Riverside - A Night With... Tour 2015
13/07/15 - Lo-Fi, Milano


Articolo a cura di Riccardo Coppola

Una band con due anime.

Finisce il lungo concerto dei Riverside al Lo-Fi di Milano, e non è impresa semplice descrivere ciò cui si è assistito. Si è soddisfatti, magari anche estasiati, ma senz'altro parzialmente, piacevolmente confusi.

Quel che è certo, è che i Riverside hanno tenuto fede a quell'essenza della stessa parola "prog", che non guarda tanto agli stili, alle strumentazioni, agli assoli e ai tecnicismi. Sono evoluti, sono cresciuti, sono cambiati. Forti di una discografia ormai nutritissima da cui attingere, e di una perizia indubbiamente accresciutasi col passare degli anni (si perde ormai il conto dei virtuosismi e narcisismi vocali di Mariusz Duda, e il Piotr Grudzisnki timido del passato è soltanto un vecchio fantasma, sostituito da un chitarrista finalmente dotato di una significativa presenza scenica) sono saliti sul palco come una band estremamente diversa da quel quartetto ingessato, serio e malinconico che dieci anni fa strabiliava con gli splendidi concerti del tour "Reality Dream".

"Acronym L.O.V.E." ritorna, dissepolta da qualche anno di non riproposizione. Si fa riascoltare, da perfetto trip romantico, ad occhi chiusi e con le lacrime in agguato, ricacciate indietro soltanto da una più sostenuta improvvisazione full-band conclusiva. Mariusz e soci riescono anche in una bollente serata di luglio a ricreare il loro emozionale autunno, le loro gelide distese di tastiere accarezzate dal calore di uno straordinario e sognante comparto vocale. "We Got Used To Us", "Conceiving You", "The Depth Of Self Delusion", più una freschissima e inedita "Lost" posta in apertura di concerto: è il meglio del vero trademark della band, di quell'attitudine a regalare freddi brividi e fortissime emozioni, lungo le dolci, morbide vibrazioni di romantiche ballate.

Ma, molto più che in passato, questa notte con i Riverside spinge sull'acceleratore, cala la mano sulle sei corde, martella le pelli con ritrovato nerbo. Non soltanto con l'immancabile "Reality Dream III", con la sua tarantolata galleria di riff e le sue interminabili divagazioni solistiche, ma anche -e soprattutto- con la gradita ricomparsa di tritaossa come "Hyperactive" e "Egoist Hedonist": danzerecce follie elettroniche e macelli d'accordature ribassate, militarismi alla batteria e autentici growl (su un primo "Dial - Search - Accept" che fa spavento) rimbombano nell'angusta acustica della location (locale molto più lungo che largo, con tutte le logiche conseguenze di una simile planimetria in termini di visibilità e omogeneità della percezione sonora), tramortendo, elettrizzando, esaltando un pubblico fortunatamente estremamente reattivo e partecipe.

Purtroppo non tantissimi, gli spettatori partecipano quanto e come possono allo spettacolo imbastito dalla band, incoraggiati continuamente dal frontman e anche scherzosamente ringraziati per la dedizione mostrata alla band, nel seguirla all'interno di una fornace dove a trovarsi nel proprio habitat sono soltanto migliaia di piccole bestie volanti e pungenti. E se i "falling into blank space" sono troppo timidi per non lasciare tristemente semi-vuota la strofa di "Feel Like Falling", più convinta è la risposta sulla coda corale del nuovo inedito "Discard Your Fear", più commossa e spontanea è la presenza sul ritornello di "Conceiving You".

 

riverside201502

 

 

E' un concerto completo, che tira le somme su cinque album (e un EP) in attesa che l'atteso "Love, Fear and the Time Machine" stravolga, come annunciato, il sound della band, facendolo approdare verso lidi più leggeri e luminosi. E' un'occasione per guardarsi indietro, per cambiare le tracce di encore consolidati (niente "Celebrity Touch" o "Left Out" in setlist, per questa volta) e omaggiare -forse per un'ultima volta- anche le primissime note regalate al mondo del prog nel 2003: con la splendida "The Same River", con i suoi assoli Floydiani e la sua conclusiva, passionale dichiarazione d'amore, i Riverside ci salutano, almeno per un anno.

 

Quasi a volerci di chiarare che sì, potranno in un futuro essere diversi, ma che non smetteranno mai di farci sognare.

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