Agent Fresco - Destrier European Tour
24/11/15 - The Craufurd Arms, Milton Keynes


Articolo a cura di Alessio Sagheddu

E' solo un biglietto per un concerto, in fin dei conti. Lì appeso al quadretto degli scontrini e dei discount TescoExpress, non ha aspettato altro che esser riconosciuto e timbrato dal tizio corpulento all'entrata del The Craufurd Arms. E' rimasto lì appeso quando, dall'altro lato della manica, è successo quel che è successo. E' rimasto appeso, pronto addirittura ad accogliere la notizia che annunciava l'annullamento delle date europee degli Agent Fresco. E' rimasto appeso quando sconsigliavano di farsi trovare in luoghi fin troppo aperti ed anche quando, dall'Italia, arrivava la dissuasiva telefonata che solo una madre sa fare. E' rimasto lì quando la data milanese dei Five Finger Death Punch è stata annullata per un assurdo giochetto di falsi allarmismi.


E' stato solo un biglietto per un concerto.
Forse, qualcosa di più.
Lo stesso biglietto che ci riportava sotto un palco dopo i fatti parigini.
Non importa quando sia tumultuosa la nostra routine, un colpo di questa portata condiziona tutto, tiene la mente fin troppo impegnata, a tratti spezzetta il respiro. Perché nonostante i controlli più minuziosi del solito, l'ingresso al The Craufurd Arms è stato uno dei più tranquilli. Perché nonostante il bisbigliò che nominava spesso "Bataclan" e via dicendo, ognuno sembrava essersi ripreso la sua libertà, la sua musica. Eravamo di nuovo tutti lì, per un solo scopo. Lo stesso scopo che ci avvolge senza distinzione alcuna a quelle persone che una volta varcato il Bataclan, aspettavano solo di pendere dalle chitarre degli Eagles Of Death Metal.


Arnór Dan Arnarson, è uno spilungone non difficile da notare. Come non accorgersi di uno del genere, se poi con la disinvoltura che solo un cantante ha, riprende a piena voce il ritornello di uno dei brani degli A Perfect Circle che risuona in sala. In fondo, voleva solo ordinarsi una birra. Le candele, qualche birra per l'appunto e l'atmosfera sempre accogliente del locale ci accompagnano alla “main venue”, dove il primo supporting act sta per salire sul palco. Ritroviamo sul palco i Voices From The Fuselage, gruppo inglese con alla voce l'ex TesseracT Ashe O'Hara, a cui spetta l'arduo compito di scaldare una sala ancora pressoché vuota. Si tratta di una mezz'ora di buona musica capitanata sempre dall'espressiva voce del cantante inglese e terminata con una “A Principle God”, punta di diamante del debutto “Odyssey: The Destroyer Of World”. Alla sala si è aggiunta qualche altra anima quando Ashe e la sua band lasciano il palco, ma c'è qualcuno che è sempre stato qui. Pare uno strano personaggio, uno strano personaggio che ne ha passate tante. Seduto su di uno sgabello, continua a riordinare una pila di album e vinili non appartenenti al merchandising della band islandese. Stringe una chitarra abbastanza vecchiotta e quando si appresta a salire sul palco, sembra parecchio nervoso. Jonah Matranga sa quel che dice, sa quel che racconta e senza troppi scrupoli canta le sue sfortune musicali, la perseveranza che lo ha portato a vivere di sola musica. Attraverso una serie di cover e brani potenzialmente geniali cattura l'attenzione per poi spostare il riflettore sugli album a cui l'intera sala ha preferito l'introspettivo artwork di “Destrier”. Ma è un riflettore genuino, indipendente: “I miei album non hanno prezzo. I miei album guadagnano gli ultimi spiccioli del vostro portafoglio, oppure i sorrisi. Ascoltatemi, dormirò a sonni tranquilli per un solo cenno alla mia musica”. Tre album di Jonah Matranga scalpitano nel mio zaino.

 

 

Il tempo d'attesa è pressoché nullo, gli Agent Fresco sono già sul palco. Non è una data sold-out. Le anime presenti a questo concerto si possono contare, una ad una. Lo stesso Arnór ci stringe a sé, sembra quasi che loro siano venuti per noi e non noi per loro. A travolgere è ogni respiro, ogni pausa musicale, ogni movimento e l'aria smossa a sua volta. Le luci illuminano loro, come anche noi. Sembra d'esser tra amici, così intimo e “stretto” che ogni canzone assume aspetti ancora più introspettivi a tal punto da essere travolti, una volta dopo l'altra. Travolge il piano dell'iniziale “Anemoi”. Travolge la frenesia di “Howls”. Travolge la forza, l'espressività di “Silhouette Palette”. Quando arriva il momento di “Pyre”, un lieve coro avvolge il cantato di Arnór che lascia l'intero ritornello a noi della folla per poi intraprendere il terzetto “Wait for Me” e “A Long Time Listening” e “Implosions”. “See Hell” è sicuramente la più rabbiosa dell'intera setlist, introdotta da qualche parola da parte del singer, dove spiega come una notte sia stato aggredito da due sconosciuti senza ragione apparente. Il siparietto in cui racconta che la nonna, una volta saputo dell'aggressione al nipote, sia andata a cercarli urlando “now I need to cut their throats”, smorza sicuramente il momento. “Dark Water” e “Eyes of a Cloud Catcher” rappresentano invece la parte più appropriata per la fine di questa nottata che forse non avrà fruttato fior di sterline ma sicuramente ha lasciato i pochi presenti con un sorriso e la sincera consapevolezza d'aver ancora libertà musicale, personale e umana nello stare sotto ad un palco.

 

 

Setlist:


Anemoi
He Is Listening
Howls
Silhouette Palette
Pyre
Wait for Me
A Long Time Listening
Implosions
Bemoan
See Hell
Angst
Dark Water
Eyes of a Cloud Catcher
The Autumn Red




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