Hayseed Dixie + Iron Mais
02/03/18 - Quirinetta, Roma


Articolo a cura di Sergio Mancuso

Sono le dieci di sera, fa ancora freddo a Roma ma quando le porte si aprono, l'atmosfera all'interno del Quirinetta è rilassata, ilare come ben si adatta allo spettacolo che stiamo per vedere. Una volta preso posto, e non è difficile, non resta che aspettare che lo show abbia inizio.

 

Dopo un'attesa non troppo lunga sul palco si presentano gli Iron Mais, una realtà nostrana decisamente innovativa nonché controparte italiana perfetta per gli Hayseed Dixie. Questi redneck denoaltri hanno raggiunto una certa notorietà con la partecipazione a X Factor dando lustro e visione al Cow Punk, una corrente fino ad allora sconosciuta nel Belpaese che coniuga country, rock, bluegrass e metal in una miscela esplosiva! L'atmosfera si fa scanzonata e il loro aspetto è tanto divertente quanto l'esibizione.

 

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Per mettere le cose in chiaro, gli Iron Mais iniziano subito con "Intro del culo rotto" e poi passano a rivisitare, con energia strabordante, diversi successi del rock mondiale. I ragazzi hanno una notevole presenza scenica, tanto da trasmettere la loro energia ad un pubblico che non è lì ad apprezzarli solo per il virtuosismo ma soprattutto per la genuina voglia di far casino. Colpisce comunque la rivisitazione country di  "Another Brick In The Wall Part Two" che aggiunge freschezza ad un classico del rock senza tempo, soprattutto per l'inusuale uso del violino e l'originale "Cu Cù". Unico neo dell'opening act risulta essere il settaggio effettuato che, in un ambiente chiuso come quello del Quirinetta, distorce e rimbomba troppo. Un comportamento già passato di moda ai tempi in cui Woody Guthrie incideva i suoi primi demo.

 

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Ormai il pubblico è caldo, l'atmosfera più distesa che mai, e gli Hayseed Dixie, forti del nuovo album "Free Your Mind and Your Grass Will Follow", non si fanno attendere. Da lì in poi la serata diviene surreale: un mix unico tra un barbecue di bifolchi e la sacralità di una sermone battista dopo aver arringato il pubblico al grido di "Coldplay Suck". Con tanto di coro da parte dei fedeli il concerto parte e la band dimostra che le apparenze ingannano: sono strumentisti esperti e John Wheeler è un frontman d'eccezione che dimostra di parlare tre lingue e conoscere i rudimenti dell'Italiano (almeno quanto basta per intonare i nomi di tutti i vini bevibili nella penisola). Impazza così il rockgrass, a suon delle cover di "TNT" e "Highway To Hell" degli AC/DC, unico e inimitabile punto cardine attorno al quale ruota la carriera della band e presenti già nel loro album d'esordio "A Hillbilly Tribute To AC/DC". Si continua con una stranissima, divertentissima e al contempo magistralmente suonata  "Bohemian Rhapsody", con il banjo a coprire gli assoli che furono di Brian May. I fortunati presenti al concerto hanno potuto apprezzare, dietro alle varie dichiarazioni di Wheeler quali "Porco Cane, viva Mosconi!" (per approfondire la dicotomia del personaggio leggi la nostra intervista) e altre amenità, anche discorsi dalle più profonde implicazioni morali e politiche; per fare un esempio la salace critica del fatto che la band, appena diciottenne, in America, avrebbe potuto non solo andare in guerra, ma comprare in un Wall-Mart qualsiasi semi automatica ma non dell'alcool... anche un nostro noto esponente politico cade sotto la lingua affilata del leader indiscusso della band che, tra una canzone e l'altra, si lancia in discorsi tutt'altro che sciocchi. 

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Nonostante tutto è il rockgrass a farla da padrone in questo verdì sera, la voglia di divertirsi alleggia nell'aria emanata in abbondanza anche dai membri degli Iron Mais che, dopo la propria esibizione, si mescolano alla folla per far casino sotto al palco in vero stile rock and roll! Particolarmente ispirate sono le versioni di un classico dei Rolling Stones quale "Paint in Black", "Eye Of The Tiger" e il medley "Walk This Way / Skinny When I Met Her / Rider Song" ma è con gli encore e precisamente con "Don't Stop Believin'", dall'album del 2015 "Hair Down To My Grass", che gli Hayseed danno il meglio.

 

Finito il concerto ci si ritrova a passeggiare per le strade di Roma alla John Turturro in "Secret Window" e ci si chiede dove sia finito il nostro filo di fieno da sgranocchiare!




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