
Certo che l'Italia è un paese strano: la più grande rock band al mondo sceglie come unica tappa italiana una delle città al mondo più belle, sfruttando una location altrettanto unica e, invece di dare fiato alle trombe, come al solito diamo ascolto ai tromboni.
Da quando è stato comunicato l'annuncio che l'unica tappa italiana dei Rolling Stones si sarebbe svolta al Circo Massimo, le polemiche intorno all'evento si sono moltiplicare come le onde di un sassolino scagliato nell'acqua: chi per motivi economici, chi per cause di ordine pubblico, chi in difesa del patrimonio culturale romano, una schiera di arpie ha iniziato a scagliare una vera e propria pioggia di fango sugli organizzatori e, soprattutto, su Ignazio Marino, addossando gli tutta la colpa di quella che, agli occhi di questi individui, assumeva le dimensioni di un gigantesco attentato al cuore pulsante della cultura nazionale. Ammetto di essermi quasi fatto contagiare da queste colte e fondatissime proteste di queste persone rispettabilissime, ma poi ho pensato "Sicuramente la mia presenza non potrà fare più danni di quelli dei festeggiamenti dello scudetto della Roma" (quando si tratta di calcio, tutto tace), e così, eccomi qui, pronto a stendere la cronaca di questa vera e propria odissea concertistica.
Dopo una giornata caldissima, costituita da un consumo industriale di carissime bottigliette d'acqua e svenimenti a catena, lo spettacolo inizia con l'arrivo sul palco di John Mayer, che, puntualissimo, inizia a intrattenere il pubblico alle 20.00 spaccate con il favoloso arpeggio di "Queen Of California".
Sebbene i giornali di tutta Italia si siano misteriosamente dimenticati di riportarlo, quello di Mayer è stato uno spettacolo unico, talmente bello e coinvolgente da far dimenticare a tutti i 70 mila presenti che dopo avrebbero suonato i Rolling Stones. Un successo che ha consentito di ampliare quello che, esclusivamente nel nostro strano e contorto Paese, è un'artista per molti ancora da scoprire, nonostante sia autore di pezzi già nelle orecchie di tutti, come "Slow Dancin' In A Burning Room", "Belief" e "Waiting On The World To Change", tutte eseguite all'interno di una splendida scaletta conclusasi con l'eterea "Gravity". Insomma, tutti sono già ampliamento soddisfatti, tanto che la serata potrebbe comodamente finire qui.
Fortunatamente, un rombo di tamburi e un intro psichedelico degno del Tomorrowland ci ricordano del perché siamo tutti qui: accompagnati dal riffone di "Jumpin' Jack Flash", Mick Jagger, Keith Richards, Ronnie Wood e Charlie Watt salgono sul palco e ci regalano un'apertura che ci dimostra che il rock si può fare a tutte le età. Come al solito, l'inizio del concerto è affidato ad un trittico adrenalinico formato da "Let's Spend The Night Together", "It's Only Rock'N'Roll (But I Like It) e "Tumbling Dice", che, se da un lato smentisce la voce di una possibile comparsata di Springsteen sul palco, dall'altro ci dimostrano che le vecchie rocce non hanno ancora smesso di rotolare. Certo, Keith Richards ogni tanto si dimentica di suonare (mai di fumare però), Jagger (nonostante i gobbi) si dimentica qualche testo, ma nel complesso l'energia dimostrata finora è veramente impressionante, e siamo appena ad una manciata di brani.
Dopo lo schiaffo, arriva la carezza: la parentesi romantica della serata non viene affidata alla classica "Angie" (purtroppo non presente in scaletta), ma alla ben più recente "Streets Of Love", assente dalle loro scalette da troppo tempo, e si sente: nonostante Jagger fatichi a tenere la tonalità, il pubblico canta e ricanta il ritornello così tante volte da perdere il conto, facendo diventare il pezzo una delle parentesi più coinvolgenti e apprezzate di una serata che, per fortuna, si preannuncia ancora lunga.

Dopo l'ancora più recente "Doom And Gloom", Jagger proclama in diretta il pezzo scelto dal pubblico attraverso la rete (a proposito, Grillo si intravede in tribuna Vip): il vincitore è "Respectable", un brano che viene ulteriormente premiato dalla presenza sul palco di John Mayer, a cui viene offerta un'altra occasione per dimostrare il suo sconfinato talento musicale, regalando al pubblico un siparietto da un vago retrogusto storico, come storici sono i successivi "Out Of Control" e, soprattutto "Honky Tonk Woman", a cui segue una breve presentazione della band che si conclude con Keith Richards, che sostituisce Jagger come protagonista della serata per ben due brani, "You Got The Silver" e "Can't Be Seen", dove, dopo aver buttato via con stremo scazzo la solita sigaretta, si esibisce ancora una volta le sue già confermate doti canore, dimostrandoci che, nonostante i commenti dei maligni su una possibile artrosi alle mani, le sue corde vocali funzionano ancora alla grandissima.
Ma adesso è il momento di passare di nuovo lo scettro a Jagger, che ritorna sul palco armato di armonica per dare l'avvio a una splendida "Midnight Rambler" che può godere della compagnia di Mick Tylor, storico chitarrista della band già salito sul palco in occasione di "Streets Of Love". Da questo momento in poi, la serata è un vero e proprio susseguirsi da pezzi che vanno ad incastrarsi in un grandissimo puzzle di successoni. Dopo la splendida "Miss You", dove il pubblico sembra non stancarsi mai di cantare il motivetto, è il turno di una fenomenale "Gimme Shelter", canzone simbolo di un'epoca, dove ancora una volta la bravissima corista Lisa Fisher dimostra il suo enorme i talento canoro, ammutolendo tutti gli spettatori del Circo Massimo, nessuno escluso.
Ma tranquilli, si ritorna subito a saltare: "Start Me Up" si presenta come un vero e proprio fulmine a ciel sereno, dove il pubblico si scatena fino a far tremare Colosseo, Fori Imperiali e Campidoglio. Chissà, magari anche il buon Francesco dall'alto dei suoi appartamenti avrà perso qualche ora di sonno, forse a causa di un oscuro presentimento: proprio quando il palco sembra essersi spento del tutto, delle fiamme iniziano ad ardere un bosco sui maxi schermi, mentre dei tamburi iniziano a risuonare nelle orecchie di tutti: "Sympathy For The Devil" arriva, inarrestabile, impersonata da un Mick Jagger munito di un non proprio sobrio completo piumato che si agita insieme all'instancabile sculettio del cantante, mentre la chitarra di Richads erompe dagli amplificatori potente come non mai, conferendo al tutto una carica primordiale.
Purtroppo, la stanchezza per molti torna a farsi sentire, ed è giunti il momento di sparare le ultime cartucce: dopo la finta conclusione affidata a "Brown Sugar", il pubblico viene deliziato dall'apertura corale di una magnifica "You Can't Always Get a What You Want", per poi avviarsi all'ovvia conclusione con "I Can't Get No (Satisfaction)", che sfuma in uno spettacolo pirotecnico che lascia tutti a bocca aperta.

E poi?
Gli Stones si abbracciano come vecchi amici, mentre salutano per l'ultima volta un pubblico indubbiamente stanco, ma consapevole di aver assistito a qualcosa di storico e, forse, irripetibile. Diffidate dalle malelingue e dalle polemiche di gente che, probabilmente, degli Stones ha sentito solo il nome, e ascoltate la versione di uno che il concerto se l'è sudato dall'inizio alla fine sotto il palco, sopportando l'improbabile italiano di Mick Jagger: è stato uno spettacolo unico.
Setlist:
John Mayer (h. 20:00)
01) Queen of California
02) Belief
03) Half of My Heart
04) Vulture
05) Who Says
06) Going Down The Road Feeling Better (Henry Whitter cover)
07) Slow Dancing in a Burnin' Room
08) Wildfire
09) I Don't Trust Myself
10) Dear Marie
11) Waiting On the World To Change
12) Gravity
The Rolling Stones (h. 22:00)
01) Jumpin' Jack Flash
02) Let's Spend The Night Together
03) It's Only Rock'n'roll (But I Like It)
04) Tumbling Dice
05) Streets Of Love
06) Doom And Gloom
07) Respectable
08) Out Of Control
09) Honky Tonk Woman
10) You Got The Silver
11) Can't Be Seen
12) Midnight Rambler
13) Miss You
14) Gimme Shelter
15) Start Me Up
16) Sympathy For The Devil
17) Brown Sugar
Encore:
18) You Can't Always Get What You Want
19) I Can't Get No (Satisfaction)