Frontiers Rock Festival IV
29/04/17 - Live Club, Trezzo Sull'Adda


Articolo a cura di Marilena Ferranti

Un weekend all'insegna della musica live, un festival come nessun altro in Italia, e tra i migliori in Europa, una venue di alto livello, uno staff di professionisti encomiabile e un bill stratosferico. Gustatevi quanto avete condiviso con noi, o quel che non avete potuto godervi in prima linea, di questa quarta edizione del Frontiers Rock Festival, con tutte le impressioni del pubblico e le nostre valutazioni, in attesa che le performance di Tyketto, Steelheart, Unruly Child, LA Guns e TNT, che sono state registrate live, vengano rilasciate su DVD per Frontiers. Inoltre, alcune canzoni dei Revolution Saints, registrate live, verrano incluse come bonus tracks nel loro secondo album già in fase di lavorazione e in uscita a ottobre.

 

DAY 1

 

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Il Live Club apre le sue porte in perfetto orario e l'affluenza di pubblico è sorprendentemente buona fin dalle prime ore dello show; un bel sole splende su Trezzo sull'Adda, cittadina in provincia di Milano che per due giorni (tre se contiamo il pre-show di venerdì sera riservato al pacchetto VIP proposto dall'etichetta) si è trasformata nella capitale internazionale del rock.

 

PALACE

 

Primo live act in cartellone è la neonata formazione svedese che prende il nome dal frontman Michael Palace, autore e chitarrista già noto a Frontiers per le sue collaborazioni con First Signal, Cry of Dawn, Kryptonite e Toby Hitchcock. La lineup è completata da Rick Digorio alla chitarra, Marcus Johansson alla batteria e Soufian Ma'Aoui al basso. Un inizio di festival a dir poco disastroso; Palace delude il pubblico con una performance vocale ben al di sotto delle aspettative e dell'entusiasmo dei presenti. Fin dai primi pezzi, il frontman appare in chiara difficoltà nel gestire la voce al punto che il pubblico storce il naso e in molti preferiscono spostarsi all'esterno. Il set si chiude quindi con timidi applausi e vari commenti negativi tra i presenti. Peccato, soprattutto per una band giovane che avrebbe potuto sfruttare molto meglio l'occasione di presentarsi al grande pubblico (per esempio assoldando un turnista per eseguire live dei brani in cui le tastiere fanno la parte del leone) e ci dispiace assegnargli il premio come peggior esibizione del festival.

 

ONE DESIRE

 

Si prosegue con i One Desire, giovanissimi finlandesi. Nel 2012 li avevamo conosciuti come OD, poi con l'arrivo di Jimmy Westerlund (Negative, Sturm Und Drang, Joel Madden dei Good Charlotte, Pitbull, ecc.) e la voce di André Linman si sono riproposti. I ragazzi eseguono un piacevolissimo ed elegantissimo set basato sul loro disco di debutto seppure senza picchi di grinta e con poco carattere. Aspettiamo di rivederli live per formulare un giudizio più approfondito, ma per il momento il loro repertorio è ancora povero di hit.


CRAZY LIXX

 

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Eccoci ai Crazy Lixx, anche loro freschi di release. "Ruff Justice" è anche il primo album della band con la nuova line up che vede Chrisse Olsson e Jens Lundgren alle chitarre. Un set che spazia dai pezzi meno recenti alle hit più riuscite come "21 Till I Die", "Wild Child", "Girls Of The 80s", la bellissima "Heroes Are Forever" e "Hell Raising Women" accendono finalmente il pubblico. La festa può cominciare. Assolutamente gustosi, potenti, coinvolgenti e bravi a tenere il palco, applauditissimi dal pubblico, tra i primi del day 1 nella classifica di gradimento.


ECLIPSE

 

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Gli Eclipse sono una band che è ormai di casa a Milano, e sul palco del Live di Trezzo, nonché una di quelle formazioni che non desterebbero mai il dubbio di proporre uno show di basso livello. Musicisti eccezionali, una voce, quella di Erik Mårtensson, che non perde un colpo e regala infinite emozioni. Assolutamente apprezzati i pezzi di "Monumentum" che hanno occupato gran parte della scaletta e confermato quanto ci si poteva aspettare ascoltando il disco. "Vertigo", "Never Look Back", "Downfall Of Eden" le più cantate. Una sorpresa meravigliosa il duetto inaspettato con Michele Luppi (Secret Sphere, Whitesnake) su "Jaded" e l'intermezzo acustico con un breve ma intenso medley tratto dagli album precedenti all'ultimo - davvero d'effetto la versione inedita in questa veste più soft di "Wide Open". Altrettanto inaspettata la scelta di eseguire un pezzo come "Hurt", ballad ad alto rischio di arresto cardiaco, così struggente e intensa, apprezzatissima dal pubblico che si è sciolto in una momentanea valle di lacrime. Davvero uno spettacolare set, tra i migliori del primo giorno.

 

REVOLUTION SAINTS

 

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Ed eccoci ad uno dei momenti più attesi dai fans: la prima esclusiva performance live dei Revolution Saints. Tre leggende del rock come Deen Castronovo (Journey, Ozzy Osbourne e Bad English), Jack Blades (Night Ranger e Damn Yankees) e Doug Aldrich (Dio e Whitesnake), il talento tutto italiano di Alessandro Del Vecchio e un album uscito nel 2015 che ha riscosso ovazioni ed elogi dagli intenditori più affezionati dell' AOR internazionale, col contributo di alcuni ospiti del calibro di Arnel Pineda (attuale voce dei Journey) e Neal Schon (chitarrista dei Journey). Unici nei dell'esibizione forse la poca coesione (comprensibile dato che si tratta del loro primo concerto) e qualche problema di diffusione per la voce di Castronovo che per i primi tre pezzi non giungeva distintamente al pubblico delle prime file, ma un grandissimo show. Un set spettacolare e all'altezza dell'album, tutti i brani sono stati eseguiti magistralmente, con un Blades tarantolato, un Aldrich infuocato e un Castronovo superbo. Che dire di Alessandro del Vecchio alle tastiere? Il suo songwriting e il suo contributo vocale hanno reso quello che sembrava un progetto estemporaneo destinato a rimanere "solo un disco" qualcosa che sta prendendo forma in una meravigliosa esperienza sonora, e visto che i 4 sono già al lavoro su nuovi pezzi per la prossima release, ci auguriamo di ascoltare al più presto il nuovo capitolo. Memorabile l'uscita di Blades che a fine set scherza: "Ho due notizie, una buona e una cattiva. La cattiva è che per ora queste sono le uniche canzoni che abbiamo scritto... la buona è che tutti noi abbiamo suonato in altre band!" E via di Whitesnake, Journey e Damn Yankees. Non poteva andare meglio per i fans, un'indimenticabile conclusione di esibizione.

 

TYKETTO

 

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E' il momento dei vincitori assoluti del giorno uno, la band che moltissimi aspettavano di vedere dal vivo e una delle performance vocali più straordinarie dell'intera edizione 2017 insieme a quelle di Martensson (Eclipse), Matjievic (Steelheart), Castronovo (Revolution Saints) Lars Säfsund (Lionville), Tony Harnell (TNT). Sapevamo che avrebbero suonato tutto "Don't Come Easy", album del 1991 che rappresenta una vera e propria pietra miliare per la band e per gli amanti del genere. Dieci tracce perfettamente bilanciate, una ricchezza sonora sbalorditiva, una band in stato di grazia e una folla in delirio. A detta di molti la miglior band del festival, non possiamo che concordare. Danny Vaughn è riuscito a percorrere il palco in lungo e in largo come una pantera a caccia, con quei suoi lunghissimi capelli neri e una grinta disarmante. Li abbiamo ascoltati e cantati proprio tutti, il Live Club sembrava aver esaurito gli angoli e le bolle d'aria respirabile, e godersi dal vivo una perfomance di questo livello ci ha fatto sentire tutti un po' privilegiati. "Lay Your Body Down", "Wings", "Walk On Fire", la potentissima "Burning Down Inside", l'ondata di commozione incontenibile su "Standing Alone" e l'inno indiscusso "Forever Young" eseguiti alla perfezione e completamente dal vivo (forse la band con meno basi pre-registrate insieme agli L.A. Guns) hanno reso questo set il mattatore indiscusso della prima giornata del festival. Un po' meno entusiasmante la scelta di eseguire in chiusura di scaletta un paio di pezzi più recenti tra cui "Reach", primo singolo del nuovo album. Forse, per dichiararlo a tutti gli effetti, il concerto perfetto sarebbe stato con "Forever Young" eseguita in loop come gran finale.


STEELHEART

 

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Gli Steelheart, attesissimi headliners del day 1, non hanno purtroppo entusiasmato al 100%. Sarà stato l'eccesso di presunzione di un Michael Matijevic vocalmente impeccabile e potente ma tristemente poco empatico (le movenze sguaiate non hanno certo aiutato...) o forse la scelta di una scaletta inaspettatamente priva di senso, con pochi dei pezzi che tutti si sarebbero aspettati di ascoltare e alcune irriconoscibili versioni snaturate dei capolavori come "Blood Pollution" e "She's Gone" e "Everybody Loves Eileen". La freddezza del pubblico (e l'affluenza ben inferiore a quella vista con Eclipse e Tyketto) si è sciolta solo sull'ultimo pezzo, "We All Die Young". Nel complesso una performance assolutamente inferiore a quella della band che li ha preceduti, nonostante le acrobazie di Matijevic sul bancone del bar e i suoi pettorali gonfi sotto la camicia stirata che hanno comunque fatto tremare le ginocchia alle donne appostate in transenna... resta l'amarezza, per quanto si tratti di artisti estremamente talentuosi, per non aver potuto godere di una scaletta che desse il meritato risalto alla loro musica, amata da molti, e un diverso approccio col pubblico.


In conclusione una spettacolare prima giornata, con un pubblico in gran parte internazionale, sicuramente soddisfatti tutti i presenti anche grazie alla particolarità di un evento durante il quale non solo la qualità del bill proposto soddisfa tutti i palati più esigenti, ma è perfino possibile incontrare da vicino tutti gli artisti che si esibiscono e bersi con loro una birra al sole.

 

 

DAY 2 

 

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CRUZH


I primi a calcare le assi del palco sono i Cruzh, che nascono dalle ceneri degli svedesi TrashQueen, in cui militavano Anton Joensson (chitarra e backing vocals) e Dennis Butabi Borg (basso). Dopo alcune misteriose release online come la debut song "In a Blink Of An Eye," e "Stay", esce per Frontiers il loro album di debutto. Un songwriting un po' immaturo e un'esibizione non esattamente da spettacolo pirotecnico hanno contribuito a lasciare il tempo ai presenti di bere il caffè prima del resto del pomeriggio.

 

LIONVILLE

 

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Secondi in ordine di apparizione, ma tra i primi del secondo giorno in ordine di gradimento, i Lionville, band (e che band!) tutta italiana eccezion fatta per il vocalist Lars Safsund. "A World Of Fools" è il terzo album dei Lionville e il loro debutto per Frontiers Music. Stefano Lionetti & Co portano in scena l'eleganza e la pulizia di un set che solca i mari del rock con incedere impetuoso. Dai tasti pesati alla sezione ritmica, dai cori poderosi ai riff di gran classe, non ci sono momenti bassi in questa esibizione, e il pubblico elogia i musicisti con scroscianti e meritatissimi applausi facendo quasi commuovere gli artisti. Davvero ottima esibizione; nonostante la risaputa mancanza di occasioni live la band ha portato a casa uno show di altissimo livello e Lars Säfsund entra, a detta di tutti, nella top 5 delle migliori performance vocali dell'intero festival.

 


ADRENALINE RUSH

 

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Se dopo la prima giornata pensavamo che non potesse esserci performance più deludente di quella dei Palace, era solo perché non avevamo ancora visto quella degli Adrenaline Rush. Ma andiamo con ordine. Il premio per il miglior outfit (tra frange, lacci ed extensions), miglior hairstyling, make-up e sinuosità va senza ombra di dubbio alla meravigliosa Tåve Wanning. Davvero una bellissima ragazza che però ha offerto una performance vocale a dir poco imbarazzante, con il pubblico combattuto tra il mettere in salvo le orecchie o godersi la sua presenza scenica con gli occhi. In assoluto la peggior band del day 2.

 

KEE MARCELLO

 

Per fortuna è il momento di Kee Marcello, guitar hero e membro degli Europe dal 1986 al 1992, che ha da poco pubblicato il nuovo album "Scaling Up". Un lavoro dalle sfaccettature interessanti e mai banale, con toni a tratti dark e intensi, a tratti più scanzonati e ammiccanti. Una performance come prevedibile di altissimo livello, anche se sarebbe interessante ascoltare gli stessi pezzi con un interprete vocale diverso dietro al microfono. Marcello si sa, non è un cantante, ma riesce a dare la giusta intensità ad ogni brano perfino quando ci regala pezzi storici del repertorio Europe ("Girl From Lebanon", "Superstitious", "The Final Countdown"). In scaletta anche alcuni dei suoi nuovi brani, e il pubblico ringrazia. Non la miglior performance di Marcello mai vista ma sicuramente degna di tutti gli applausi che il pubblico ha voluto regalargli.


UNRULY CHILD

 
Arriviamo finalmente al tanto atteso ritorno degli Unruly Child, leggendario quintetto fresco di release "Can't Go Home". Dall'uscita dell'acclamato album "Unruly Child", i membri della band hanno percorso strade di successo nel mondo della musica. Marcie Michelle Free, uno dei più raffinati, e negli ultimi tempi, più rinomati cantanti transgender, ha pubblicato un disco solista col nome Mark Free dal titolo "Long Way From Love" nel 1993 e poi un altro album solista come Marcie Free dal titolo "Tormented" nel 1996. Marcie sale sul palco con un completo nero e una vistosissima camicia bianca decorata di voluminose rouches fin sotto al mento, con un'eleganza e una compostezza superlative. Parte un po' in sordina, con un incoraggiamento della sala che la chiama a gran voce, e nonostante la presenza (piuttosto sgradevole e antiscenica) di un pc portatile accanto all'asta del microfono dal quale Marcie legge tranquillamente i testi, il set è un crescendo di emozioni e di partecipazione. Una voce unica e straordinaria accompagnata da un'umiltà sorprendente. L'esecuzione di tutto il primo album in scaletta ("On The Run", "Let's Talk About love", "To be your everything", "Take Me Down Nasty"...) non ha deluso chi attendeva da tempo immemore questo strepitoso ritorno.


L.A. GUNS

 

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Arriviamo al frangente in cui probabilmente il distaccamento della protezione civile di Trezzo sull'Adda avrà ricevuto l'allarme tsunami. Nessuno, nemmeno i malcapitati TNT che si sono ritrovati a suonare dopo di loro, avrebbero potuto prevedere la potenza di fuoco degli L.A. Guns. O forse sì... Dal momento in cui sono saliti sul palco alla fine del set, un'anomala attività tellurica è stata registrata nel sottosuolo milanese, con crepe nei muri del Live Club e tegole sonore che si sono scagliate sul pubblico tagliando un'atmosfera infuocata come non mai. Una band storica nata nell'83 a Los Angeles, forte di più di dieci milioni di album venduti e celebre per la nota rivalità tra Phil Lewis (voce) e Tracii Guns (chitarra) che ha portato alla divisione di due versioni parallele degli L.A. Guns ci ha dispensato, in poco più di 75 minuti di concerto, un intero corso di laurea con tanto di master in teoria e tecnica del rock'n'roll. In assoluto la band più potente del festival e il momento di maggior pienone della venue, per non parlare dei volumi e della partecipazione del pubblico su tutti i pezzi, da "Sex Action", "Killing Machine", "Bitch Is Back", alla presentazione di un nuovo esaltante singolo che farà parte del prossimo album intitolato "Speed", a "Never Enough" con l'intro di "Hells Bells" (AC/DC) alla celebre "The Ballad Of Jayne". Tracii Guns guadagna di diritto il premio di protagonista assoluto del giorno e miglior chitarrista di questa edizione.


TNT

 

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Dopo un set del genere a chiunque sarebbero tremate le ginocchia, ma i norvegesi TNT, headliners della seconda giornata, hanno preso posizione sul palco con una nonchalance degna delle più navigate rockstar, dando vita ad un godibilissimo set pregno dei loro cavalli di battaglia. Dopo il successo negli anni '80 e la reunion di Harnell, Le Tekrø e Black nel 1996 (sebbene con una virata piuttosto decisa del loro sound originale), siamo pronti per ascoltarci il loro grande ritorno. Tony Harnell possiede ancora uno dei migliori talenti vocali del festival, e per quanto si percepiscano alcune imperfezioni, la sua intenzione interpretativa è assolutamente spettacolare. Il pubblico è in estasi, la band suona "As Far As The Eye Can See", "She Needs Me", "Desperate Night", passando per "Forever Shine On", "Downhill Racer", la cantatissima "Listen to Your Heart" e il gran finale con "10,000 Lovers (In One)" e "Everyone's a Star". Occhi emozionati e cuore gonfio di emozione, applausi interminabili e volti appagati, siamo giunti alla fine di questa bellissima quarta edizione, e possiamo finalmente tirare le somme di una due giorni di musica di altissimo livello.

 


La prima giornata è stata senza alcun dubbio superiore rispetto alla seconda grazie alla persistenza qualitativa delle band che si sono succedute sul palco. Tyketto, Eclipse e Revolution Saints si sono aggiudicate i premi per le migliori esibizioni in assoluto. Buonissima affluenza per entrambi i giorni con un'organizzazione impeccabile e una grande professionalità di tutto lo staff, le maestranze di palco, perfino l'efficienza del chiosco dei panini nel cortile esterno. Onore al merito e un grande applauso a Frontiers Records per aver creato questa macchina da guerra che attrae ogni anno fan da tutto il mondo proponendo ad un prezzo accessibile un bill ricchissimo e di grande qualità. La seconda giornata ha portato in scena una successione di band che (fatto salvo per i Lionville, davvero squisiti, e l'affetto riscontrato dagli Unruly Child) non sono purtroppo riuscite a far esplodere del tutto l'entusiasmo del pubblico fino a sera inoltrata, momento della sconvolgente performance degli L.A. Guns, vincitori assoluti del day 2 e, sebbene su due pianeti molto distanti come attitudine, genere, intensità emotiva e identità musicale, i più meritevoli di menzione dell'intera manifestazione insieme agli altri grandi mattatori del day 1, i Tyketto. Ci auguriamo di ritrovarci nuovamente tutti al Live Club il prossimo anno, e che festival come questi comincino una volta per tutte ad attirare più pubblico italiano oltre a quello straniero.




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