Unaltrofestival: The Lumineers, Daughter, Willy Mason, Matinèe
09/07/13 - Circolo Magnolia, Segrate (MI)


Articolo a cura di Marco Belafatti

Indie is the new mainstream. Nelle terre d’Albione saluterebbero così la fiumana di artisti underground che nel giro di pochi anni hanno lasciato i piccoli club di provincia per calcare i palchi dei più grandi festival estivi. Magari con una bella ospitata in quel di Glastonbury, praticamente la Mecca di ogni musicofilo che si rispetti. Da noi – si sa – le cose funzionano un po’ diversamente e, da bravi fanalini di coda quali siamo, in Italia ci lasciamo immancabilmente sfuggire non solo le band “di nicchia” più particolari e meritevoli, ma anche quelle il cui nome circola già sulla bocca di tutti da qualche anno, al punto che eventi di una certa portata come Heineken Jammin’ Festival, Rock in IdRho e A Perfect Day Festival vengono miseramente annullati. In soccorso di chi persevera, e di chi nella musica suonata dal vivo ci crede ancora, interviene però un’accoppiata vincente: Comcerto e Circolo Magnolia trasformano due calde giornate della torrida estate milanese nell’occasione per farsi viziare da quelli che sono i gruppi di punta del panorama indie rock che conta, con una prima giornata dedicata alle sonorità più folk-oriented – alla quale SpazioRock ha voluto presenziare – e una seconda immersa nei vortici della psichedelia.


Sono quasi le 20 e sul palco di UNALTROFESTIVAL fanno capolino gli italiani Matinèe, ennesima formazione emigrata in quel di Londra per far sentire la propria voce fuori dagli angusti confini di casa nostra. A dire la verità, il rock melodico del quartetto appare tanto spensierato quanto privo di un carattere vero e proprio, pertanto il rammarico degli emigranti non insaporisce una proposta musicale che deve ancora trovare la propria quadratura del cerchio. Lo svezzamento, tuttavia, non appare così improbabile: se il produttore di Mogwai e Belle and Sebastian ha deciso di interessarsi alla band significa che il materiale su cui lavorare è ben solido. Noi li attendiamo nuovamente da queste parti, possibilmente con un repertorio più corposo e accattivante.

 

willymason_livereport_2013_01Di ben altro spessore l’esibizione dell’americano Willy Mason (anche lui trapiantato nella capitale inglese), solo sul palco in compagnia di un set di chitarre da far gola ai migliori bluesmen. Rispetto alla recente prova in studio “Carry On”, la musica dell’artista perde qualche arrangiamento ma guadagna in espressività, solleticando il raccoglimento del pubblico, che a più riprese segue le canzoni con il battito delle mani. Il repertorio attinge a piene mani dalla tradizione blues/folk americana e Mason, col piglio del cantautore rodato, alterna malinconici racconti di vita vissuta e speranze per un futuro luminoso, lasciando che le parole di una meravigliosa “Oxygen” accarezzino la pelle di chi, ogni giorno, sogna che la musica possa cambiare le carte in tavola (We can be richer than industry / As long as we know that there's things that we don't really need / We can speak louder than ignorance / Cause we speak in silence every time our eyes meet).

 

daughter_livereport_2013_01Cambio di palco e cambio di sonorità per i Daughter, terzetto londinese rivelazione del 2013 che oggi si esibisce per la prima volta in Italia. Prima ancora della proposta a metà tra un pop elettronico dalle venature dreamy e vagamente folk e il post-rock tempestoso importato dall’Islanda, stupisce la meticolosità con cui la band imbastisce la propria performance, accordando personalmente ogni strumento e aiutandosi con un set di distorsioni dall’indubbio fascino. Elena Tonra è un timido folletto completamente rapito dalle sinuose scie della sua chitarra, dalla quale sgorgano i pezzi più belli del debut album “If You Leave” (“Tomorrow”, “Still”, “Human”, “Amsterdam”, “Winter”), oltre a qualche perla nascosta tratta dai primi EP (“Love”, “Landfill”). Poiché la dimensione “post” è in netto vantaggio rispetto a quella folk, i Daughter pagano lo scotto di una posizione in scaletta non proprio favorevole e il pubblico si dimostra meno ricettivo nei loro confronti di quanto non sia stato con gli headliner della serata. Ci consoliamo nella consapevolezza che questi ragazzi giovani e talentuosi, oltre a dare appuntamento ai fan italiani per un concerto da headliner a Bologna il prossimo 15 novembre, suoneranno ben presto in compagnia di The National e Sigur Rós.

 

thelumineers_livereport_2013_01

 

Di fronte al cortile di un Circolo Magnolia ormai gremito compaiono quindi The Lumineers, pronti a presentare dal vivo il loro album d’esordio trascinato dall’irresistibile singolo “Ho Hey” (sì, l’abbiamo sentito praticamente ovunque, dalla tv alla radio, forse anche in qualche centro commerciale, ma loro sono molto più di una band da “una hit e via”). Wesley Schultz, Jeremiah Fraites e Neyla Pekarek e i loro session-men sono musicisti incredibilmente abili; lo si capisce innanzitutto dalla spontaneità con la quale si muovono sul palco, alternandosi tra i vari strumenti (tra cui spiccano un vecchio pianoforte in legno e una grancassa battagliera posizionata al centro del palco), ma anche dall’impressionante “rinvigorimento” del quale molte canzoni del disco (anche quelle più sottotono) riescono a beneficiare in sede live. La band di Denver danza, salta e canta accompagnata da una folla in delirio, che non manca di intonare a pieni polmoni i ritornelli delle ormai celebri “Submarines”, “Flowers In Your Hair”, “Dead Sea” e “Stubborn Love” (emozione pura), seguendo gli incitamenti di Jeremiah, uno spettacolare showman ancor prima che un batterista. Il folk rock dei Lumineers è carismatico sanguigno quanto basta da portare gli astanti – su invito dello stesso frontman – a spegnere i cellulari per godersi un concerto che è anche una festa tra vecchi amici (di nuovo emerge uno spirito tipicamente italico che induce ad un’amara quanto necessaria riflessione: è così difficile gustarsi della buona musica senza pensare a postare l’ennesimo aggiornamento sul social di turno?). È una festa in cui si scherza sulle note di un duetto per voce maschile e femminile, raccontando di un fugace innamoramento, in cui ci si abbraccia in allegria (come nella finale “Big Parade”, un tripudio incontrollabile di voci e battiti di mani), in cui ci si strugge per quegli amori che mai dimenticheremo (“Slow It Down”, “Morning Song”), in cui ci si raccoglie per ascoltare storie di viaggi, di luoghi lontani e persone conosciute lungo la via. Finita la festa si torna a casa o si parte per un nuovo viaggio, con la mente un po’ più leggera e il cuore un po’ più caldo.

 

Due giornate di musica per una line-up veramente interessante e ben assortita (ricordiamo che questa sera UNALTROFESTIVAL ospiterà sul proprio palco Tame Impala, Deap Vally, Melody’s Echo Chamber e Local Natives). Non siamo in Inghilterra, è vero, ma continuiamo a cantare le nostre canzoni e i nostri sogni, come abbiamo fatto questa sera. E festival come questo teniamoceli stretti.

 

We can be stronger than bombs
If you're singing along and you know that you really believe




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