The Black Angels
14/09/11 - Live Club, Trezzo sull'Adda


Articolo a cura di Alberto Battaglia
Fra i nomi del revival psichedelico degli ultimi anni, i The Black Angels, che sono di certo tra le teste di serie, propongono il rock acido con uno spirito tra i più fedeli alle origini del genere. Le tecnologie, gli effetti e le diavolerie che a fine anni Sessanta non si potevano neanche immaginare vengono assimilate e messe al servizio del Dio del trip. Il vessillo zigzagato stile visione LSD alle spalle del palco non è che il manifesto d'intenti per una band che (senza inventare nulla) promette semplicemente: "ti faremo viaggiare". E i Nostri si dimostreranno una band di parola.

I cinque individui che compogono il gruppo si presentano senza troppi fronzoli d'immagine, il cantante Alex Maas ricorderebbe un Bud Spencer in versione più minuta (barba e berretto sono proprio quelli). La musica attacca senza convenevoli e per tutto il live la comunicazione sarà solo per gli strumenti, quasi nessun dialogo col pubblico. La prima piacevole sorpresa è il superbo melange sonoro: nonostante le numerose chitarre (fino a tre in alcuni pezzi), la tastiera effettata e tutto il resto l'impatto strumentale resta sempre definito, riconoscibile nelle sue singole parti. Il risultato è un sound fluido e fluttuante: la voce è un eco, la tastiera volteggia carica di tremolo, le chitarre sono impegnate l'una ricamare frasi, l'altra a distendere droni mentre dietro incalza, costante, la sezione ritmica. Non sarà certo l'esecuzione a macchiare la prestazione della band texana. Alcuni brani sono da knock out assicurato. Supportati dalla macchina allucinogena sopra descritta alcune pasticche sonore come "Manipulation", "The Prodigal Sun" o "Young Man Dead" inducono allo spegnimento progressivo della mente cosciente. Altri pezzi rivelano un'anima puramente blues e alleggeriscono un po' il tono acido del concerto, fra questi "The Sniper", tratto dalla loro ultima fatica datata 2010: "Phosphene Dream".  Il mood fricchettone regge alla grande fino a metà concerto, oltre una sostanziale continuità a lungo andare tedia un po', complice il fatto che la scaletta perde mordente proprio sul più bello. Ciononostante il pubblico, di certo un po' di nicchia, resta in larga parte più che soddifatto.

Assistere a un concerto dei Black Angels fa un anche un effetto curioso: in un epoca nella quale i simboli della perdizione del '68 sono più amarcord che bandiere di riti collettivi, ci si ritrova a simulare una situazione che purtroppo o per fortuna non esiste più, ossia l'esperienza del trip collettivo. La musica c'è, l'atmosfera, le luci... Tutto è al punto giusto, ma adesso la vera protagonista è la passione che unisce attorno a questo spirito d'altri tempi un pubblico che, semplicemente, gioca a fare  l'hippie per una notte.


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