A non lasciarsi sfuggire l'occasione di mano non è solamente il pubblico italiano: tanti anche gli stranieri presenti poche sere fa, chi venuto appositamente e chi invece approfittando della permanenza nel nostro territorio. L'eterogeneità si può scorgere, oltre che nella provenienza geografica, anche nell'età, in una dimensione ribaltata dove sono soprattutto i figli ad accompagnare i genitori, a suggello della comune passione. Le code al di fuori delle biglietterie e dei tornelli non tardano a formarsi, indice di un problema successivamente spiegato direttamente dagli addetti ai lavori: la nominatività dei biglietti non accompagnata dalla presentazione di un documento di identità ha ritardato l'inizio dello show di quasi un'ora.
Le urla di acclamazione e gli applausi calorosi alla comparsa da dietro le quinte della riconoscibile figura smorzano il clima di impaziente attesa venutosi inevitabilmente a creare. In un italiano invidiabile, Sting rompe il ghiaccio chiedendo scusa e spiegando che il tutore posto in seguito un'operazione alla spalla sinistra gli impedirà di poter toccare le corde del suo inseparabile basso, ma che la stessa sorte non toccherà alle sue di corde, quelle vocali. La celebre frase in uso nel mondo dello spettacolo da lui citata riflette il suo irrefrenabile spirito:
"The show must go on!"
Il viaggio nel tempo può iniziare.
Continuando sulla scia del discorso introduttivo, Sting ci racconta (e si racconta) attraverso parole aneddotiche l'origine delle prime due canzoni in setlist, per poi proseguire nella sua lunga carrellata senza alcuna interruzione di sorta, lasciandoci letteralmente senza fiato. Siamo nel 1976, a Parigi, nei pressi di un hotel di bassa classe in cui il frontman alloggia con il suo gruppo allora sconosciuto, The Police, e la vista di una prostituta in particolare lo colpisce tanto da diventare motivo di ispirazione per la stesura di "Roxanne", incarnazione della "quint'essenza dell'amore cortese": la performance impeccabile sia vocale sia scenica (lo sfondo di luci rosse soffuse a richiamo del contenuto del brano stesso) già preannuncia un forte coinvolgimento emotivo. La scommessa circa il potenziale successo di "Message In A Bottle" tra lo sprezzante padrone di un bar e lo stesso Sting verrà poi vinta da quest'ultimo: sarebbe infatti diventato di lì a poco uno dei grandi successi commerciali della band inglese, e a riprova di ciò i piedi e le mani di noi tutti non riuscivano a non tenerne il ritmo, supportato dai martellanti colpi di Josh Freese alla batteria.
"If I Ever Lose My Faith In You", il primo brano in scaletta della carriera solista, si dissolve nel frizzante jazz di "Englishman In New York". Sting non riesce proprio a starsene con le mani in mano e rimedia subito alla sua limitazione fisica impugnando nella mano destra il tamburello e battendolo sul petto e sulla gamba, accompagnando le note e le atmosferiche voci coriste in "If You Love Somebody Set Them Free". "Every Little Thing She Does Is Magic" incalza l'entrata in scena di "Brand New Day", in cui Shane Sager all'armonica, incoraggiato dalle parole del cantante, non fa assolutamente sfigurare chi l'aveva preceduto nell'esibizione, il grande Stevie Wonder. Il senso di tranquillità trasmesso da "Seven Days" viene interrotto dalla performance da brividi della corista Melissa Musique, segnando uno dei momenti di maggiore pathos dell'intero concerto. La porta della nostalgia viene sfondata definitivamente con "Fields Of Gold", e la più recente "If You Can't Find Love" fa da tramite per l'altro evergreen "Shape Of My Heart", ornata dall'introduzione di alcuni versi R&B del corista Gene Noble. La parentesi The Police si riapre subito: "Wrapped Around Your Finger" ci permette di poter apprezzare a pieno l'alta qualità della grafica, che inquadra il brano in una cornice psichedelica; invece la vena reggae che permea "Walking On The Moon" e "So Lonely" viene ampliata in un mashup - tributo all'icona del genere Bob Marley con rispettivamente "Get Up Stand Up" e "No Woman No Cry". L'orientaleggiante "Desert Rose" remixata in chiave dance nella parte strumentale incuriosisce, e tocca alla sognante "Every Breath You Take" chiudere la scaletta ufficiale.
Dopo un brevissimo stacco però, i nostri ritornano sul palco per l'encore, facendo breccia nei cuori degli astanti con una tripletta dal sapore dolceamaro: "King Of Pain" in cui fa capolino sul finale "Roxanne", "Russians" e infine "Fragile".
La performance dell'artista ineccepibile, la crew d'accompagnamento solidissima, l'acustica ottima e la scenografia sapientemente costruita per non lasciare nulla al caso: elementi imprescindibili per un concerto indimenticabile. Il "Pungiglione", nonostante il peso degli anni, non ha perso il suo smalto e continua ancora a sferrare i suoi sapienti colpi.
Setlist:
Roxanne (The Police)
Message In A Bottle (The Police)
If I Ever Lose My Faith In You
Englishman in New York
If You Love Somebody Set Them Free
Every Little Thing She Does Is Magic (The Police)
Brand New Day
Seven Days
Whenever I Say Your Name
Fields of Gold
If You Can't Find Love (Sting & Shaggy)
Shape Of My Heart
Wrapped Around Your Finger (The Police)
Walking On The Moon (The Police) / Get Up Stand Up (Bob Marley)
So Lonely (The Police) / No Woman No Cry (Bob Marley)
Desert Rose
Every Breath You Take
Encore:
King Of Pain / Roxanne (The Police)
Russians
Fragile