Firenze Rocks - Day 4: Ozzy Osbourne + Avenged Sevenfold + Judas Priest & more
17/06/18 - Visarno Arena, Firenze


Articolo a cura di Simone Zangarelli

Mentre il settimo e ultimo giorno della Creazione Dio si riposò dalle opere compiute, il quarto ed ultimo giorno di Firenze Rocks non si è risparmiato proprio nulla. Dopo aver portato sul palco nomi giganteschi del peso di Foo FightersGuns N Roses ed Iron Maiden come si poteva chiudere il festival in modo migliore? Soltanto con la presenza di due metal gods (per questo il paragone biblico risulta spontaneo) come Ozzy Osbourne e i Judas Priest. E come se non bastassero due colossi della musica sullo stesso palco, la scaletta prevede anche i Tremonti, progetto parallelo del chitarrista degli Alter Bridge, e Avenged Sevenfold, nome tra i più in vista nel panorama metal degli ultimi 15 anni.

 

L'aria già incandescente della Visarno Arena si surriscalda ancora di più quando, nel primo pomeriggio, fanno il loro ingresso gli svizzeri Amphitrium, gruppo dall'anima extreme metal, con alle spalle quasi 20 anni di attività. Grazie ad un potente scream, all'inserimento della tastiera e all'energia trasmessa dai pezzi del loro primo LP, "Scarsache", il gruppo ticinese riesce a farsi apprezzare anche da un pubblico non prettamente vicino al death metal. In una mezz'ora gli Amphitrium risvegliano l'audience a colpi di ritmiche indiavolate e lo preparano alla prossima performance.

 

Alle 16.00 in punto appaiono i Tremonti, band capitanata dal chitarrista e cantante Mark Tremonti, freschi di pubblicazione, lo scorso 8 giugno, del nuovo "A Dying Machine", mentre la data di Firenze rappresenta la prima tappa del nuovo tour. L'inizio con "Bringer Of War" ha i tratti dell'alternative metal, dove il basso roboante ribolle sulle ritmiche percussive di Garrett Whitlock alla batteria. La folla reagisce bene all'esibizione: applaude, scuote la testa, si diverte. Mark Tremonti sul palco appare sicuro, le parti di chitarra solista, non adeguatamente bilanciate come volumi rispetto al resto, sono ben eseguite, però poco incisive (al contrario di quelle di chitarra ritmica), ma è durante gli assoli che viene dimostrata tutta l'abilità tecnica dell'ex Creed. In "Another Heart" si ritrova il carattere più thrash metal della band, in aggiunta ad un'ottima armonizzazione delle voci. Caratterizzati da attacchi potentissimi, buoni assoli e riff, dalla voce profonda di Mark Tremonti e da un'insostituibile sezione ritmica, anche i pezzi più complicati girano con grande fluidità, come l'imponente "Radical Change". Verso la fine Tremonti chiede il pogo del pubblico sulle note di "Wish You Well". Anche se nel complesso l'intera performance non risulta estremamente coinvolgente, a causa di alcune canzoni troppo recenti per essere conosciute dal grande pubblico, e per la posizione in scaletta immediatamente precedente ai Judas Priest, i Tremonti hanno messo in piedi uno show di buon livello.

 

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Quando finalmente il parterre comincia a riempirsi compaiono gli attesissimi Judas Priest che calcano con maestosa solennità il palco del Firenze Rocks. Caldo e fatica spariscono al loro arrivo. Sebbene la formazione abbia subito diverse modifiche nel corso degli anni, basta la sola figura di Rob Halford a rappresentare oltre quarant'anni di carriera di una band leggendaria, che, insieme alla presenza di Ian Hill al basso, costituiscono il perno dei Judas Priest, soprattutto dopo i problemi di salute di Glenn Tipton. Per loro si tratta della prima data italiana dopo la pubblicazione del recente "Firepower", di cui eseguono la title track come apertura. Fin dai primi secondi è chiaro che il livello tecnico della band è elevatissimo, forse, per la difficoltà dei pezzi e la resa dal vivo, anche più di altre band coeve come Iron Maiden. La voce di Halford è semplicemente perfetta. Seppur in alcuni momenti risente della stanchezza, l'iconico frontman appare talmente concentrato da non sbagliare nemmeno una nota, alternando 3 registri vocali con la disinvoltura che solo un professionista di quel livello possiede: dal falsetto alla voce più profonda, sembra che siano presenti tre cantanti diversi sul palco. Con "Grinder" (unico brano eseguito in scaletta tratto da "British Steel") i Judas Priest tirano fuori un sound di una potenza incredibile, e quando parte "Turbo Lover" il pubblico canta l'intero pezzo come un inno di battaglia. La chitarra di Faulkner è infiammata, la precisione di tutti gli elementi è quasi sconcertante. Durante "Bloodstone" le ritmiche di chitarra insieme al riff di basso sono così potenti da arrivare come un pugno nello stomaco. Quando si pensa di aver raggiunto l'apice, la portata del sound riesce ad arrivare addirittura oltre in "Tyrant", dove l'uragano di suoni culmina nella strofa cantata a velocità folle da Halford. Alla fine di "You've Got Another Thing Comin'" anche Scott Travis si cimenta in un assolo di batteria da capogiro, mentre l'esibizione (sicuramente troppo breve per il pubblico che continua a chiedere altri pezzi) termina con "Painkiller" fra il boato della folla che segue Halford, rientrato sul palco a bordo di una Harley-Davidson, nei suoi vocalizzi. La voce sembra registrata e l'assolo di chitarra è tagliente, diretto, fluido. Con un set indimenticabile, i Judas Priest danno prova di come sia possibile avere i brividi anche se la temperatura supera i 30 gradi. In una parola? Sensazionali.

 

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Impossibile fare di meglio. Agli Avenged Sevenfold l'arduo compito di suonare fra due divinità della musica moderna senza uscirne schiacciati. Così fanno il loro ingresso in scena gli A7X con la loro "The Stage", tratta dall'omonimo disco, e il pubblico è in delirio. Davvero tantissimi i fan accorsi a Firenze per assistere al ritorno della band nel nostro paese dopo il Rock In Roma di 4 anni fa. M. Shadows e i suoi sul palco sono scatenati, saltano da una parte all'altra, incitano il pubblico a fare baldoria e ci mettono molta passione dimostrando un vero amore per il nostro paese. La batteria di Wackerman e il basso di Johnny Christ sono il vero fulcro del gruppo anche se i volumi di quest'ultimo e della gran cassa coprono molto gli altri strumenti conferendo un sound molto scuro all'intera esibizione. Con "Hail To The King" parte il pogo fra i fan che cantano a squarciagola. Le capacità tecniche di Synyster Gates alla chitarra non sono all'altezza dello spettacolo offerto in precedenza, soprattutto durante le parti strumentali, mentre invece si dimostra più abile nel finger picking. Un omaggio video al compianto The Rev introduce "So Far Away", scritta proprio in occasione del compagno deceduto nel 2009, accompagnata dall'invito di Shadows a vivere ogni attimo. Tra le fiammate della scenografia e il sole che lentamente comincia a tramontare sulla Visarno Arena, gli Avenged Sevenfold chiudono la loro esibizione sulle note di "Unholy Confessions" chiedendo al pubblico il moshpit finale, così si apre una voragine fra il pubblico e i fan più scatenati iniziano a girare a ritmo di musica. Dunque missione compiuta a metà per gli Avenged, che riescono a coinvolgere il pubblico in modo perfetto, ma non a catturare completamente l'attenzione dell'intera platea con la loro musica. D'altronde la posizione in scaletta non era la più semplice da gestire.

 

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Quando il cielo di Firenze si incendia di rosso e le tenebre cominciano ad infittirsi, iniziano a susseguirsi le immagini sui maxischermi: prima un bambino, poi un ragazzo, e poi i fotogrammi di una carriera da far impallidire chiunque e, alla fine, la scritta "OZZY". Poi dal nulla quella voce inconfondibile: "Are you ready to go fucking crazy?...Let me hear you're going crazy!" ed il Principe delle Tenebre appare tra le grida della folla. Occhi pesantemente truccati di nero, aspetto ricurvo e sguardo assatanato, "The Oz" porta in scena l'unica data italiana dela sua ultima tourneé, "No More Tours 2". Alle sue spalle una gigantesca croce richiama non un semplice palcoscenico, ma un santuario apprestato per il manifestarsi di una divinità. L'inizio scatenato con "Bark At The Moon" lascia presagire che lo spettacolo non sarà un semplice concerto, ma un'esperienza ultraterrena. Zakk Wylde "siede (o meglio, suona) alla destra" della divinità del metal. Pupillo ed amico di Ozzy, il celebre chitarrista dei Black Label Society accende l'arena ad ogni nota, il suo tocco è magistrale ma soprattutto la precisione nella mano destra crea ritmiche massicce. Il pubblico acclama il suo Principe con un coro da stadio "olè olè olè, Ozzy Ozzy..." e l'artista appare molto divertito, agita le mani come un direttore d'orchestra senza bacchetta e annuncia "Mr Crowley", con quello spettrale organo introduttivo. La voce regge l'intonazione perfettamente, l'attitudine è quella di un ragazzo di 30 anni e le goffe movenze rafforzano l'immagine della rockstar stramba ed estremamente carismatica che, con un solo gesto della mano, riesce a far urlare cinquantamila persone contemporaneamente. Tre i brani presi in prestito dai suoi Black Sabbath: "Fairies Wear Boots", la leggendaria "War Pigs" (durante la quale addenta un pipistrello di plastica laciatogli da un fan) e, nel finale, "Paranoid", canzone simbolo di tre generazioni di metallari. Da "No More Tears" a "Crazy Train" a "Shot In The Dark", il Madman rispolvera i decenni di carriera solista non meno intensi degli anni coi Sabbath. Il merito di uno show così divertente però non è solo di Ozzy e Wylde, che percorre tutta la transenna suonando con la chitarra dietro la schiena o con i denti durante il medley strumentale, ma anche degli altri musicisti. In particolare della precisione di Rob Nicholson al basso e della tecnica di Tommy Clufetos, che sfodera un assolo di quasi 10 minuti al cardiopalma, simile ad un terremoto.
La scaletta di un'ora e mezza ripercorre una vita artistica fatta di decine di successi, durante la quale Ozzy Osbourne si mostra in forma smagliante, tanto da muoversi freneticamente da una parte all'altra del palco, ricevendo da ogni dove l'affetto di un pubblico in adorazione.

 

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Divinità del rock nei panni di un uomini mortali sono approdate domenica, il giorno sacro ai cristiani, sul palco del Firenze Rocks e, come per una santa messa, decine di migliaia di fedeli hanno preso parte alla formazione del mito, durante uno dei festival italiani più importanti degli ultimi anni. Una cosa è certa: il 17 giugno 2018 rimarrà una data scolpita nella mente di molti.

 

SETLIST Ozzy:


Bark at the Moon
Mr. Crowley
I Don't Know
Fairies Wear Boots (Black Sabbath song)
Suicide Solution
No More Tears
Road to Nowhere
War Pigs (Black Sabbath song)
Miracle Man / Crazy Babies / Desire / Perry Mason
(Instrumental medley + Zakk Wylde guitar solo)
Drum Solo
I Don't Want to Change the World
Shot in the Dark
Crazy Train
Mama, I'm Coming Home
Paranoid (Black Sabbath song) 




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