Beardfish
The Void

2012, InsideOut Music
Prog Rock

Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 28/09/12

Evidentemente ai Beardfish non piace stare con le mani in mano, arrivando puntuali alla nuova scadenza annuale. Svedesi, dediti al prog rock dei seventies, i nostri sono ormai da tempo una realtà affermata nel prolifico revival prog scandinavo degli ultimi anni, riuscendo spesso a piazzare colpi di grandissima fattura. Un ritmo così elevato (sette album in nove anni) che pone sia il rischio di incappare in qualche battuta d’arresto, come la pronta occasione di rifarsi in breve tempo.

Il riferimento è ovviamente al precedente “Mammoth”, del 2011, un full-length controverso che ha creato non pochi malumori nella fanbase, e al nuovo “The Void”, la risposta migliore che il combo svedese potesse dare. Crediamo infatti che nessun affezionato ascoltatore dei nostri arrivi scontento alla fine di quest’ora (molto abbondante) di musica. Il motivo? Semplice, “The Void” è un album riuscito come meglio non si poteva, una bella risposta ai dubbi emersi col precedente lavoro e l’ennesima dimostrazione del talento di questi grandi musicisti, ad oggi purtroppo tra i più sottovalutati del panorama europeo e svedese (ogni riferimento agli odierni Pain of Salvation è puramente casuale).

Ovvio, i Beardfish sono prettamente degli “esecutori”, come tutti quelli che si rifanno ai giganti del prog rock che fu, senza però rinunciare a variare la proposta o renderla perlomeno riconoscibile e identificabile, per la serie “qui non si inventa nulla ma proviamo a metterci del nostro”. A questo giro infatti gli svedesi decidono di donare una patina più scura e pesante alla propria musica, dando maggior risalto alle chitarre e sfociando di tanto in tanto in territori prog metal (dimostrando di dare paga anche quando il suono si fa più duro), senza dimenticarsi melodie, partiture ariose e stacchi strumentali lunghi e articolati, da sempre i cardini del quartetto nord europeo.

Ci si potrebbe chiedere dunque quali siano i motivi per ascoltare (e comprare) “The Void”. Per prima cosa questo è uno di quei full che una volta fatti partire scorrono con estremo piacere, sempre pronti a stupire e ad appagare le diverse sfaccettature del proprio gusto musicale (potenza, tecnica, raffinatezza, ecc...), l’indubbia prova strumentale maiuscola di tutta la band, godersi l’ugola di Rikard Sjöblom (anche chitarra e tastiere), davvero notevole, ma soprattutto l’avere tra le mani tanti brani tutti convincenti e ottimamente rifiniti. Al giorno d’oggi tutte qualità sempre più rare. Se vi piace il prog rock, concedete un’opportunità a “The Void”, non ve ne pentirete.



01. Introduction

02. Voluntary Slavery

03. Turn To Gravel

04. They Whisper

05. This Matter Of Mine

06. Seventeen Again

07. Ludvig & Sverker

08. He Already Lives In You

09.  Note

10. Where There Lights Are Low

Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool