Poteva essere un mercoledì da leoni, britannici per l’esattezza, per il branco di felini albionici guidato da Steve Harris. A fare della facile ironia si rischia di essere davvero troppo ingenerosi verso il celebre bassista, giunto in Italia per la prima delle due tappe a supporto del controverso “British Lion”. Il disco non ha certo scaldato gli animi di pubblico e critica, ed erano in molti a pronosticare una serata a uso e consumo di pochi Maiden fans. Il tour tocca il Belpaese in un momento in cui di voglia di svagarsi ce n’è davvero poca: all’interno del Live Club di Trezzo sull’Adda l’affluenza è troppo scarsa e il locale è pieno meno che per metà. Sembra proprio che a rispondere sia stata una sparuta minoranza, accorsa giusto per assicurarsi che non fosse sfuggito qualcosa all’ascolto di “British Lion”. O se volete, con la speranza che Harris potesse in qualche modo creare una magia inedita rispetto ai Maiden.
Sono le nove e mezzo quando il gruppo si presenta sulle note di “This Is My God”, la prima rassicurante impressione è di trovarsi davanti a un gruppo autentico e non a un manipolo di comprimari. La band appare davvero affiatata e Zio Steve non sembra affatto intenzionato a voler rubare la scena a tutti i costi. Che poi ci riesca lo stesso è un altro discorso: il repertorio che lo ha reso un’autentica icona c’è tutto, le mitragliate, le smorfie, il labiale che segue incessantemente il cantato, un carisma che trasuda da ogni singola mossa. Se dal palco la band riesce a trasmettere una discreta intensità, non altrettanto si può dire di un pubblico sulle prime abbastanza statico, più impegnato a studiare da vicino le mosse del proprio idolo piuttosto che godersi le vibrazioni del concerto. Lo show non aggiunge molto rispetto a quanto detto sulla band, che parte bene con i primi tre estratti da “British Lion”, ma i cui limiti vengono fuori già dopo una manciata di brani. Se la prova dei due chitarristi è più che buona, non altrettanto si può dire del vocalist Richard Taylor, già pomo della discordia in studio, che mostra evidenti difficoltà in termini di estensione vocale e di resistenza. Il concerto scorre via fra i brani del disco e qualche inedito nel complesso mediocre. Pur con tutti i limiti del caso, il gruppo sembra divertirsi davvero un mondo e si fa in quattro per rendere il concerto coinvolgente. Le cartucce migliori vengono sparate tutte nel finale: “A World Without Heaven”, “Us Against The World” (che si guadagna un inatteso coro “British Lion/ British Lion” da parte del pubblico) sono i pezzi più maideniani del lotto, cui forse non a caso la dimensione live rende maggiormente giustizia. Non è neppure un caso che la bellissima “Judas” venga inserita a chiusura del set, incluso ahimè l’inascoltabile break centrale, un inserto che sembrava troppo finto per essere vero e che viene riproposto pari pari con un accenno di chitarra acustica da parte di Taylor. Nei bis spazio per l’immancabile tributo agli UFO con la cover di “Let It Roll” e in chiusura “Eyes Of The Young”, saltellante estratto dal disco che trascina il pubblico verso un coinvolgente finale.
In una recente intervista a Kerrang! Steve Harris ha detto di considerare “British Lion” più un side project che un disco solista; difficile credergli, con il suo nome in bella vista sulla copertina. Da parte nostra non ci aspettavamo certo una svolta nella carriera di Steve, né tantomeno nel suo stile compositivo, e non è questa la sede per approfondire il perdurante stallo di un bassista che ha scritto comunque pagine indimenticabili nella storia del rock duro. Un concerto fatto di sensazioni contrastanti, non un mercoledì da leoni dunque, ma una rilassante serata infrasettimanale a base di un genuino hard rock, e tanto basta. Per le emozioni forti, occorrerà aspettare il mese di giugno e il Maiden England Tour.
In una recente intervista a Kerrang! Steve Harris ha detto di considerare “British Lion” più un side project che un disco solista; difficile credergli, con il suo nome in bella vista sulla copertina. Da parte nostra non ci aspettavamo certo una svolta nella carriera di Steve, né tantomeno nel suo stile compositivo, e non è questa la sede per approfondire il perdurante stallo di un bassista che ha scritto comunque pagine indimenticabili nella storia del rock duro. Un concerto fatto di sensazioni contrastanti, non un mercoledì da leoni dunque, ma una rilassante serata infrasettimanale a base di un genuino hard rock, e tanto basta. Per le emozioni forti, occorrerà aspettare il mese di giugno e il Maiden England Tour.