Da una personalità artistica eclettica come Michele Camorani - noto ai più per essere l’uomo dietro alle pelli dei Raein, de La Quiete e di moltissime altre band del sottobosco indiependente italiano - non ci si deve meravigliare di trovarsi tra le orecchie, come esordio solista a marchio Havah, un disco come “Settimana”.
Siamo di fronte ad un intrigante “concept involontario”, in cui i sette brani che compongono l’opera cercano in un qualche modo di cavalcare l’ipotetica settimana di una persona che sta per concludere un legame importante con qualcuno (o con il mondo, chissà…) incorniciando il tutto in un quadro sonoro a metà strada tra l’alternative rock più corrosivo e l’oscura pacatezza di una wave ottantiana a fare come da valium a questo attacco d’ansia isterica improvvisa. Ecco, quindi, come il decadentismo del “Lunedì” assumi la propria consona connotazione tragica, il “Martedì” è pigramente elegante, il “Mercoledì” è indeciso, il “Giovedì” rassegnato, il “Venerdì” risolutore – e leggermente triste nella sua eco acusticheggiante, il “Sabato” ostenta volontà di riscatto e leggerezza, mentre la “Domenica” è una pura scarica vitale non priva, però, della rabbia e della cupezza che caratterizzano la totalità di quest’opera sferzante (poco più di 20 minuti durata totale).
Registrato in un adorabile lo-fi che rende ancora più intimamente scarno il tutto, “Settimana” è un disco che non mancherà di farsi amare in modo viscerale dagli estimatori degli Afterhours prima maniera, ma che saprà altresì incantare anche coloro che sono coraggiosamente alla ricerca di suoni ricercati ed alternativi, ma senza che essi risultino eccessivamente celebrali o scarsamente emozionali.
A quanto pare, il “7” è proprio il numero karmico che caratterizza quest’opera, sino in fondo.