Dopo quasi due anni in cui la musica dal vivo ha dovuto subire una violentissima crisi, entrare al Bay Fest ha rappresentato un primo attesissimo ritorno alla normalità. Nonostante l'intera serata si sia svolta all'insegna di esibizioni acustiche basate sul sing-along, a Igea Marina era presente tutto quello che ci si aspetterebbe da un festival punk-rock di fine agosto sulla spiaggia: karaoke, tornei di beer pong, un gruppo (i Punk Goes Acoustic di Andrea Rock) che suona i classici del punk-rock internazionale durante gli intervalli tra un'esibizione e l'altra sul palco principale, giochi da tavolo, surf meccanico e tante persone con una voglia matta di tornare a pogare e a divertirsi. Inoltre, è stata allestita all'interno una mostra fotografica curata da Arianna Carotta dal titolo "We Are The True Believers".
Per quanto riguarda il palco principale, la seconda serata del festival ha avuto inzio con l'italian punk-rock karaoke e con l'esibizione della Tony Sly Tribute Band, un duo che rende omaggio all'ex leader del gruppo punk-rock No Use For A Name, venuto a mancare prematuramente quasi 10 anni fa, all'età di 41 anni. Dopo una convincente esibizione di circa mezz'ora da parte della tribute band di Tony Sly e una pausa abbastanza breve, sul palco è salito Olly Riva, fondatore e storica voce del gruppo ska punk italiano Shandon.
Il cantante lombardo ha proposto una scaletta composta principalmente dai maggiori successi degli Shandon in versione acustica (tra cui "Viola", "Placebo Effect", "Ruvida" e "Noir") e da qualche pezzo scritto da solista, in particolare una canzone nuova di zecca in inglese - e suonata dal vivo appena 5 volte - dedicata a suo nonno, venuto a mancare poco più di un anno fa a seguito di una battaglia contro l'Alzheimer. Riva ha saputo coinvolgere egregiamente i presenti raccontando anedotti della sua vita, dei vecchi tour con la sua band, del suo rapporto con i membri dei Punkreas e di quella volta in cui suo nonno è tornato a piedi dalla Russia, dove è stato "spedito per ammazzare gente agli ordini di Mussolini", prendendo in prestito le parole dello stesso Riva. Oltre a ciò, dal punto di vista tecnico, l'esibizione del cantante degli Shandon, caratterizzta da una discreta carica emotiva, è stata pressoché impeccabile: Riva ha lasciato il palco dopo circa un'ora tra gli applausi di un pubblico visibilmente entusiasta per lo spettacolo a cui aveva assistito.
La serata è proseguita con l'ospite internazionale del festival, Joey Cape, frontman dei Lagwagon. Esattamente come chi l'ha preceduto, anche Cape si è esibito in uno show acustico, accompagnato però dall'amico tastierista Tobias. Il cantante americano ha portato pezzi da tutto il suo repertorio da solista e ha esplicitamente messo in chiaro di voler suonare solo tre canzoni dal suo ultimo album, "A Good Year To Forget" (2020), tra cui la title-track del disco. Anche in questo caso, si è trattato di un set molto godibile e le sbavature sono state pochissime. Il pubblico ha apprezzato l'esibizione, tant'è che alla fine ha chiesto a gran voce al cantante americano di concedere un bis che però non c'è stato, quasi sicuramente per una questione di orario.
Si è conclusa in questo modo una serata all'insegna di brevi concerti acustici di qualità, con un pubblico di aficionados provenienti da tutt'Italia - tant'è che Joey Cape ha ammesso di aver riconosciuto qualche volto familiare - che è riuscito comunque a passare una serata piacevole nonostante le limitazioni imposte dalla situazione sanitaria attuale. Nonostante questo, e nonostante l'assenza di chitarre distorte, il Bay Fest ha fatto rivivere per qualche ora quelle sensazioni magnifiche di divertimento e spensieratezza tipiche dei festival rock all'aria aperta che sono mancate per quasi un anno e mezzo. E, date le circostanze, questo basta e avanza.