Di colori nel cielo dell’esordio discografico dei nostrani Steronoises non è che ce ne siano poi molti. Due soltanto, difatti, le sfumature cromatiche preponderanti all’interno del disco: una prima parte fortemente dedita alle atmosfere elegantino-perfettine di un certo rock elettronico di matrice anglosassone dei primi ‘90s (da “Time” a “Reach The Sky”), poi un ponte darkwave country che sa tanto di “Personal Jesus” (”Room On Fire”), e quindi via, una conclusione di matrice un filo più lento-depressiva, che sa tanto di scena alt tipicamente italiana.
Ciò che rende scricchiolante l’efficacia di questo esordio, tuttavia, non è il suo essere stantio e totalmente derivativo nei suoi riferimenti musicali, ma la natura di croce e delizia dell’apporto del frontman della band, Andrea Di Blasi, tanto certosino e con discreto gusto nel programmare synth e tastiere, quanto fortemente grossolano e decisamente mediocre nell’intonazione vocale.
“Colours In The Sky”, quindi, si spegne inesorabilmente così nelle nostre orecchie, tra abbondante effetto noia da “già sentito” e la delusione del classico lavoro che necessita di abbondante rifinitura per risultare anche solo vagamente vincente. Purtroppo, c’è davvero ancora molto lavoro da fare, qui…