The Who - Hits 50!
17/09/16 - Unipol Arena, Casalecchio di Reno (BO)


Articolo a cura di Paolo Stegani
"Siete stati fantastici, meravigliosi, incredibili", dice Roger Daltrey.
 "Mi rendete felice!", aggiunge Pete Townshend.
 
Gli applausi al termine dello show, in una Unipol Arena stracolma, fanno capire ai The Who quanto siano mancati all'Italia e quanto ci fosse bisogno di un loro trionfale ritorno.
 
In una serata come quella di sabato 17 settembre non solo il rock 'n' roll old school l'ha fatta da padrone, ma ha ancora una volta dimostrato di poter reggere perfettamente il confronto con il sound moderno: vecchia musica vestita elegantemente, rinvigorita, quasi ringiovanita.
 
E' "I Can't Explain" il primo mastodontico riff ad impossessarsi del pubblico, assetato di grande rock: apertura di un concerto la cui scaletta rende giustizia a quasi tutta la carriera della band inglese. Si passa infatti da classici come "My Generation", "The Kids Are Alright" e "Behind Blue Eyes" a pezzi di metà carriera come "Eminence Front" e "Better You Bet", passando per le due immancabili parentesi di "Quadrophenia" e "Tommy". Supportato da musicisti di alto livello, tra cui il fratello minore di Townshend, il duo originale si sposta da un classico all'altro, con la sicurezza di chi fa questo mestiere da decenni. "Per me siete tutti bambini!" ironizza Townshend, ricordando quanto tempo sia passato dall'uscita di "Who's Next" (1972). 
 
 
Durante il brano strumentale "The Rock", tirato e pompato al massimo, si compiange tutti insieme chi ha contribuito alla nascita di quei pezzi stupendi e che ora, purtroppo, non c'è più: le foto di Keith Moon e John Entwistle provocano uno scroscio d'applausi inevitabile quanto commovente.  L'occhiale da sole, indossato da entrambi, a coprire gli occhi solcati dalle inevitabili rughe, confonde ancora di più: siamo sicuri che siano di età avanzata? Non stiamo forse avendo a che fare con i giovani Who di un tempo?  Lo stupore del pubblico non è infatti dovuto solamente alla presenza sul palco di due mostri sacri quali Roger e Pete, ma anche e soprattutto all'energia che i due sanno ancora regalare. Non ci si risparmia, che si tratti dell'urlo di Daltrey alla fine di "Won't Get Fooled Again" o della celebre mossa a mulinello di Townshend, ed è ciò di cui gli amanti del rock hanno bisogno, ora più che mai. Perchè invecchiare è una cosa, invecchiare bene è un' altra.  Se ne sono accorti tutti, dai fan più attempati a quelli più giovani come me, che la "mia generazione" degli anni 60, per una sera, è diventata una "nostra generazione".
 
A conclusione di un' esibizione da manuale, "Baba O' Riley" e "Won't Get Fooled Again" danno la buonanotte a 16.000 fan, oramai tutti in piedi, grati e vogliosi di regalare una standing ovation come si deve. 
 
Morale della favola: "non posso spiegare".



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