Muse - "Simulation Theory" World Tour
13/07/19 - Stadio San Siro, Milano


Articolo a cura di SpazioRock
Articolo a cura di Cristina Cannata e Dario Fabbri
 
Le luci di San Siro, per il secondo giorno consecutivo, si accendono pronte ad ospitare un'altra serata pronosticamente intensamente spettacolare.

Intensamente spettacolare è proprio l'aggettivo adatto quando si parla di uno show dei Muse. Bellamy, Wolstenholme e Howard hanno tutto pronto per la loro seconda data in terra meneghina del "Simulation Theory World Tour", la penultima nel Bel Paese.

Un tour decisamente atteso, quello dell'ultimo album, dopo che "Simulation Theory" aveva lasciato i fan un po' interiormente turbati dalle nuove proposte della band multipremiata. Eppure loro, i fan dei Muse, come tanti altri supporter del mondo, hanno la caratteristica della cosiddetta "perseveranza e fedeltà", sicuri che i loro beniamini si riservino il diritto di stupire. Conseguenza? Due date consecutive quasi sold out e una terza che si predice tale.

D'altronde, con i Muse c'è da aspettarselo: lo spettacolo è assicurato, Bellamy e compagni l'hanno ampiamente storicamente dimostrato, ultima volta qualche anno fa con  il "Drones World Tour" e le sei date-trionfo, sempre a Milano. Non resta altro che scoprire cosa hanno tirato in ballo questa volta.

Lo Stadio si popola fin dall'inizio del pomeriggio: i temerari irremovibili della prima fila sono già lì, a proteggere con fermezza la loro conquista, gli altri - giovani e meno giovani- arrivano in pillole da ogni parte del mondo, in pellegrinaggio verso San Siro.  

Il compito di intrattenere i presenti spetta ai Mini Mansions e a Nic Cester, frontman dei Jet. Per quanto riguarda i primi, il gruppo propone un pop-rock fortemente influenzato dalle sonorità tipiche degli anni ’80. La band cerca di coinvolgere il pubblico già presente a più riprese, ma ci riesce solo in parte, pur avendo proposto un set di mezz’ora di buon llivello. Dopo una pausa più o meno breve, è il turno di Nic Cester. Il cantante australiano sfoggia per lo più brani della propria carriera da solista, ma è con la celeberrima “Are You Gonna Be My Girl?” dei Jet che conquista definitivamente il pubblico milanese. Cester ripaga alla grande i presenti con prestazioni vocali ottime, una setlist intensa e un italiano sorprendentemente fluente. Il bilancio finale è assolutamente positivo, infatti il pubblico saluta Cester in modo caloroso, dopo un concerto eseguito con una padronanza del palco sopra la media.

Dopo 20 minuti di angoscioso ritardo, l'imponente schermo della scenografia si illumina, sostenuto da un vortice di luci e da una mandria di ballerini-trombettisti che marcia per tutta la lunghezza del palco, anche questo altrettanto maestoso con una enorme penisola che culmina con una specie di trapezio centrale. Proprio da lì,  ecco spuntare, sulle note di "Algorithm", Bellamy: giacca di pelle borchiata e occhiali a led coloratissimi; in fondo i suoi fedelissimi compagni di band.
Bastano i primi minuti del concerto ad attestare che, anche questa volta, i Muse hanno fatto le cose in grande, con una scenografia pensata nei minimi dettagli non a supportare, bensì a contribuire a creare lo show. Una dimensione spettacolo-teatrale, con proiezioni, fasci di luce, coreografie, coriandoli e gli immancabili palloni fluttuanti, il tutto incentrato sul tema di led fluorescenti e su questa creatura-scheletro che alla fine del set prenderà anche vita. Insomma, tutt'altro che modesto. 

 

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La setlist proposta ricalca per filo e per segno quella della sera precedente: il focus principale è, ça va sans dire, sull'ultima uscita discografica della band, “Simulation Theory”, inframezzata dalle immancabili proposte che il pubblico vuole sentire e cantare. Allora tra "Preassure", "Break It To Me" e "Propoganda" si sentono "Psycho", "Uprising" e "Plug In Baby", quest’ultima introdotta da un simpatico botta e risposta tra la chitarra di Bellamy e il pubblico. Una scaletta decisamente ben equilibrata che però, anche questa volta, ha lasciato a bocca asciutta i nostalgici di "Showbiz". Sarà per la prossima volta (?).

I tre del Devon sono come sempre in forma smagliante. Howard con il suo esemplare aplomb spinge sulla batteria, pesta sui mega tamburi tirati fuori per l'occasione e si diletta con la strumentazione elettronica; Wolstenholme e il suo basso, statuari, immobili, con il loro composto standing, intrecciano giri e linee e supportano i coretti come da copione; Bellamy si mostra ancora una volta nella sua natura di animale da palco d'eccellenza: rimbalza per il lungo e per il largo, vola sulle pedane, da sinistra a destra, senza pace, scende dal palco per un semicerchio di batticinque come al suo solito tenendo salda in mano la bandiera italiana.

La scaletta scorre veloce, dopo il singolo di Bellamy "Pray" scritto per Game of Thrones, il pubblico grida a gran voce i testi di "Supermassive Black Hole" e "Hysteria", mentre "Thought Contagion" è sostenuta da una bellissima scenografia con ballerini con maschere a led strisciare lungo tutto il palco. "Dig Down" in versione acustica con coro, cantata dalla band al centro del palco, è seguita da una sfilza di perle che scatenano le teste presenti: "Undisclosed Desires", "Madness" - dove la voce dei Muse ha aiutato i presenti indossando degli occhiali che riproducevano il testo-, "Mercy" e la sua pioggia di coriandoli, la celeberrima "Time is Running Out", il cui ritornello è stato cantato a gran voce da tutti, la fantascientifica "Take A Bow" e l'immancabile romantica "Starlight".

Il finale è un vorticante delirio: la creatura-scheletro prende vita durante il medley metal composto da "Stockholm Syndrome", "Assassin", "Reapers", "The Handler" e "New Born", con un finale omaggio ai Deftones e alla loro "Headup" su cui Bellamy scaglia in aria la sua fidata chitarra che si andrà rovinosamente a schiantare contro una cassa.

Dopo il tributo ai mostri sacri del nu metal, Wolstenholme torna ancora una volta sul palco con un'armonica e con un omaggio a Ennio Morricone prima di attaccare le prime note del pezzo finale, "Knights Of Cydonia", una cavalcata epica da togliere il fiato.

Sorrisi e applausi: i tre ragazzi inglesi, che ormai sanno decisamente come fare il loro mestiere, salutano i loro affezionati fan lanciando plettri e bacchette, visivamente soddisfatti dello spettacolo garantito anche questa volta. I tre musicisti sono, senza alcun dubbio, delle vere e proprie garanzie, animali da palcoscenico che non si concedono neanche una sbavatura.

"...and we will be victorious!"

 

Setlist:

 

Algorithm (alternate reality version)

Pressure 

Psycho 

Break It to Me 

Uprising 

Propaganda

Plug In Baby 

Pray (High Valyrian) (cover Matt Bellamy)

The Dark Side

Supermassive Black Hole 

Thought Contagion

Interlude

Hysteria

The 2nd Law: Unsustainable

Dig Down

Undisclosed Desires

- STT Interstitial 1 - 

Madness 

Mercy 

Time Is Running Out 

Houston Jam 

Take a Bow 

Prelude 

Starlight 


Encore:

- STT Interstitial 2 -

Algorithm 

- STT Interstitial 3 - 

Stockholm Syndrome - Assassin - Reapers - The Handler - New Born- Headup (cover Deftones) 

Knights of Cydonia 




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