I-Days 2018 - Day2: Pearl Jam & more
22/06/18 - Experience Milano, Rho (MI)


Articolo a cura di Giulia Franceschini

Sono giorni felici per gli amanti del rock. Dopo il grandioso successo del Firenze Rocks della scorsa settimana che ha portato sul palco per noi Foo Fighters, Guns N'Roses, Iron Maiden e Ozzy Osbourne, ora tocca agli I-Days di Milano sfamare un pubblico ormai su di giri. Abbandonata la venue brianzola del Parco di Monza che aveva ospitato il festival lo scorso anno, l'edizione 2018 viene trasferita tra gli scheletri dell'Area Expo di Rho. Superato l'infinito e cementato decumano, si apre un enorme prato verde in mezzo al quale troneggia il gigantesco palco targato I-Days, e sotto è solo una grande festa. Dopo l'apertura del giorno precedente con The Killers e Liam Gallagher, il grande nome atteso e con grande sollievo confermato per la seconda serata è quello dei Pearl Jam, che dopo aver annullato una data londinese per problemi alla voce di Eddie, riprendono il tour proprio da Milano.

 

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La giornata numero due degli I-Days 2018 viene inaugurata da Omar Pedrini. L'interessante scelta di un set acustico solista dell'ex Timoria per aprire delicatamente le danze pomeridiane viene accolta positivamente dal pubblico che si lascia trasportare dalla voce e dalla chitarra del cantautore. Sono storie di vita e storie di Milano quelle raccontate da Omar, che dà un dolce e carismatico benvenuto ai fan che iniziano ad assieparsi davanti al palco.

 

Alle 16 in punto sale sul palco la indie-pop band dei Lany, che intrattiene il pubblico incuriosito per poco più di una mezzoretta. La giovanissima band losangelina fa ballare i presenti sulle note di synth di cui si nutrono i pezzi di punta in setlist, con un Paul Jason Klein, vocalist della band dal look decisamente californiano, che mostra padronanza del palcoscenico e una gran capacità di coinvolgere la gente. Alla vista dei colori di casa, rappresentati da dei fan in canotta Lakers in prima fila, Klein si lancia, infatti, in una serie di abbracci e saluti, prima di lasciare il palco tra gli applausi.


Arrivano invece da New York City, USA, i Last Internationale. La band guidata dall'affascinante ed esplosiva Delila Paz, si prodiga in un set che fa mostra della propria trasversalità sonora. È così che tra brani più spinti e che abbracciano l'alternative rock più aggressivo, cogliamo folate più folk, blues, a tratti soul, grazie alla versatilità della voce e dello spirito della frontwoman. Non c'è solo musica durante l'apparizione pomeridiana dei Last Internationale, e dati i tempi duri che corrono non solo su questo lato dell'Atlantico, la band si lascia sfuggire verso il finale una dedica speciale. È così che Delila, tra gli applausi del pubblico di fronte a lei, dedica a Donald Trump il brano "Wanted Man", a "un uomo che dovrebbe essere in prigione". Siamo alle battute finali quando, slanciandosi in complimenti al pubblico e constatando l'immensità del luogo, la cantante propone un brano per "rendere più intima questa grande venue". Ed è così, con "Change Is Gonna Come" Area Expo diventa per qualche minuto un jazz club newyorkese. Delila scende nel pit, e giocando con il pubblico, conclude il brano con dei vocalizzi ricambiati e uno scroscio di applausi.

 

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Cambiamo luoghi e colori con i Catfish And The Bottlemen. Giovani, monocromi (come gli schermi che li mostrano al pubblico più lontano), eleganti e inconfondibilmente britannici, non possono che proporci un potente e tagliente alt rock targato UK. I primi brani dello show vengono infilati uno dopo l'altro senza un secondo di pausa e senza una parola, non che servisse aggiungere qualcosa alle chitarre graffianti e ai salti incessanti del frontman Van McCan. Tra i brani della setlist, tratti dai due album pubblicati ad oggi "The Balcony" che "The Ride", come "Pacifier" e "Soundcheck", fa breccia "Fluctuate", inedito che i Catfish decidono di regalare al sempre più numeroso pubblico degli I-Days, che risponde con calore alla proposta della band. I Catfish scelgono saggiamente di lasciare per il finale le carte migliori, ed è così che si alzano i primi cori su "7" e "Cocoon". È sulle note di "Tyrants" che la band abbandona con volto grato il palco milanese.

 

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L'Area Expo è in penombra quando gli Stereophonics salgono sul palco imbracciando i loro strumenti tra l'approvazione di un pubblico ormai straripante. "C'est La Vie" e "Caught By The Wind" aprono uno show che è un sing-along dall'inizio alla fine, fatto salvo per la grande assente "Have A Nice Day". La band iper-professionale, garantisce una performance senza mezza sbavatura, svolgendo un compito praticamente inattaccabile, se non fosse proprio per quel poco di empatia, seconda grande assente dello show. Passiamo così tra i brani che hanno segnato il successo della band, come "Mr. And Mrs. Smith", durante la quale Kelly e Adam fanno dialogare le loro chitarre in modo impeccabile, fino ad un finale con la batteria in delirio.
Kelly ha ora tra le mani la sua chitarra acustica: "La prima volta che ho visto i Pearl Jam era il '94 a Londra. Grazie a voi per essere qui oggi", dice prima di iniziare "Maybe Tomorrow". Il brano termina tra i cori del pubblico e mani che applaudono. Il frontman si sposta poi al piano, introducendo così "Sunny". Ironicamente, sul doppio solo finale, qualche nuvola si sposta, e uno spicchio di luce illumina il prato gremito. Pochi brani ci separano dalla conclusione del set, segnata da "Dakota". Con compostezza, gli Stereophonics augurano un buon concerto ai fan dei Pearl Jam e abbandonano il palco.

 

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Basta girarsi un secondo per capire che forse non siamo molti meno dei 65 mila spettatori attesi per i Pearl Jam. Le file sono sempre più fitte; è passato un po' dall'ultima performance italiana della band di Seattle, erano mancati a molti, e l'apprensione degli ultimi giorni per la voce di Eddie Vedder non ha fatto che aumentare la tensione. Qualche nota di piano e Eddie muove i primi passi sul palco in un boato avvicinandosi verso il microfono. Le sue prime parole sono in italiano, saluta e ringrazia il suo pubblico in estasi e sempre nella nostra lingua canta i primi versi di "Release". La voce e le parole che hanno segnato il rock degli anni Novanta si librano nell'aria scongiurando uno stato vocale che i fan temevano. Niente di tutto questo, per quanto non possa spingere quanto potrebbe in condizioni ottimali, Eddie non si risparmia, cantando al massimo una "Do The Evolution" aggrappato al microfono. C'è un'immancabile "Given To Fly" cantata da tutti con le braccia al cielo "a human being that was given to fly", una "Wishlist" raccontata e un Eddie che racconta. Si ferma spesso e parla, in italiano, in inglese, leggendo un foglio, improvvisando. "Non sono il cantante migliore del mondo, ma Milano tira fuori il meglio di me. Stasera cantiamo insieme, siamo tutti parte della band". E tocca ora a "Even Flow" che fa saltare tutti. Ogni membro della band ha grande spazio durante tutta la durata dello show, soprattutto Mike McCready che si lancia in assoli infiniti, cover dei Van Halen e intermezzi portano che da un brano all'altro, fino a una "Daughter" politicizzata che termina con le celeberrime parole di "Another Brick In The Wall".

 

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Eddie si ferma di nuovo, raccontando di quando proprio in Italia 18 anni prima ha incontrato sua moglie, la sua migliore amica e la madre delle sue figlie, Jill McCormick. L'ex modella sale sul palco, con una giacca con scritto "Yes we all care, y-dont-you?", in risposta alla scritta sfoggiata dalla first lady americana pochi giorni fa in occasione della sua visita alla frontiera americana e ai centri dove venivano collocati i bambini separati dalle loro famiglie migranti. La politica non è ancora finita evidentemente, le sorprese neanche, e Eddie e la moglie stappano e brindano sul palco, lanciando dei bicchieri di champagne in mezzo alla folla. Ed è il momento di "Porch". Per quanto sia una setlist ridotta, i Pearl Jam sembrano aver scelto con cura i brani per i loro fan, a cui regalano perle come "Immortality" o "You Are". Non mancano nemmeno i classici imprescindibili che conducono alla fine dello show. È ossimoricamente tra luci rosse che viene cantata una "Black" che fa tremare il parterre. "Il vostro paese c'è sempre stato per noi, per questo vi devo ringraziare stasera". Con "Alive", "Rockin' In The Free World" e "Yellow Ledbetter" l'incredibile show dei maestri del grunge volge al termine. Eddie si ferma davanti al microfono, riesce solo a congiungere le mani e a dire "grazie mille". E l'infinito applauso del pubblico significa lo stesso.

 

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Setlist

Release
Elderly Woman Behind the Counter in a Small Town
Do the Evolution
Given to Fly
Wishlist
Even Flow
Corduroy
Immortality
Eruption (Van Halen cover)
You Are
Daughter (with "Another Brick in the... more )
Mankind
I Got Id
Porch
Footsteps
Black
Rockin' in the Free World (Neil Young cover)
Yellow Ledbetter

 

 




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