Alter Bridge - AB III Tour
29/11/11 - Wembley Arena, Londra


Articolo a cura di Alessandro Casarotti
Per qualsiasi musicista suonare alla fermata Wembley Park di Londra col tutto esaurito significa aver raggiunto l’apice del successo. Solo poche rock band possono permetterselo oggigiorno e nessuna con appena tre album alle spalle.  Gli Alter Bridge, dopo quasi un anno e mezzo di “AB III Tour”, hanno scelto proprio la Wembley Arena per il concerto conclusivo e la registrazione del nuoco DVD live, in uscita nel 2012. Soprattutto per i nostalgici dei Creed deve essere stato un duro colpo: la band di Tremonti e Stapp non c’era riuscita, nonostante un miglior risultato nelle vendite. Le parole di Myles Kennedy: “Oh my God, this is what I dreamed of in my bedroom when I played guitar with a tennis racket”, catturano l’emozione immensa provata dagli stessi componenti degli Alter Bridge nel chiudere il tour europeo con una data-evento nella mitica arena a Nord di Londra. Per rendere il concerto ancora più attraente e la folla entusiasta, si sono fatti precedere sul palco da due band che li hanno accompagnati per svariate date negli ultimi mesi: Theory of a Deadman e Black Stone Cherry; gentilmente offerti dalla Roadrunner Records, label delle tre band d’oltreoceano. Considerarli gruppi di supporto (soprattutto i BSC) è un po’ riduttivo, visto che durante le performance sponsorizzeranno i loro tour da headliner d’inizio 2012. Si preannuncia un evento elettrizzante, a parte per i difetti congeniti alla registrazione di un concerto live: tempistiche ben scandite, cameramen che intasano la scena, poca originalità e molto perfezionismo.

Uscendo dalla fermata della Jubilee Line ci si trova davanti in tutta la sua imponenza il nuovo stadio di Wembley e l’adiacente Arena: già l’imperiosità architettonica fa respirare l’adrenalina che anticipa i grandi eventi. Sono da poco passate le sei e mezza e le porte sono aperte da circa trenta minuti, tant'è che sugli spalti e ancor più sotto il palco di spazio libero ne rimane ben poco. I Theory Of A Deadman non si fanno attendere, essendo la scaletta di qualsiasi registrazione  piuttosto rigida, ore 18.45 la band di North Delta (British Columbia, Canada) sale energica sul palco. In mezzora propongono i sei singoli estratti dagli ultimi due album, “Scars & Souvenirs” e “The Truth is…”, intervallati dall’intro di “Paradise City” dei Guns ‘n Roses e “Cocaine” di Eric Clapton, per sciogliere completamente la platea. Il frontman Tyler Connolly non concede pause e con una voce accattivante incita e fa cantare il pubblico già numeroso. Chiamatelo pure “warm-up” ma si percepisce che i ragazzi canadesi non vogliono sfigurare davanti alle due più acclamante band americane.

Una mezzora di pausa e la scena è per i Black Stone Cherry. Che siano più di una band di supporto si vede dall’Arena, già piena e pronta ad infiammarsi e ad intonare ogni loro canzone tanto quanto verrà fatto poi per gli Alter Bridge. Impressionante è la potenza che sprigionano dal palco. Sono uno di quei rari casi di band che nei live si trasforma (in positivo) rispetto allo studio, sembra addirittura un altro genere: non più un classico southern rock contemporaneo ma vero e proprio hard rock, a tratti fin thrash metal stile Metallica. Il volume della batteria di John Fred Young è aggressivo, tonante; la voce di Chris Robertson rauca ma mai sbiadita, con un’abilità alla chitarra da rendere i Black Stone Cherry quasi una one-man band. Nel contempo Ben Wells e Jon Lawhon (rispettivamente chitarra e basso) volano instancabili da una parte all’altra del palco, al limite dell’essere semplici figuranti. La loro origine nelle colline del Kentucky risuona col blues di Hoochie Coochie man, cover di Muddy Waters. La varietà della scaletta propone un’alternanza di brani estratti dall’ultimo album e vecchi singoli, che conferma la loro natura di band da classifica. Chiudono l’ora abbondante di concerto, infatti, col primo singolo “Lonely Train”, ma sono le esecuzioni di “Peace is Free” e “Things My Father Said” a lasciare il segno, cantate quasi totalmente in acustico in parte dal pubblico ed in parte da Chris, emozionato a tal punto da eccedere un po’ troppo nella tonalità. Almeno un encore sarebbe stato molto gradito dagli spettatori sotto il palco, però le tempistiche del DVD non gliel’hanno concesso. Da segnalare è l’esperienza ed il carisma che i Black Stone Cherry dimostrano sul palco nonostante la giovane età. Probabilmente conviene acquistare il biglietto per il tour del 2012: un loro show da headliner può solo regalare ulteriori soddisfazioni.

Alle ore 21.05 in punto le luci si abbassano e l’ombra di Myles Kennedy appare cupa in scena sulle note che introducono a “Slip to the Void”,  come durante tutto il tour. D’altronde non ci si può che aspettare la classica scaletta proposta lungo questi diciotto mesi di concerti dalla registrazione del live degli Alter Bridge a Wembley. Quindi, anche se  nelle due ore di performance viene dato un buono spazio all’ultimo album “AB III”, rimane una prevalenza di canzoni da “Blackbird”, l’album più sentito sia dalla band che dal pubblico, più le intramontabili cinque dal primo “One Day Remains”. Un totale di ventidue tracce che lo rendono il concerto più lungo del tour, senza troppe sorprese, con una sequenza ritmica tale da rendere partecipi fin da subito i 10000 fan presenti e il dvd un ottimo ricordo per tutti quelli che li hanno seguiti finora. Certamente non credo serva confermare le abilità della band di Orlando (anche se prende il nome da un ponte di Detroit, ndr) sia live che in fase compositiva, visto che sono state spese centinaia e centinaia di parole. Neppure mi metto a descrivere la voce di Myles, sicuramente una delle più performanti e versatili nel panorama rock contemporaneo, e nemmeno l’estensione del braccio di Tremonti firmato PRS. Piuttosto c’è da chiedersi perché nella registrazione di un DVD a Wembley, quindi in un’Arena di notevoli dimensioni, si siano voluti utilizzare quattro quadri di led come visuals: assolutamente insignificanti in relazione sia ai motivi delle canzoni sia al contesto scenico. Mancavano totalmente dei maxi-schermi, necessari, e degli effetti visivi a livello di una registrazione per DVD. Questo è un errore che pagano band come loro, che preferiscono suonare tendenzialmente in locali dove si ha un contatto diretto col pubblico (come La Maroquinerie a Parigi); nei quali non si ha bisogno dell’aiuto di luci ed immagini per far trasportare gli ascoltatori, quando basta la volatilità di un sentimento che fuoriesce dall’estro sulle progressioni armoniche, come nella migliore tradizione jazz (genere sul quale si è formato M.Kennedy, ndr). Considerato l’investimento ingente che avrà affrontato la Roadrunner Records, una maggiore cura a questa componente sarebbe stata dovuta.

Questa critica tecnica è l’unica che si può fare ad una band che è musicalmente completa, così come l’intero live registrato a Londra. L’inizio è prorompete, da “high voltage”, ritmo senza soste:  i dialoghi di Myles coi suoi fan o gli intermezzi di sola chitarra di Tremonti riempiono ogni cambio tra una canzone e la successiva. E’ un crescendo di vibrazioni fino all’immensa esibizione di “Blackbird”, dedicata all’uomo che regalò la prima chitarra a Myles, il quale dà tutto… pure la voce, che viene a mancare alla fine dell’esecuzione ed era già stata messa alla prova da un acuto interminabile sul finale di “Broken Wings”. Subito a seguire è commovente la doppia esibizione in versione acustica di “Wonderful Life” e “Watch Over You”, cantata per lo più dai diecimila presenti in una costellazione di luci di cellulari e macchine fotografiche ondeggianti, a ricreare la delicatezza dei due testi. Non possono che ringraziare il pubblico: “so glad they’d chosen to do the DVD here, we couldn’t have picked a better place”. Un finale potente con “Ties That Bind” e “Isolation” chiude la prima parte. Se qualcuno ha seguito gli Alter Bridge negli ultimi tre-quattro anni sa bene che mancavano solo due canzoni, lasciate per l’encore: “Open Your Eyes” e “Rise Today”, intervallate dal consueto duello tra chitarre, non mi dilungo sulla spettacolarità di entrambi lungo la pentatonica, che abbiamo più volte ammirato in Italia.

Un’esplosione di stelle filanti chiude il concerto e questi diciotto mesi di tour (a parte per una data in Australia ad inizio 2012): una cannonata, come la detonazione provocata dagli amplificatori di queste tre band che si sono succedute magistralmente sul palco di Wembley. Dopo aver riempito l’Arena londinese, gli Alter Bridge si legittimano per diventare i futuri headliners dei festival estivi, anche se hanno dichiarato di voler prendersi una pausa dopo questo interminabile tour; che sia in cantiere un album per il 2013, come fanno supporre le loro produzioni a cadenza triennale? Intanto aspettiamo l’uscita del DVD.


Theory Of A Deadman - Setlist

Gentlemen
So Happy
Lowlife
Bitch Came Back
Cocaine (Eric Clapton cover)
Hate My Life
Bad Girlfriend

Black Stone Cherry - Setlist

Change
Blind Man
Yeah Man
Soulcreek
In My Blood
Rain Wizard
Things My Father Said
White Trash Millionaire
Peace is Free
I’m Your Hoochie Coochie Man (Muddy Waters cover)
Maybe Someday
Blame it on the Boom-Boom
Lonely Train

Alter Bridge - Setlist

Slip to the Void
Find the Real
Ghost of Days Gone by
Before Tomorrow Comes
Come to Life
All Hope is Gone
White Knuckles
Brand New Start
Metalingus
Broken Wings
I Know It Hurts
One Day Remains
Coeur D’Alene
Buried Alive
Blackbird
Wonderful Life
Watch OVer you
Ties That Bind
Isolation

Encore

Open Your Eyes
Dueling Guitar Solos – Mark and Myles
Rise Today


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