Fai partire questo “Megalithic Symphony” – che ha un magnifico e “spesso” artwook a corredo del digipack che ti sembra l’ultimo nato in casa Alan Parson nel più cosmico dei Nirvana – e ti ritrovi ad avere a che fare, dopo ben due intro (una strumentale, ed una recitata), con un’opera di brioso pop-rock fortemente contaminato di elettronica, funky ed una produzione stellare.
Ora, cosa salva il debutto degli Awolnation - progetto solista di Aaron Bruno, vocalist già leader di band come Hometown Hero ed Under The Influence Of Giants – dall’essere un clone appassito di una band tipo – che so – i Maroon 5? Non è una domanda poi campata in modo così casuale, perché in certi frangenti (“Jump On My Shoulders”) ti sembra proprio di essere di fronte ad una versione elevata alla ennesima potenza - in termini di resa qualitativa e coinvolgente interesse - della band di Adam Levine. Innanzitutto, la voce del buon Bruno: ben lontana da odiose nasalità e monotonali interpretazioni, il Nostro ha questa voce ruvidamente hard rock, ma in grado anche di esprimersi alla perfezione in incalzanti falsetti…una sorta di Jørn Lande al servizio del pop. Quindi, la capacità di scrittura ed arrangiamento, che si condensa – per modo di dire – con molta efficacia in una suite finale (“Knights Of Shame”) che spazia dall’hip-hop al dream pop, senza conoscere un solo momento morto e senza risultare tenuta insieme con lo sputo. Nel mezzo, ovviamente, anche canzoni molto più lineari e dirette, come l’incalzante “Soul Wars” o il singolo “Sail”, dove i synth vengono usati con maestria nel determinare l’umore martellante del brano, e tutto con rare, rarissime concessioni ad una faciloneria svilente e poco accattivante (tra le poche, forse solo “People” è autenticamente scontata).
Ecco grossomodo elencati i motivi per cui questa sinfonia megalitica riesce ad arrivare con estrema naturalezza alla sua conclusione senza annoiare né appesantire in alcun modo l’ascoltatore, più come fosse il rivo d’acqua che scorre tra le pietre della copertina che non la roccia stessa che svetta, imponente, sull’oceano. E ci si augura di trovarci presto di fronte ad un altro episodio discografico ancora più convincente a firma Awolnation, perché si ha come la stuzzicante sensazione che il meglio debba ancora arrivare, nonostante quanto proposto sinora sia sufficiente a farci premere, con il sorriso sulle labbra, un’altra volta il tasto “play”.