Chris Cornell - Songbook Tour
25/06/12 - Castello di Udine, Udine


Articolo a cura di Simone Vian


Alle 19.15 un muro di pioggia in autostrada ci ha fatto pensare al peggio, ma controllando il sito di Azalea arriva la conferma: a Udine ha smesso e il concerto si terrà!


Dopo un breve giro turistico in questa bellissima città friulana, verso le 21.10 affrontiamo velocemente la salita che porta dentro al castello di Udine fino al suo piazzale. Una location magica, con una vista fantastica di tutta la città dall'alto, che da ai concerti un'aura molto particolare: sembra di essere davvero isolati, tra le nuvole, a godersi la musica senza distrazioni, staccandosi per 3 ore dal resto del mondo.


Sul palco c’è già il supporter Paul Freeman, in piedi, con asta microfono, chitarra e nient'altro... La sua voce brillante e perfetta basta e avanza, peccato per la scarsa attenzione del pubblico che in parte sta ancora arrivando o cercando, biglietto alla mano, l'esatta ubicazione del proprio posto a sedere con l'aiuto di gentilissimi "tutor". Concluso il suo breve set sale sul palco uno degli organizzatori, saluta e ringrazia Freeman, presenta il programma del festival internazionale Udin&Jazz 2012 di cui il concerto in oggetto fa parte ed annuncia una "breve attesa" di circa 20 minuti per lo show di mr. Cornell. Sul palco un amplificatore (testata e cassa valvolare, suppongo), un comodo e particolare "seggiolone" rivestito di pelle, 5 o 6 chitarre, tutte acustiche tranne un paio di elettriche (queste ultime, tuttavia, non verranno usate), un tavolino con sopra una consolle (si rivelerà essere un vero giradischi per vinili, utilizzati come basi per un paio di brani).


Poco dopo le 22 ecco arrivare Chris Cornell, semplice come lo show che intende proporre: jeans e maglia nera con cappuccio, capelli al vento, punta diretto al pubblico delle prime file, sorridendo e salutando. Pochissime parole d'introduzione, imbraccia subito una delle acustiche e parte con i primi brani senza perdere tempo. Da solo con la sua caratteristica voce ruggente cattura subito l'attenzione di presenti, quasi tutti piuttosto silenziosi e concentrati. Tuttavia, come i tempi moderni ormai ci hanno abituato, sembra che metà siano fotografi e video maker: tra macchine super performanti ed iPhone e simili è tutto un alzare le mani e pigiare tasti, flash e videoregistrazioni varie. Alcuni dei tutor e degli addetti alla sicurezza faticano a contenerli, girando tra le sedie a redarguirli. Personalmente non condivido questo affanno a "cogliere l'attimo" con suddetti mezzi, preferisco imprimere nella mente e nel cuore le sensazioni e le emozioni irripetibili che la tecnologia non può ancora catturare e sostituire, ma sicuramente con il buon senso si possono trovare compromessi soddisfacenti.


Dopo i primi brani temo sinceramente per la buona riuscita del live, poichè Cornell non si risparmia nelle parti di gola, abusando, e in qualche punto esagerando, delle proprie corde vocali (come fa anche con quelle della chitarra su certi finali "super grattugiati"). Fortunatamente le mie paure sono infondate e mi devo ricredere: il leader dei Soundgarden si dimostra professionista e performer eccellente, un cantante di mestiere che sa giocare senza farsi male con la potenza roca della sua voce, portandola da un estremo all'altro: dalle urla laceranti che scossero Seattle a metà anni '80, a parti calde e avvolgenti, permettendosi anche escursioni verso il falsetto senza mai sbagliare una nota. Per gli amanti degli unplugged rock una serata didattica, oltre che estremamente emozionante.


I brani sono tratti uniformemente dai suoi dischi solisti e quelli con le varie band (come il progetto Audioslave con gli ex Rage Against The Machine), ma è il blocco Soundgarden/Temple Of The Dog che fa saltare dalla sedia e battere forte il cuore, che rompere il silenzio e finalmente riesce a far cantare alcuni dei presenti a squarciagola, sottoscritto compreso. I brani dei Soundgarden sono ancora perle rare, "Feel on Black Days" e "Black Hole Sun" riscuotono tanti applausi non solo dai nostalgici del grunge, ma è "Hunger Strike", dall’ indimenticabile tributo di Cornell insieme a membri dei Pearl Jam (il supergruppo e disco omonimo Temple Of The Dog appunto, uscito nel 1991) in memoria di Andrew Wood (leader dei Mother Love Bone, scomparso prematuramente per overdose - evento tragico che ha segnato gli inizi dell'epopea grunge) a farmi commuovere e luccicare gli occhi (un'allucinazione collettiva vorrebbe l'apparizione di Eddie Vedder, per cantarla come da versione originale). Anche i brani tratti dall'ultimo disco ufficiale dei Soundgarden, "Down On The Upside" del '96, mi sono particolarmente piaciuti, nonostante non li ascoltassi più da anni (uno dei tanti album ancora in Audiocassetta che conservo ancora in cantina) mi sono tornati subito in mente, e li ho trovati melodicamente molto attuali e impreziositi nella versione acustica.


È proprio dopo un particolarissimo finale, con delay in feedback e sovrapposizioni di chitarre in loop di "Blow Up The Outside World" che il nostro eroe fa la classica uscita, ritornando dopo 5 minuti dai fan entusiasti per gli ultimi 20 minuti di bis: un altro paio di suoi brani e qualche cover arrangiata con gusto ed omogeneità con il resto della scaletta (tra cui spicca una sentita "Imagine" di John Lennon). Come cantano gli Iron Maiden, mancano 2 minuti a mezzanotte, e Chris ci ringrazia velocemente e ci raccomanda di prenderci cura di noi stessi, lancia la chitarra al backliner e sfila via tra le mura del castello, come un moderno moschettiere chiamato ad affrontare un'altra battaglia. Noi ringraziamo lui per averci ricordato che qualora sia vera l'affermazione “il Grunge è morto", lui di certo gode di ottima salute, ed ha ancora buone carte da giocare.




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