di suo gradimento. Perché, a volte, quando suoni in un teatro tutti sono così pacati e controllati che non riesci a capire se il concerto stia piacendo o meno. Per questo queste occasioni mi piacciono di meno. Ma mi rendo anche conto che, in un certo senso, i miei ultimi concerti, per come sono fatti adesso, si adattano meglio ad essere vissuti da seduti, perché sono composti da elementi visivi, schermate, proiezioni, c'è anche un impianto audio quadrofonico. L'obiettivo è che il tutto sia percepito come un viaggio tanto visivo quanto musicale. Per cui, capisco che i teatri sono la migliore scelta per questo tipo di concerto, ma non nascondo che -dal mio punto di vista di musicista- non mi sento a mio agio quanto lo sono in mezzo a un pubblico in piedi.

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

Ci sono ancora tante date da fare, per portare in giro le canzoni dell'ultimo album e anche di "4 1/2", che sta per uscire. Saremo di nuovo in giro a gennaio, saremo in Italia in primavera. Ci sarà tanto da suonare. E, come ho detto prima, sto giusto cominciando a sviluppare pensieri e idee sul prossimo capitolo della mia musica, sul mio prossimo progetto in studio. C'è sempre la possibilità che capiti qualche collaborazione o qualcosa del genere, ma posso dirti che le mie priorità sono la mia carriera da solista, continuare il tour, pubblicare nuova musica sotto il mio nome.

Grazie per il tempo che ci hai dedicato. Vorresti lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Vorrei giusto ricordarvi che sarò in Italia tra qualche mese: il 26 aprile sarò a Trieste, il 27 a Firenze. Questo tour sarà un po' diverso dal precedente. Suoneremo tante canzoni che non avevano trovato posto nelle ultime date, e anche qualcosa che non abbiamo mai suonato prima d'ora in Italia. Fate un salto se potete. E continuate ad ascoltarmi.




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