Ascesa, declino, scioglimento, ritorno sulle scene con fortune alterne: in un modo o nell’altro, che lo vogliate o meno, i Dokken onorano quest’anno i 35 anni di carriera, e lo fanno dando alle stampe “Broken Bones”.
Tagliamo subito la testa al toro ed andiamo dritti al punto: il buon Dokken ha ancora una bella voce, non più determinata ed incisiva come un tempo (e questo in alcuni momenti inficia purtroppo la riuscita completa dei brani dove maggior aggressività non avrebbe guastato, anzi) ma pur sempre piacevole da ascoltare; gli arrangiamenti sono ottimi sia negli episodi più energici come l’opener “Empire”, “Blind” e l’affascinante “Victim Of The Crime”, sia nelle atmosfere acustiche e riflessive della ballad “Today”. I Nostri se la cavano altrettanto bene anche in canzoni come “For The Last Time”, dove c’è una sapiente alternanza tra l’energia del ritornello e della parte finale, e la delicatezza della strofa. Sui due piatti della bilancia, dove da una parte poniamo l’impossibilità di Dokken nel dare più incisività vocale nei brani e dall’altra mettiamo invece l’intrinseca bontà del lavoro proposto, il peso maggiore è fortunatamente posto su quest’ultimo piatto. È innegabile che “Broken Bones” sia un disco ben congeniato, ben suonato e ben prodotto.
Qualora ci fosse stata un po’ più di cattiveria nel cantato dei brani più aggressivi, saremmo di fronte ad un album eccellente, invece nello stereo gira un CD “solamente” ben fatto, che cresce ascolto dopo ascolto. Inizialmente forse non vi convincerà proprio per i motivi suddetti, ma successivamente si farà apprezzare proprio per la sua qualità migliore: essere un disco onesto, sincero, nato con passione e per passione.