Carlot-ta (Carlotta Sillano)
SpazioRock.it ha incontrato la giovane Carlot-ta per parlare del suo ultimo disco, "Songs Of Mountain Stream", tutto dedicato alle Alpi, concettualmente e da un punto di vista sonora, ma anche del futuro e delle preoccupazioni che porta, specialmente quando si fa un tipo di musica che si pone nel limbo, tra mainstream e musica indipendente. Buona lettura!
Articolo a cura di Alessandra Leoni - Pubblicata in data: 08/12/14
Intervista curiosa quella a Carlot-ta, forse per il fatto che chi scrive la conosceva da qualche tempo, (soprattutto) al di là della sua carriera musicale, visto che questa conoscenza è stata fatta un po' di anni fa, ben lontano da un palco o da un locale di musica dal vivo. Ed è stato con vivo interesse che ho voluto intervistarla, con quella familiarità e complicità da "compagna di studi" e quella curiosità giornalistica che mi ha spinto a saperne di più circa una persona che, fino a quel momento, non conoscevo nella veste di cantautrice, peraltro una cantautrice molto brava ed eclettica. 
 

Chi è Carlot-ta? "È dal 2010, circa dall'inizio dell'università, che ho questo progetto sotto il nome di Carlot-ta. Il mio primo disco è uscito nel 2011 e si intitolava ‘Make Me A Picture Of The Sun', un disco uscito per caso. Io suono il pianoforte da quando sono piccola, e ho suonato la chitarra in varie band locali (Carlot-ta è di Vercelli - NdR) e ho iniziato a scrivere queste canzoni nella mia stanza, in solitudine. All'epoca c'era MySpace, che allora era uno strumento piuttosto funzionante e le ho pubblicate lì. Un'etichetta della Toscana le ha ascoltate e mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto fare un disco. Io allora non sapevo neanche che cosa volesse dire fare un disco nelle sue fasi, però ho detto loro di sì. Dopo un paio di anni di lavorazione è uscito, e nel frattempo avevo già iniziato a suonare in giro con questo progetto. Sono stata invitata al Premio Tenco prima ancora che uscisse il disco, ed è stata una buona occasione ai fini della promozione del disco, che è stato promosso molto bene rispetto alle mie aspettative, perché non ne avevo!". 

 

Con molta umiltà, una qualità molto rara di questi tempi, Carlot-ta ha raccontato che il suo disco d'esordio ha vinto qualche premio, e non proprio di poco conto: il Premio Ciampi, il Premio MEI come miglior disco d'esordio, il Premio SuperSound: "Questi premi mi hanno aiutato moltissimo a suonare in giro - credo di aver fatto attorno ai 100 concerti per promuovere quel disco, salendo su palchi molto grandi, ma anche su palchi molto piccoli. Una canzone è stata anche scelta per la pubblicità di una casa automobilistica molto grande, il che ha sempre contribuito alla promozione del mio lavoro. Al termine di questo percorso, urgeva l'uscita di un nuovo album. Avevo scritto delle nuove canzoni in inglese..." spiega. Una piccola parentesi sulla scelta linguistica del proprio materiale è doverosa: "Mi avevano suggerito di fare un disco in italiano, per accontentare una fascia di pubblico differente - ha continuato Carlot-ta - ma in quel momento non avevo quel tipo di materiale; ho deciso quindi di cambiare un po' le cose e di affidarmi a un produttore straniero, Rob Ellis (PJ Harvey e Anna Calvi, tra i tanti artisti con cui ha lavorato - NdR). Gli ho fatto sentire i provini, abbiamo lavorato insieme su quest'album, ‘Songs Of Mountain Stream', uscito il 26 Settembre". 

 

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Parlando proprio del suo secondo disco, Carlot-ta ha raccontato un po' della nascita di questo lavoro: "Questo disco è dedicato alle Alpi, come si può intuire dal titolo. Io abito a Vercelli, in pianura, in mezzo alle risaie, ma sono molto legata alla Valsesia, che ho frequentato sin da molto piccola, ci andavo in vacanza, ho una casa là ed è un luogo che cerco di frequentare appena possibile. Mi sono accorta che quasi tutto il nuovo materiale era dedicato a quella zona, quindi ho voluto fare una sorta di concept. Non solo, il nuovo album è legato a queste zone anche da un punto di vista sonoro: abbiamo effettuato delle sessioni di field recording proprio sulle Alpi, in quelle zone, e i suoni raccolti sono diventati le batterie delle canzoni del disco, ci sono dei drumkit programmati, che sono nati da queste registrazioni. È una cosa un po' concettuale, magari non si nota subito e non è subito chiara all'ascolto, ma spero che l'effetto sia originale". 

 

A quel punto, un'altra domanda da fare a Carlot-ta sorge spontanea, un quesito molto concreto, che riflette i tempi in cui viviamo: ai tempi in cui ci eravamo conosciute, aveva idea di intraprendere questo percorso da professionista? O lo immaginava solamente come un hobby da avere negli anni universitari, vissuti tra l'Università Cattolica di Milano e l'Università di Torino? "Diciamo che io spero ancora di fare la musicista. Con il passare degli anni la riflessione si fa molto più importante e impegnativa, perché prima riuscivo a fare entrambe le cose [frequentare l'università e seguire i progetti musicali] senza problemi e pensieri. Adesso che sono alla fine del mio percorso universitario, che è un'alternativa che mi sono voluta creare, perché non avevo alcuna certezza del percorso musicale che stavo affrontando, che ora è ciò che impegna la maggior parte del mio tempo, sto cercando di capire come e con quali mezzi posso affrontare questo percorso, se dedicarmi per qualche anno solo a questo, per renderla un'attività a tempo pieno". Quali sono quindi le difficoltà di questo progetto, che è diventato via via sempre più impegnativo? "La difficoltà più grande rimane il portare avanti questo progetto che non è in lingua italiana, in Italia, e di non riuscire, per il momento, a portarlo all'estero, che è una speranza che ho. Il mio progetto non è mai entrato veramente nella scena indie, tantomeno nella scena mainstream, e si è sempre trovato in un limbo. Anche se, chi ha lavorato con me nel primo disco, aveva intravisto la possibilità di lavorare a un progetto più commerciale, con un pubblico più ampio. Il problema è che alle major italiane non interessano progetti italiani in lingua straniera, proprio non investono e in più, questo mio nuovo album se vogliamo ha del materiale più difficile rispetto al mio primo disco, è meno diretto. Dunque... Adesso non so bene cosa fare, mi viene da sperare di portare il mio progetto all'estero. Un'altra difficoltà è quella della lingua, io non sono madrelingua, ho studiato inglese a scuola, e l'aiuto più grande in questo senso mi è stato dato dal produttore che è madrelingua inglese. Devo dire, però, che gli inglesi hanno un modo diverso di ascoltare la musica cantata nella loro lingua da gente non madrelingua, forse perché sono più abituati di noi, che di solito rimaniamo più spiazzati di fronte a un artista straniero che canta in italiano. Credo che per loro la parola abbia un peso diverso rispetto al peso che diamo noi".




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