Muse European tour 2012
16/11/12 - Unipol Arena, Bologna


Articolo a cura di Annalisa Russo

Recensire il concerto del proprio gruppo preferito è sicuramente un lavoro arduo (riuscire a rimanere obiettivi nelle questioni di “cuore”), e lo è sicuramente ancor di più per qualcuno il cui lavoro principale è quello di cogliere l’attimo con un’immagine e non di descrivere un flusso continuo con le parole. Forse la mia recensione sarà un tantino diversa (forse molto) rispetto a quelle che siete abituati a leggere sul sito, e forse sarà come una storia raccontata seduti in coda in attesa dell’apertura dei cancelli.


Comincia proprio così questa storia, il 16 novembre scorso, in quel di Bologna per il concerto dei Muse all’Unipol Arena. È una delle prime fredde mattine di quest’inverno ormai alle porte, mi avvio verso il luogo del concerto prima del solito per prendere un buon posto ed attendere con molta pazienza l’apertura dei cancelli prevista per le 18.30. Tanti giovanissimi sono in fila già dalle prime ore del mattino, qualche audace ha passato la notte in un sacco a pelo. Facce infreddolite, occhi assonnati, ma già colmi di entusiasmo e di adrenalina: per molti di loro è il primo concerto della band del Devon. Le ore passano tra chiacchiere sulle evoluzioni musicali dei Muse o con racconti (come questo) e aneddoti; tra qualche polemica per chi era prima e chi dopo durante la fila, finalmente arriva l’agognata apertura dei cancelli. Ecco il momento della corsa per il posto migliore davanti alla transenna: urla, emozioni, la contentezza di chi arriva per primo. Raggiungo un gruppo di amici conosciuti proprio quella mattina e mi piazzo in terza fila: non male! Felice, ora ci si sente al sicuro, non più all’addiaccio e al freddo, ma all’interno del palazzetto, con la sensazione che niente possa più dividerci dal concerto.


Dopo non troppo tempo salgono sul palco gli Everything Everything, band rock-pop inglese. La folla si accalca e comincia a scaldarsi. Alcuni cantano le canzoni a memoria, altri rimangono indifferenti. Certo è che in un altro contesto avrebbero avuto maggiore attenzione: quaranta minuti buoni di show conditi da una buona performance purtroppo poco seguita dal pubblico presente. Solo quando annunciano “Last two songs” il pubblico sembra risvegliarsi dal torpore, dopo tante ore di freddo all’esterno.


Appena ultimato il non troppo rapido cambio palco (anche per permettere ai vari video maker sparsi in ogni dove di prendere posto), ecco che la pedaliera di Matthew Bellamy prende posto, ed un boato urlante si eleva dal pubblico. I Muse salgono sul palco, ed il concerto inizia con “Unsustainable”, canzone dell’ultimo album ‘The 2nd Law’, assolutamente perfetta per aprire le danze. Bellamy e soci sembrano decisamente carichi: proseguono con “Supremacy”, canzone molto amata dai fan di vecchia data, e “Hysteria”. La piramide rovesciata, il grande effetto speciale di questa tournée (i Nostri sono famosi per le loro scenografie “magalomane”, come le giudicano i più) comincia ad aprirsi in discesa, gli schermi brillano di mille luci e mostrano diverse immagini, ed un divertente mostriciattolo violetto danza sugli schermi della piramide sulle note di “Panic Station”.


Il pubblico canta a squarciagola quasi tutte le canzoni, ma una certa delusione serpeggia nella sottoscritta quando su “Falling Down”, pezzo dei primissimi Muse, quasi tutto il parterre si ammutolisce e sembra basito dinanzi canzoni ai più sconosciute. Si prosegue intervallando lo show con pezzi dell’ultimo album e pezzi più vecchi, ma di alcune perle come “Bliss” o “Stockolm Syndrome”, (brani che poi i Muse hanno invece concesso al pubblico di Pesaro il giorno dopo) a Bologna non è stata trovata traccia alcuna. Matthew e Christopher si spostano tra i vari pulpiti a destra e sinistra del palco, mentre Matthew sporadicamente si sposta verso la passerella centrale. Arriva dunque il turno di Christopher, il quale canta uno dei due pezzi dell’album che portano la sua firma : “Liquid State”. Il momento di “Madness” vede una folla in delirio soprattutto nel momento di cantare il ritornello “I need your love”. Chi è affamato del vecchio repertorio ha finalmente ristoro non appena iniziano a vibrare le note di “Plug In Baby”, seguita da una “New Born” spesso assente nelle varie date europee: l’intero palazzetto è in delirio, anche i fan più giovani cantano a squarciagola e si dimenano. Il concerto vede la sua fine con “Survival”, canzone scritta per le Olimpiadi di Londra. Scelta, questa, che lascia un po’ d’amaro in bocca a chi pensa che come chiusura sarebbe stata più idonea “Knights Of Cydonia”, posta invece subito prima.


Tirando le somme, i Muse sono un gruppo sempre decisamente spettacolare in sede live, con scenografie maestose e sbalorditive, ma la scelta di puntare molto sul repertorio più recente potrebbe non accontentare alcuni, in particolare i fan di più vecchia data.

Scaletta:

01. Unsustainable
02. SUpremacy
03. Hysteria
04. Panic Station
05. Resistance
06. Super Massive
07. Animals
08. Explorers
09. Falling Down
10. Time Is Running Out
11. Liquid State
12. Madness
13. Follow Me
14. Undisclosed
15. Plug In Baby
16. New Born
17. Isolated System
18. Uprising
19. Knights Of Cydonia
20. Starlight
21. Survival




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