Hellfest 2018
22/06/18 - Val De Moine, Clisson, Francia


Articolo a cura di SpazioRock

Articolo a cura di Claudio Albero


Se il Firenze Rocks ha avviato l'estate concertistica italiana come meglio non si potrebbe, è praticamente impossibile non gettare almeno un'occhiata ai grandi Open Air degli altri paesi europei. Tra questi, il francese Hellfest è l'evento che, più di tutti di gli altri, è riuscito a conquistare una fetta di pubblico sempre più grande, arrivando, anno dopo anno, a garantire ai propri fan degli standard molto elevati, sia dal punto di vista delle band in cartellone che da quello della qualità dei servizi offerti. Già dalla locandina, l'Hellfest 2018 prometteva uno spettacolo che valeva assolutamente il prezzo del biglietto. Nelle righe che seguono, andremo a dare un giudizio in merito.

 

DAY 1


Il festival di cui Clisson detiene i natali è riuscito, un'edizione dopo l'altra, ad alzare l'asticella sempre più in alto. E' praticamente impossibile non ricordare almeno un'esibizione indimenticabile, magari di band o artisti che raramente è possibile incrociare sui palchi. In questo caso, il primo giorno del festival francese parte come meglio non si potrebbe, piazzando, nei due main stage, nomi tanto diversi quanto funzionali ai rispettivi headliner: i Judas Priest nel caso del Main Stage 01 e gli A Perfect Circle per il Main Stage 02. Tra le band più "mattiniere", sono da rimarcare Mos Generator, Bukowski e Toseland, tutte e tre autrici di ottime performance. Se i Sons of Apollo non stupiscono più di tanto per l'enorme tasso tecnico presente nella loro line up, una menzione a parte va fatta per The Chris Slade Timeline. Tutti ricordano il gigantesco batterista britannico, all'opera con tantissimi act di rilievo, tra cui spiccano gli AC/DC. Nonostante la curiosità di chi vi scrive, il set del gruppo consiste soltanto in cover, che spaziano tra le tante collaborazioni di Slade e, soprattutto, tra i pezzi della band dei fratelli Young. Risultato? Un'operazione nostalgia in pieno regola, capace di strappare sorrisi, ma anche di lasciare un po' di amaro in bocca a chi si aspettava qualche inedito. Sul Main Stage 01 continua il tuffo nel passato con i Rose Tattoo, autori di una notevole performance, e Joan Jett. La chitarrista americana riesce, con brani come "Cherry Bomb", "Bad Reputation" ed "I Love Rock ‘n Roll", a riportare il pubblico indietro nel tempo di oltre 30 anni, sfornando un'ottima prova. Se i Meshuggah sfornano una prestazione pressoché "chirurgica", e gli Europe si dimostrano ancora una volta inossidabili, è arrivato il momento di parlare degli Hollywood Vampires. Il supergruppo, formato da Alice Cooper, Joe Perry e Johnny Depp, si esibisce in quella che, a tutti gli effetti, è la sua performance più lunga. La domanda che molti si staranno ponendo è: come riempire un'ora e mezza di show se l'unico CD pubblicato dal gruppo sfiora appena i cinquanta minuti? La risposta è delle più scontate: infarcendo la setlist di cover. Da "The Ace Of Spades" a "The Jack", da "Baba O'Riley" a "Sweet Emotion", fino ad arrivare a "School's Out", ce n'è veramente per tutti i gusti. Tuttavia, l'impressione è quella di trovarsi davanti ad un enorme "contenitore vuoto", privo di qualsivoglia anima o originalità. Alice Cooper e Joe Perry hanno carisma da vendere, mentre appare poco spiegabile la presenza di Johnny Depp, se non come "specchietto per le allodole". L'attore americano ha senz'altro il merito di aver attirato un notevole pubblico, ma il suo ruolo di terzo chitarrista appare quasi superfluo. Aggiungiamoci anche dei suoni non esattamente comprensibili ed avremo ottenuto la performance meno esaltante di questa prima giornata. Dopo gli Stone Sour, arriva il momento dei Judas Priest. Rob Halford e soci riescono ad ammaliare come sempre il loro pubblico, grazie ad un riuscitissimo nuovo album ed ai loro intramontabili classici. "Firepower" ha il compito di aprire le danze, conducendo decine di migliaia di fan nel cuore dello show, con pezzi del calibro di "Grinder", "Turbo Lover", "Freewheel Burning" e l'immancabile "Painkiller". Lo show dei Priest si chiude con "Metal Gods", "Breaking The Law" e "Living After Midnight", confezionando una performance maiuscola, forse la migliore di questa inizio di kermesse, che si conclude con lo show degli A Perfect Circle del poliedrico Maynard Keenan.

 

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DAY 2


Il day 2 è senza dubbio il più variegato, soprattutto in vista degli headliner che la chiuderanno. Spostando la nostra attenzione dai due Main Stage, non può non essere sottolineata l'ottima performance degli svedesi Monolord, che infiammano il palco The Valley con il loro stoner. Ritornando ai palchi principali, tocca al particolarissimo set di Jonathan Davis, ispirato al film "La Regina Dei Dannati", che risulta assolutamente gradevole. La vera sorpresa risponde al nome di Body Count. La band rap metal, capitanata da un Ice-T che riesce a coinvolgere il pubblico presente, facendolo scatenare con pezzi come "Drive By", "Voodoo", e la scorrettissima "Cop Killer". Se i Body Count hanno infiammato una audience già corposissima, i Deftones non sono da meno. Chino Moreno e soci realizzano un set energico ed intimo al tempo stesso, sfruttando le enormi doti del loro cantante e forti di una sezione ritmica con pochi eguali. Subito dopo, tocca ai Limp Bizkit. Il gruppo decide di aprire lo show eseguendo una parte di "Cowboys From Hell", in onore di Vinnie Paul, scomparso proprio quel giorno. Da quel momento in poi, la formazione di Fred Durst snocciola un classico dopo l'altro, scatenando boati, moshpit e body surfing con pochi eguali. "Break Stuff", "Take A Look Around", "Rollin"', "Nookie", riescono a preparare a dovere il pubblico per il primo headliner della serata: gli Avenged Sevenfold. La band statunitense è decisamente la più attesa della serata, e viene accolta dal calore del suo pubblico. Il set messo in piedi da M. Shadows e compagni è di assoluto valore e, anche in questo caso, non manca l'omaggio a Vinnie Paul, a cui viene dedicata una toccante "Hail To The King". Se "Eternal Rest", "Bat Country" ed "Eternal Rest" mandano in estasi il pubblico, il momento più "particolare" è rappresentato dall'esecuzione di "Nightmare", in cui viene chiamato sul palco un fan, che dovrà sostituire M. Shadows al microfono, a causa di alcuni suoi problemi di voce.

 

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DAY 3


L'effetto Iron Maiden si abbatte sull'ultimo round dell'edizione 2018 dell'Hellfest. Il day 3 è decisamente il momento più popolato del festival, causando un notevole sovraffollamento e file chilometriche. Se il Main Stage 01 è quasi interamente dedicato all'old school heavy metal, il secondo palco principale spazia dal metalcore al death metal melodico, fino al grunge. I Primal Fear e gli Iced Earth confermano la loro fama di band inossidabili, offrendo prestazioni rocciose ed esenti da sbavature; ad aggiungere un po' di pepe ci pensano i Killswitch Engage, con un Jesse Leach decisamente in forma ed un Adam D. aggressivo ed ironico come sempre. Con gli Accept si ritorna alla vecchia guardia, assistendo allo show di un combo che sembra non risentire dello scorrere del tempo, riuscendo a conquistare il pubblico con i suoi classici intramontabili, "Fast As A Shark" e "Balls To The Wall" su tutte. Gli Arch Enemy, insieme ai Megadeth, rappresentano, per motivi diversi, gli show più deboli della giornata. La performance dei primi, nonostante una band di assoluto valore tecnico, è parsa priva di quel mordente che ha sempre distinto il gruppo svedese. Per quanto invece riguarda i Megadeth, il problema principale risiede nelle doti vocali di Mr. Dave Mustaine. Quella di Mega Dave è stata una performance vocale decisamente altalenante, frenata da suoni, almeno all'inizio, mal bilanciati. Una menzione particolare va fatta per gli Alice In Chains, autori di una performance intensa e praticamente ineccepibile, con un William DuVall sopra le righe e padrone assoluto del palco. È ora arrivato il momento degli headliner. Chi segue i Maiden da tempo saprà benissimo quanto i loro show siano curati nei minimi dettagli, sia dal punto di vista musicale che spettacolare. Ebbene, anche questa volta la band inglese ha saputo lasciare tutti a bocca aperta. Le scenografie del loro palco sono di quanto più mastodontico si sia mai visto, con cambi costanti di sfondi. È impossibile non menzionare l'enorme velivolo dell'aviazione britannica comparso in occasione di "Aces High", o dell'uomo volante apparso all'inizio di "The Flight Of Icarus". La scaletta degli Iron Maiden è infarcita dei classici che hanno fatto la fortuna di questa band, ma non mancano le sorprese: una su tutte, "Sign Of the Cross". Dal vivo, i Maiden hanno da sempre pochissimi rivali, e con un Bruce Dickinson in forma smagliante e pimpante come non mai, l'ennesimo e memorabile show è servito. Tra le novità del festival, infine, c'è da menzionare Carpenter Brut, uno dei nomi più noti della retrowave, che chiude in bellezza un Hellfest che, ancora una volta, si conferma uno degli appuntamenti immancabili per tutti gli amanti della musica live.

 

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Ringraziamo il nostro ospite speciale Claudio Albero, autore di questo Live Report e penna dei nostri amici di Player.it .




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