Sylosis
Monolith

2012, Nuclear Blast
Thrash

Recensione di Lorenzo Zingaretti - Pubblicata in data: 08/10/12

Arrivano al terzo album i metaller britannici Sylosis, uno dei gruppi più promettenti della scena “post-thrash” europea, attesi al varco da critici ed appassionati. Dopo il cambio di lineup del disco precedente, in cui il chitarrista e fondatore della band Josh Middleton aveva rilevato anche i compiti vocali (visto l’abbandono del precedente cantante Jamie Graham), in questo “Monolith” i Sylosis cercano di confermare quanto di buono avevano fatto sentire nelle precedenti esperienze. Muovendosi idealmente in una linea a cavallo tra il thrash e il melodic death metal, il gruppo inglese fonde le sue innumerevoli influenze musicali in un prodotto di buona fattura e sicuro appeal tra chi cerca potenza e tecnica nel metal.

Il fattore delle influenze è la classica situazione da “croce e delizia” per i Sylosis. Se da una parte il gruppo riesce a districarsi tra i diversi elementi che compongono il sound con una certa abilità, tipica di una band già esperta, dall’altra la sensazione di “già sentito” rischia di minare la bontà del prodotto finale. Il fatto è che, in più di un’occasione, chi ascolta si rende conto della provenienza di certe soluzioni: si susseguono riff thrash a metà tra il groove dei Lamb Of God e i Testament di “The Gathering”, inserimenti di tastiera che ricordano il melodeath dei Soilwork o certo metalcore (Bleeding Through su tutti), addirittura un tipico espediente made in Metallica, quello di iniziare alcuni pezzi con arpeggi di chitarra pulita.

Come detto, comunque, la gestione delle influenze è un punto a favore dei Sylosis, e se non ci si ferma ad un’analisi troppo critica questo “Monolith” riesce senza dubbio a soddisfare le pretese. Quindi ci si può ritrovare a scatenarsi in un headbanging appena parte il riff di “Fear the World”, oppure i possenti mid tempo disseminati nella tracklist. Si possono senz’altro apprezzare i momenti più epici, in particolare la title track, o la versatilità vocale di Middleton, che con un ampio range di scream e growl non deve “rifugiarsi” nelle più scontate clean vocals per rendere efficaci i ritornelli (è il caso di “Paradox”). Oltretutto lo stesso leader della band si dimostra un chitarrista degno di questo nome, regalando diversi assoli di buona fattura, che nascondono un amore per certo progressive metal. E i Sylosis lasciano anche una sorpresa alla fine: la hidden track, dopo circa dieci minuti di silenzio, è un pezzo acustico molto vicino agli Opeth di “Blackwater Park”, un’anima che la band avrebbe forse potuto scoprire di più durante tutto il disco, non relegandola alla fine (o all’arpeggio che chiude “A Dying Vine”).

In definitiva i Sylosis con “Monolith” realizzano un disco interessante, che grazie allo spettro di influenze può attirare molti ascoltatori metal e non limitarsi ad una nicchia relativa ad un genere. Sì, il thrash moderno è senza dubbio dominante, ma va a comporre la base su cui si installano tanti altri ingredienti. Dall’altro lato, come già suggerito, la sensazione di aver già ascoltato approcci simili al metal rimane durante tutto il corso dell’album, e mina l’originalità del lavoro e il giudizio finale, che comunque resta positivo. Anche perché, arrivati a fine 2012, i gruppi metal che inventano qualcosa di nuovo si contano sulle dita di una mano senza un paio di dita.



01. Out From Below

02. Fear The World

03. What Dwells Within

04. Behind The Sun

05. The River

06. Monolith

07. Paradox

08. A Dying Vine

09. All Is Not Well

10. Born Anew

11. Enshrined

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