Alice In Chains - Tour 2018
10/07/18 - CarroPonte, Sesto San Giovanni (MI)


Articolo a cura di Cristina Cannata
Si ringrazia Sophia Melfi per la collaborazione.
 
La serata di martedì a Milano aveva un qualcosa di diverso da quelle delle ultime settimane: il cielo era di un grigio più chiaro rispetto al solito e un piacevole venticello rinfrescava l'aria con delicatezza. E poi c'erano gli Alice In Chains

Direttamente da Seattle, arrivati alla seconda e ultima tappa italiana del loro tour 2018, la band torna a Milano per condividere, come sempre, di sensazioni plurime. Supportati dalla conviviale cornice del CarroPonte, anche ieri Jerry Cantrell e compagni si sono assicurati che il loro concerto fosse perfettamente in linea con quello che si propongono di offrire. Gli show degli Alice In Chains son sempre così, c'è poco da fare: sono delle serate tra amici - tra tantissimi amici - in cui ogni testa racconta una storia, ne filtra le emozioni e le passa agli altri, in un clima di perfetta condivisione. Proprio così, come funziona la musica. 

Già pochi minuti dall'apertura porte, dopo la consueta corsa alla prima fila, si può notare l'eterogeneità del pubblico: allegre famiglie tutte con tanto di maglia coordinata a tema, ragazzi giovani, ragazzi meno giovani con un bel po' di capelli bianchi, chi è arrivato in camicia perchè non ha fatto in tempo, chi invece si è preparato per benino in puro stile grunge, coppiette felici, amici già mezzi ubriachi e persino qualche passeggino. 
 
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Ad inaugurare questo magico inizio di serata ci sono i Rival Sons con tutta la potenza travolgente del loro blues rock che oramai ha travolto e conquistato i palchi di mezzo mondo. I ragazzi di Long Beach non fanno i timidi e subito sbattono in faccia ai presenti tutta l'energia del loro sound, rotondo e impetuoso, saturando l'aria di una tensione emotiva che non tiene ferma neppure una parte del corpo. Lo show procede a ritmi incessanti, in una cavalcata che è un crescendo continuo. Jay Buchanan si conferma essere uno showman completo: riceve attenzioni e dà attenzioni, in un bilanciamento perfetto, sostenuto da Scott Holiday, dalle pelli di Mike Miley e dalle ditate di Baste. 

Le 21.30 arrivano in un batter d'occhio e senza neanche rendersene conto siamo già pronti per gli Alice In Chains: prendete posto e godete della musica. 

Magicamente si palesano, nel mezzo di un gioco di luce insistente, Jerry Cantrell, Mike Inez e Sean Kinney, seguiti a ruota da William DuVall. Il primo tocco di basso è  quello di "Rain When I Die", brano nostalgico atteso, sognato e sudato da tutti i presenti, accompagnato da un boato che rimbomba in tutta la venue e che dà ufficialmente il via ai giochi. E, se a Padova, "Dirt" si era fatto desiderare, questa setlist sembra aprirsi come un vero e proprio elogio all'album più conosciuto della band. Con un'energia travolgente, DuVall gestisce l'indomabile coro che si scatena nel celebre ritornello: "I think it's gonna rain when I die." Seguono "Them Bones" e "Dam That River" che incendiano letteralmente il pubblico. È uno scambio reciproco e sincero quello che avviene ad ogni singolo concerto degli Alice in Chains attraverso l'unico e potente medium che è la musica. Ed è probabilmente questa la più grande differenza con gli altri gruppi grunge. Il pubblico degli Alice In Chains è accuratamente selezionato, gli si è addirittura richiesto uno sforzo per comprendere e interpretare album affatto semplici, dal ritmo cadenzato, lento, ma così coinvolgente che diventa impossibile, per chi conosce a fondo il gruppo, non innamorarsene follemente. 
 
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La platea è ormai in visibilio e la scaletta procede come una vera e propria lode alla carriera della band e un caldo invito a non toccar terra coni piedi: la folla salta su e giù, senza la minima intenzione di fermarsi. Cantrell, dal suo, con la sua chitarra non fa altro che infervorare la situazione: assoli magistrali e tocchi sublimi. Kinney, dietro le pelli, non si annoia un secondo, così come Inez è lì pronto a scaraventare ditate sul proprio basso. DuVall sfodera il meglio di sè, braccia sempre alzate e volte verso il pubblico, nel tentativo di assorbire tutta l'energia che può. Questo è rock. "Come va Milano? Vi state divertendo?" Mai domanda fu più azzeccata sul far di "Hollow", masterpiece di "The Devil Put Dinosaurs Here". In questo caso la calma segue la tempesta con "Down In A Hole" in cui l'atmosfera richiama malinconicamente sfumature viola e rosa scolorite dal tempo. Ascoltando quegli arpeggi iniziali, alcune lacrime rigano ed illuminano i volti di tante anime fragili che si riconoscono nello straziante ritornello del brano, rigorosamente versione unplugged. Ad accendere lo spirito dei presenti, "No Excuses", il brano promessa di Cantrell al fratello Layne Staley:" You my friend, I will defend, and if we'll change well I love you Anyway." È di nuovo la chitarra acustica a padroneggiare il palco e incantare tutti sulle note dell'inaspettata "Your Decision". Dalle sinfonie acustiche ai potenti riff di "Stone" il passo è breve. Solo due sono i repertori di "Facelift": tra questi, non poteva di certo mancare "We Die Young" che infiamma la platea. 
 
"This song is for Layne and Mike" , non serve presentazione alcuna al manifesto poetico degli Alice In Chains, "Nutshell", che incanta e fa sognare un passato irraggiungibile. L'energia del pubblico è incontenibile, non può arrestarsi. Casca a pennello "Man In The Box", il cui ritornello è urlato all'unisono da tutti, come in una sorta di grido liberatorio: "Feed my eyes, can You see them shut?".
 
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Giusto qualche minuto di buio prima che la band torni sul palco, c'è ancora tempo per qualche perla: la nuova "The One You Know", seguita dalla rarissima "Got Me Wrong". Il concerto sta per concludersi, è il turno di "Would?", in cui a farla da padrone sono i potenti bassi di Inez accompagnati dalla ritmica incalzante di Kinney a cui poco prima era stata regalata una maglietta, gettata da un fan sul palco, che recava scritto: "Sean Fuckin Kinney", appunto. Inutile una qualsivoglia descrizione sull'assolo di Cantrell che risplende di luce propria. La magia termina con "Rooster",  c'è chi si asciuga le lacrime, chi ride incredulo... Gli Alice In Chains guardano il pubblico, si fermano, sorridono e si compiacciono: ci sono riusciti anche questa volta, a travolgere, a coinvolgere, a far condividere empaticamente emozioni di quel calibro a migliaia di persone.
 
Setlist:
Rain When I Die
Them Bones
Dam That River
Check My Brain
Again
Hollow
Last Of My Kind
Down In A Hole
No Excuses
Your Decision
Stone
We Die Young
Nutshell
Heaven Beside You
Man In The Box
 
Encore:
The One You Know
Got Me Wrong
Would?
Rooster



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