Hydrogen Festival 2012 - Wolfmother
11/07/12 - Anfiteatro Camerini, Piazzola Sul Brenta (PD)


Articolo a cura di Simone Vian

Anche Jimmy Page è un loro grande sostenitore ed ha addirittura dichiarato "Se volete vedere come eravamo negli anni '70 (riferendosi ovviamente ai Led Zeppelin), ascoltatevi i The Answer.”. Sono proprio questi quattro nord-irlandesi ad aprire le danze stasera all’Anfiteatro Camerini, davanti ad un pubblico attento ed entusiasta, in lento ma costante aumento, poiché sono appena le 21 e lo show è già cominciato da alcuni minuti. Anche agli AC/DC non devono essere dispiaciuti, visto che se li sono portati come opener per 118 date (in Nord America, Europa e Asia) nell’ultimo tour, esperienza incredibile e più unica che rara per una band rock&roll.

La band si presenta compatta, suonando al centro del palco e ne utilizzano in pratica metà, essendo già presente la numerosa e variegata backline dei Wolfmother (vari amplificatori per chitarra e basso, synth e organi vari, percussioni, ecc...), fedeli agli stilemi dell’hard rock classico cui si rifanno in tutto e per tutto (arrangiamenti, suoni, atteggiamento sul palco, ecc...), tanto che il frontman ricorda davvero Robert Plant, con la sua folta chioma rossa al vento. Il loro set fila via liscio come la colonna sonora del film “Quasi Famosi” a cui spesso mi fanno pensare, con tanta energia Seventies che non disdegna qualche “pausa” più soft e moderna (vedasi il brano “Rise”, recentemente ri-arrangiato e suonato con la Ulster Orchestra).

Dopo un cambio palco di circa 20 minuti, alle 22:05 entrano in scena gli attesissimi Wolfmother. Sul palco vi è anche Elliott Hammond, quinto elemento aggiunto che si dimena come un forsennato tamburellando col suo cymbalo in mano, rivelandosi nel corso della serata un vero e proprio asso nella manica, capace di destreggiarsi tra cori, percussioni conga, maracas, armonica a bocca, synth, ed organo. Il leader Andrew Stockdale ed il bassista Ian Peres sembrano dei freak aborigeni dal tipico capello crespo e riccio, mentre il jolly ed il secondo chitarrista Vin Steele sembrano esser spuntati dai Pink Floyd epoca Syd Barrett (non a caso nel loro sound si percepisce chiaramente una certa dose di psichedelica lisergica); infine il drummer Hamish Rosser da lontano ricorda un muscoloso Russel Crowe!

La partenza dello show non è esattamente delle migliori, con problemi tecnici al sistema di monitoring audio sul palco che non spariranno mai completamente, irritando non poco Stockdale in più d’una occasione. A parte vederli gesticolare con i fonici sul palco, gli australiani hanno comunque suonato magnificamente e reso giustizia alla loro fama. Segnaliamo anche un pubblico particolarmente caldo, forse oltre quello che ci si poteva aspettare, davvero coinvolto ed entusiasta, segno che la scena rock & stoner in Italia è molto viva.

Come se non bastassero i problemi tecnici, anche il meteo ci mette del suo, col vento che comincia ad aumentare e nubi minacciose che coprono il cielo sopra di noi, tanto da far interrompere il concerto alle 22:30 per 20 minuti buoni: un organizzatore sale prontamente sul palco e ripete più volte di spostarsi verso la zona tribune per essere al sicuro in caso di peggioramento ulteriore.

Tornati sul palco, i Wolfmothers ripartono alla grande con le hit “Woman”, “New Moon Rising” e la psichedelica “White Unicorn”, e si percepisce l'essenza dei Black Sabbath nei riff e nelle classiche ritmiche care allo stoner, di cui i Nostri propongono una personale versione luccicante e moderna. Il concerto termina con il frontman che, leggermente alterato a causa di un problema tecnico alla sua chitarra, scaraventa questa a terra, lancia un flight case dietro la batteria e butta a terra la testata con un calcio, sembrando per un momento Pete Townshend o Kurt Cobain. Dopo l’inchino e gli ultimi saluti, Stockdale distrugge la 6 corde di Vin e ne distribuisce le varie parti agli spettatori delle prime file.

Nonostante i problemi che hanno attanagliato i musicisti per buona parte del tempo, è stata una serata di puro rock, una lezione su come esser padroni del palco e su come infervorare a dovere la platea. Ancora una volta, i Wolfmother non deludono le aspettative.




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