Rival Sons @ Magazzini Generali
03/12/14 - Magazzini Generali, Milano


Articolo a cura di Davide Fadani
Rival who?

 

...ma partiamo dalla fine, o quasi.


Sono fuori dai Magazzini Generali. E' presto. Sono appena passate le 22. Il concerto è finito da poco. Ci sono vibrazioni potenti. I ragazzi non hanno nemmeno fatto in tempo a metabolizzare quello che hanno appena visto e sentito davanti ad una birra che il business, incarnatosi per l'occasione nelle manone gentili dei ragazzi dell'organizzazione, li ha gentilmente accompagnati tutti all'uscita, ha ripulito e smontato tutto in 10 minuti per lasciare spazio alla seconda serata danzante. Fuori, al tiepido freddo di questo dicembre bizzarro, sono insieme a qualche ragazzo che attende i musicisti ed altri invece che non sono per niente interessati a ciò che è appena successo dentro e che non aspettano altro che entrare per iniziare la serata.


E' una sensazione strana e per questo ne parlo. L'idea che questo momento sensazionale di musica appena vissuto debba chiudere i battenti, smontare e sparire velocemente, quasi clandestinamente per dar spazio alla discoteca lì per lì mi ha lasciato perplesso. Deluso in un certo senso. Colpito nell'orgoglio.


Poi ci ho ripensato. I Rival Sons sono usciti. Si sono fermati a parlare con tutti. Autografi. Foto. Balletti. Tutto. E se non ci avessero mandati fuori subito tutti, loro compresi, non ci saremmo trovati fuori, al freddo californiano meneghino a parlare con i ragazzi dei Rival Sons. Non mi sarei fatto fare una foto dal loro fotografo Rick Horn con Jay Buchanan, non avrei potuto sbirciare all'interno del pullman del tour, non avrei potuto scambiare due battute con tutti e dire a Scott Holiday che ha un gemello in Friuli e che probabilmente erano stati separati alla nascita.


Insomma, tutta una serie di cose non sarebbero accadute. Se fossimo rimasti dentro noi saremmo rimasti a bere birra di qua dal palco e loro a fare lo stesso, ma dalla parte opposta. Chi l'avrebbe mai detto che un giorno o l'altro avrei dovuto ringraziare la discoteca, come istituzione intendo. Si va beh, ma dentro cosa è successo?


DI TUTTO.

 

rivalsonsliereport01Venendo a Milano ero convinto che avrei assistito alla seduta spiritica che avrebbe restituito alla mia generazione i Led Zeppelin che non ha mai avuto. Per fortuna in parte mi sbagliavo. I Rival Sons non sono i Led Zeppelin pur condividendone una certa inclinazione musicale. I Rival Sons sono i Rival Sons. Lo sono fin dall'inizio, quando ad aprire il loro concerto mandano Jameson. E' un amico Jameson. Di Los Angeles, ma con un certo legame anche con l'Italia che ha dato i natali alla sua fidanzata. Entra da solo e dentro non siamo tantissimi ad accoglierlo. Il concerto inizia presto e stanno ancora arrivando. Jameson ha un fare da timidone, spiccica tre o quattro parole in italiano, ma quando attacca a suonare la chitarra e tira fuori la voce subito parte spontaneo l'applauso dalla platea. Una voce profonda, graffiante, gentilmente mascolina. Folk, Rock, Blues. Ma non è quello. Jameson ci sa fare col pubblico. Scambia qualche battuta e il pubblico si scalda.


Sono da poco passate le 20. Jameson se ne va, saluta tutti e lascia il campo ai tecnici che in tutta fretta montano, accordano, accendono... insomma si guadagnano la serata. Il tempo di abbassare le luci che parte Ennio Morricone. Sono sempre da poco passate le 20 quando il main theme de "il buono, il brutto e il cattivo" riempie i magazzini generali. Un altro po' di Italia. Non può che farci piacere. Entrano, il pubblico è caldo, loro no.

 

Fermi tutti.

 

L'attacco è affidato a "You Want To". E' la prima volta che li vedo dal vivo, ma siamo nel terzo millennio e su internet c'è tutto. Anche mio figlio che ha due anni e mezzo sa usare Youtube. Ho visto qualche live prima di venire a Milano e ho letto qua e là qualcosa sul gruppo e mi sono fatto un'idea che ritrovo nei fatti sul palco. Scott Holiday (chitarra) e Michael Miley (batteria) sono l'anima dei Rival Sons. Loro ci sono sempre dall'inizio alla fine di ogni concerto. Si vede che si divertono. Che scambiano energia col pubblico. Sono contenti di fare quello che fanno e ringraziano per l'opportunità. Una sorta di auto consapevolezza che li toglie dal predellino di eteree divinità del rock, ma che le rende infinitamente più umane come figure. Più vicine. Giù dal palco sono come sul palco. Dave Beste (bassista) è una sfinge. Il berretto che indossa regolarmente, getta nel buio perenne il suo sguardo. Un passo indietro, sempre. Sembra fermo, una statua di cera. Il corpo si muove pochissimo, solo per seguire le luci e restarne fuori, ma le dita martellano velocissime. E Jay? Braccia tese, occhi chiusi, sempre. Cerca di assorbire tutte le vibrazioni esistenti nella sala. Gli servono tutte. Dico tutte. Si vede. Rutti e peti compresi. Tutte. Forse nel repertorio dei Rival Sons ci sono 4 o 5 pezzi dove il Sig. Buchanan può permettersi di non invocare il Dio delle corde vocali e nella scaletta sono tutti in fondo... Sacred Tongue e Jordan stanno ad almeno un'ora e mezza di Ottave altissime da dove Jay sta adesso e dopo 4 brani la voce ha un tracollo verticale. Il Dio delle corde vocali se n'è ito. Ciao Jay è stato bello, ma cosi è troppo; troppe date, troppe ottave alte, troppo fiato. Ciao Jay è stato bello essere la tua voce. La puoi quasi vedere prendere il volo con quelle stesse ali che si è tatuato sul collo. E' un momentaccio. Senza voce non si va da nessuna parte. Non se sei i "Rival Sons". Passano due canzoni di vera sofferenza. Si percepisce la stanchezza. Il tour. Le date. Posti diversi, facce diverse; sempre ad urlare in faccia a 4 gatti tutta la propria energia. Strapparsi l'anima da dentro con le mani per fartela vedere sul palco.
Occhi chiusi, linea piatta.


Ma da dietro arrivano i rinforzi. Ai Magazzini Generali ho assistito ad un raro caso nel quale il pubblico è chiamato a scaldare il gruppo e non viceversa. Non eravamo 60 mila, ma eravamo caldi, già da Jameson. Dicevo arrivano i rinforzi da dietro. Un paio di ragazzi iniziano ad urlare in un inglese che definire maccheronico è un complimento, ma urlano, cantano, danno a Jay la voce che manca sul palco e gli vanno tutti dietro. E Jay è li, con le sue manone tese a piedi nudi per non perdere nemmeno le vibrazioni provenienti dalla metro e queste le prende tutte! Arriva "Torture" (manco a dirlo)! Parte un mantra corale da sotto il palco. Prima nelle fattezze di un urlo liberatorio successivamente mitigato in un sussurro magistralmente diretto dalla band. I magazzini si incendiano e i Rival Sons si risvegliano e si ricordano di essere in tour e che è una figata suonare Rock tutte le sere in posti diversi e vedi le fiammelle negli occhi. Si, finalmente aperti.

 

 

rivalsonsivereport02

Quando succede è bello esserci. Da quel momento in poi il concerto decolla. Jay ritrova non so dove la voce. Ne aveva una scorta per i momenti belli, come questo. La prossima data sarà in Svizzera e gli dovranno sicuramente somministrare una carrettata di Ricola per sistemargli quell'incidente che avrà in gola. Tutti cantano. Movimento sotto il palco. Energia. Una discesa libera di musica. Tempo di uscire e rientrare. Finalmente i pezzi lenti. "Sacred Tongue" e "Jordan". Veloci verso "Keep on Swinging"... le luci si accendono, i manoni ci spingono. La discoteca incalza. Tutti fuori, la serata è finita...anzi no. E' appena iniziata.

 


Set List:

01. You Want To
02. Pressure and Time
03. Electric Man
04. Good Luck
05. Secret
06. Good Things
07. Manifest Destiny, Part 1
08. Torture
09. Rich and the Poor
10. Where I've Been
11. Tell Me Something
12. Get What's Coming

Encore:

13. Open My Eyes
14. Sacred Tongue
15. Jordan
16. Keep On Swinging

 




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