Slayer + Newsted
19/06/13 - Alcatraz, Milano


Articolo a cura di Marco Ferrari

I motivi per rendere speciale il concerto degli Slayer a Milano erano senza dubbio molteplici. Vuoi per la curiosità di vedere la nuova creatura di Jason Newsted in azione, vuoi per la prima italiana di Araya e King dopo la scomparsa di Jeff Hanneman, le premesse per rendere interessante la calda serata milanese non potevano che solleticare l’appetito dei fan del thrash metal più violento e aggressivo.

 

In un Alcatraz piacevolmente climatizzato ci pensano i Newsted a scaldare gli animi dei presenti in un locale che, inizialmente semi deserto, si è andato a riempire in maniera consistente man mano che le canzoni si susseguivano. Dare un giudizio sul concerto della neonata band americana non è certo semplice in quanto il disco d’esordio dei Newsted uscità ad agosto, ma la proposta musicale, nonché la solita grinta dell’ex bassista dei Metallica, hanno reso il concerto decisamente piacevole. Di questa sorta di “premiere” dal vivo del nuovo disco si sono senza dubbio fatti apprezzare i pesantissimi riff cadenzati che vanno a confezionare brani potenti, ma sempre orecchiabili. Il gran finale con l’accenno a "Creeping Death" e "Whiplash" hanno reso totalmente rovente il pubblico che  ha a lungo applaudito la band alla fine del concerto.

 

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Dopo una mezz’ora di soundcheck finalmente si spengono le luci e tutto è pronto per gli Slayer che partono subito forte, suonando senza interruzioni una serie di brani di rara brutalità e bellezza. A partire dall’opener “World Painted Blood” fino a “War Ensemble” la macchina da guerra californiana non da pause. Araya è in forma e si sente e la presenza di Gary Holt sul palco è semplicemente mostruosa. Il leader degli Exodus non solo è un chitarrista di livello superiore, ma ha apportato  un suono di chitarra che, pur correndo il rischio di essere impopolare, non posso che considerare il migliore mai espresso dal vivo dagli Slayer (ndm: Holt era già presente nell’ultima edizione italiana del Big 4, ma a parte rare eccezioni, il sound nei locali è decisamente più caldo e coinvolgente rispetto ai festival). Se da una parte del palco Gary Holt pare impeccabile, dall’altra King mette la solita grinta, ma paga qualche dazio in termini di pulizia sonora. Molti dei presenti inneggiano prima a Gary Holt e poi al compianto Hanneman, ma non c’è coro o urlo che possa fermare gli Slayer i quali, tra un sorriso di Araya e l’altro, continuano a investire i presenti con tutta la loro violenza. Brani come “Seasons in the Abyss”, “Hell Awaits” e “Chemical Warfare” non hanno certo bisogno di presentazioni, ma è con “Raining Blood” che l’Alcatraz si trasforma in una bolgia fatta di pogo selvaggio, birra e sudore. Tra un riff assassino e i continui virtuosismi alla batteria del figliol prodigo Paul Bostaph si arriva velocemente all’encore, all’inizio del quale viene svelato uno sfondo che, richiamando ad una nota marca di birra, rende omaggio e onore a Jeff Hanneman. Come da tradizione con “Angel Of Death” gli Slayer si congedano da un pubblico in completa estasi e ancora stordito dalla violenza con cui è stato investito.

 

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Inutile nascondere che gli interrogativi della vigilia sollevati da molti fan degli Slayer sull’attuale  formazione, hanno incendiato più di una discussione. Certo la perdita di Hanneman (sia dal punto di vista musicale che personale) non può e non deve passare inosservata e l’ennesimo addio di Lombardo ha privato la band del miglior batterista thrash in circolazione, ma i sostituti (se così possiamo chiamare musicisti di questo calibro) non solo hanno retto l’ingombrante confronto con la storia della band, ma anzi hanno dato una marcia in più alla band californiana, mai così concreta, aggressiva e pulita nei suoni. Superata in maniera encomiabile la sfida in sede live ora la palla passerà in studio per vedere se Araya e King hanno ancora la forza di regalarci musica di alto livello, ma per questo bisognerà aspettare.  




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