The Stone Roses - Reunion 2012
17/07/12 - Ippodromo di San Siro, Milano


Articolo a cura di Alberto Battaglia

Alcune personalità, dopo la propria scomparsa, diventano oggetto di culto e la loro opera leggendaria. La scomparsa è però una premessa necessaria a questa canonizzazione; e quando questa lascia spazio a un ritorno che nessuno si sarebbe mai aspettato, quel ritorno appare  ai fedeli come una vera e propria resurrezione e quella comparsa come la loro Pentecoste. A quindici anni dallo scioglimento gli Stone Roses avviano il tour della nostalgia, fra l'incredulità e i dubbi su questa loro reunion, ma anche tanta attesa. Il pubblico che ieri sera ha popolato l'Ippodromo milanese non era certo lì per caso: per la maggior parte è stata la prima possibilità per vedere questa band di culto dopo anni, anni e anni.


Già solo per questa eccezionalità il concerto era già un evento ancor prima di iniziare, e  ancor prima della musica è forse proprio quel trasporto totale del pubblico, dall'inizio alla fine, a fare di questa reunion una festa, una comunione. Loro, d'altronde, sono i padri di molte cose di quegli anni Novanta britannici che, fra alti e bassi, hanno caratterizzato con le loro melodie le classifiche e i tormentoni di un decennio. Il brit pop, il Madchester Sound, i balli e le nostalgie di un epoca che continua ad appassionare nonostante il proprio spirito conservatore, sono presenti nelle massime espressioni nel loro debutto: "The Stone Roses", del 1989. La voglia di sentire quelle canzoni suonate dai loro creatori era quindi tanta e, per fortuna, non è rimasta delusa da una performance scadente.


Mani, Reni e John Squire si confermano in grado di onorare la bontà che registrarono tanti anni fa; Ian Brown si conferma più macchietta che cantante. Musicalmente, del resto, il motore degli Stone Roses sono -ancor più dal vivo- basso e batteria, di cui la band possiede due fra i più personali e ispirati specialisti dei rispettivi strumenti. I cori del pubblico tanto intonano le linee di basso quanto lo scuotimento generale è mosso dall'irresistibile groove delle ritmiche. A Squire spetta poi, oltre al merito capitale di aver scritto diversi capolavori, la versatilità e il gusto di una chitarra hendrixiana. Probabilmente, poi, se non fosse che mezzo concerto è stato cantato dal pubblico, le note carenze vocali del frontman sarebbero pesate notevolmente di più, sebbene, per quanto stonato, Ian Brown abbia fatto scuola e proseliti proprio attraverso quel suo stile biascicato e apatico che ha puntalmente riproposto ieri sera. Ovviamente i proverbiali balletti da orsetto, le pose e lo charme da tossicodipente lo aiutano a tenere il palco simpaticamente anche durante le sessioni strumentali. E' durante una di queste il punto più alto di tutto il concerto: circa quindici minuti di medley "Fools Gold-Driving South" spiattellano sui presenti una tale maestria di gusto e stile tale da strappare applausi a scena aperta e, alla fine, un' enorme ovazione. Ebbene sì: gli Stone Roses sanno ancora suonare e bene.  Dopo quel colpaccio è un crescendo d'energia e di spirito, in un susseguirsi di canzoni-manifesto come "Waterfall", "Made of Stone", "She Bangs the Drums": ben calibrata, per quanto ovvia, la scelta di privilegiare gli estratti dal primo album.  In effetti la band non deve fare altro che replicare piuttosto fedelmente gli originali per soddisfare il suo pubblico: poche ma ben pensate le svisature su un tema che nasceva perfetto e che, in fondo, rende bene proprio com'è nato. Gli Stone Roses, inoltre, sembrano divertirsi molto mentre suonano esorcizzando dunque il dubbio di una reunion che sarebbe potuta essere una fredda farsa a mero scopo di lucro.


E' stata una conferma più che una rivelazione: il concerto, da manuale da "I Wanna Be Adored" a concludere con "I Am Resurrection" riporta in vita quello che fino a ieri era solo mitologia. Questo toglierà qualcosa alla loro aura leggendaria? Forse, ma la gioia regalata al pubblico che li aspettava vale bene tutto quel pezzo di fascino che acquisiscono le cose belle, quando sono perdute per sempre.




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