Il Live Music Club di Trezzo sull’Adda per quest’anno ha decisamente scelto di fare le cose in grande in chiusura di stagione, accontentando, nello specifico, gli amici metallari, specialmente quelli più nostalgici ed ancorati a leggende musicali che, oggi, presentano colori sbiaditi rispetto alle tonalità sgargianti che li caratterizzavano in passato. Jon Oliva’s Pain è il nome principale sul cartellone, ma forse è meglio definire il tutto più un festival, visto che il main act avrà ben quattro band a supporto.
Si comincia presto, alle 19:30, quando puntualissimi salgono sul palco i Belgi Max Pie, fautori di un power metal melodico piuttosto classico con voce squillante che risalta soprattutto grazie alla perfetta resa sonora del locale, e si prosegue immediatamente con il metal maggiormente progressivo – anche venato di folk – dei nostrani Kingcrow, dove a risaltare sono soprattutto le movenze ambigue del frontman Diego Marchesi, perfetto nella resa vocale, ma ancora acerbo nella tenuta di palco.
Passa così poco più di un’ora, ed ecco che il programma comincia a prendere maggiore consistenza (in “notorietà”, quantomeno) quando, per l’ennesima volta, a scaldare il palco del Live arrivano i Clairvoyants. Autori del recente “The Shape Of Things To Come”, la band comasca si dimostra molto cresciuta, soprattutto nella capacità di tenere il palco di Gabriele Bernasconi che, seppur senza rinunciare a molti movimenti da eredità di cover band (ancora attiva!) degli Iron Maiden, si dimostra comunque più raffinato ed efficace. A proposito della Vergine di Ferro: nessuna cover in setlist, ma solo composizioni originali, come è giusto che sia.
Cambio di palco leggermente più corposo, ed ecco che, proprio prima del main act, ci pensa il power metal sanguigno e rugginoso dei White Skull a farci ricordare per chi siamo riuniti stasera. L’ultima volta che sono stato testimone di un live della band vicentina fu nel 2008, quando la vocalist Elisa De Palma sostituì Federica De Boni, oggi di nuovo in formazione a portare il suo timbro vellutato come la cartavetro ad accompagnamento, anche in questo caso, di un disco fresco di uscita rispondente al titolo di “Under This Flag”. Si diceva che i White Skull sono stati il perfetto antipasto perché, di tutti i live proposti sinora, quello dei Nostri è lo spettacolo che riesce a catalizzare maggiormente l’attenzione di un pubblico che, tra le fila delle sue circa 500 unità, dimostra di avere numerosi proseliti del power metal più puro ed ottantiano.
Al termine del concerto dei White Skull, il pubblico impaziente comincia ad accalcarsi attorno al palco del Live, sul quale viene montato un pianoforte a coda bianco che fa scintillare gli sguardi di molti – sottoscritto compreso – nonostante si tratti unicamente di una simpatica scenografia atta a racchiudere il classico piano elettrico che, da molti eoni a questa parte, viene suonato dal buon Oliva. L’impazienza è molta poiché in questa serie di concerti estivi dei Jon Oliva’s Pain, il buon Mountain King ha deciso di riportare onstage quel disco che, nel 1987, costituì una sorta di seconda partenza per i Savatage - la band dei fratelli Oliva oramai definitivamente sciolta, per chi non lo sapesse - una sorta di nuovo inizio di una corsa che poi, disco dopo disco, ha di fatto consacrato la band di Tampa tra le leggende dell’heavy metal per quel pubblico che, ricettivo, ne ha saputo assaporare i frutti. Si parla, ovviamente, di “Hall Of The Mountain King”, ed è viva la curiosità di tutto il pubblico di sentire oggi, nel 2012, riproporre questo classico degli anni ’80 da una formazione completamente nuova.
Bene, cominciamo col dire cosa non c’è stato martedì scorso sul palco del Live di Trezzo, ovvero: Jon Oliva ed i Savatage. Per quanto riguarda Jon, è risaputo che l’immenso (nel vero senso della parola: oramai, temo siamo arrivati nei dintorni dei 200kg di peso) vocalist non è più dotato del timbro squillante di un tempo, e che le ultime date degli ultimi tour sono state in balia di esibizioni dagli esiti alquanto incerti. Non fa eccezione questa, dove già dall’iniziale “Gutter Ballet” si avverte l’affanno, l’incapacità di tenere il tono, la furbizia nel far intervenire sistematicamente il pubblico nei passaggi più difficili, evitando scalate divenute oramai improponibili. Una performance talmente incerta (anche se decisamente più convinta nella parte finale dedicata esclusivamente ad “Hall Of The Mountain King” – quasi come se la prima parte di setlist fosse stata meramente un allenamento per la voce), che lo sconcerto e la perplessità governavano gli occhi di chi ha avuto modo di vedere non dico i Savatage in azione, ma anche i primi Jon Oliva’s Pain (qui rinnovati nella formazione anche per cause di forza maggiore, come la recente scomparsa del chitarrista Matt LaPorte). Non c’erano i Savatage perché proponendo un repertorio al 90% basato sulla discografia dei Savatage, fa specie trovarsi di fronte una band che fa di tutto per emularla, col solo Jon Oliva come unico elemento di autenticità e di continuità col passato, creando uno strano senso di “straniamento” tra noi “anziani”. Ad aggiungere benzina al fuoco, l’impianto audio del Live Club, perfetto ed impeccabile nei suoni come suo solito fino al concerto dei White Skull compreso, è "sbroccato" nei bilanciamenti proprio durante la portata principale della serata, proponendo volumi troppo alti che hanno portato non solo le nostre orecchie a ronzare fastidiosamente nel post-concerto, ma anche ad un impasto chitarra-basso-batteria che, di fatto, ha seppellito il pianoforte di Oliva in molte occasioni, e per chi conosce le composizioni di Jon questo atto è una violenza forse maggiore che martoriare le chitarre.
Ciò detto, quello che invece è stato abbondante martedì sera è il cuore. Il cuore di Jon Oliva, che ha suonato per due ore filate, senza risparmiarsi, istrionico e giocoso col pubblico come sempre, restituendo una scaletta che – al di là delle preferenze personali – è stata a dir poco totalizzante e completa (un brano dei Dr. Butcher, per dire!). Talmente completa, che da noi “Hall Of The Mountain King” è stato suonato praticamente tutto, e questo è un lusso che non so in quante altre occasioni è stato concesso. Quindi, il cuore di un pubblico che è stato a dir poco commosso e partecipe, con almeno quattro generazioni di metallari che si sono ritrovate tutte unite su brani che sono oramai dei classici, ed è a questo punto inutile star qui a scrivere che, durante la conclusiva “Believe”, a momenti veniva giù il locale dalla potenza del coro, tanto che i membri della band sono accorsi a prendere fotocamere e smartphone per immortalare l’evento.
In conclusione, la serata con cui diciamo arrivederci alla programmazione in-house del Live di Trezzo stagione 2011-2012 è stata caratterizzata da forti chiaroscuri: il sottoscritto ha partecipato all’evento col deciso intento di cavalcare il forte vento della nostalgia di un’epoca che non c’è più (l’adolescenza) sulle note di una band che, chiaramente, oramai non c’è più (i Savatage). Probabilmente, sperare in un trionfo assoluto è stata solo un’ingenua e vana illusione…
P.S. Le magliette dei Jon Oliva’s Pain che rivisitano l’artwork di “Hall Of The Mountain King” come fosse roba loro sono una cosa che davvero non si può vedere. Figurarsi venderle.
Setlist Jon Oliva’s Pain:
01. Gutter Ballet (Savatage)
02. Edge Of Thorns (Savatage)
03. Sirens (Savatage)
04. Don’t Tlak To Me (Dr. Butcher)
05. Power Of The Night (Savatage)
06. Festival (Jon Oliva’s Pain)
07. Tonight He Grings Again (Savatage)
08. Ghost In The Ruins + guitars solos (Savatage)
Hall Of The Mountain King performance (Savatage)
09. 24 Hours Ago
10. Beyond The Doors Of The Dark
11. Legions
12. Strange wings
13. The Price You Pay
14. White Witch
15. Devastation
16. Prelude To Madness
17. Hall Of The Mountain King
Encore:
18. Medley: All That I Bleed + Believe