Stone Sour
House of Gold & Bones - Part 1

2012, Roadrunner Records
Rock

Al quarto tentativo gli Stone Sour centrano il bersaglio grosso
Recensione di Stefano Risso - Pubblicata in data: 21/10/12

La smania di dividere un concept in più album ha contagiato anche gli Stone Sour che, con “House of Gold & Bones - Part 1”, presentano a due anni dal buon “Audio Secrecy” la prima parte di una storia articolata in due atti, in cui si narra di un uomo a un bivio nella propria vita, indeciso tra la responsabilità dell’età adulta o la vita leggera da adolescente. Una storia che deve aver stimolato per bene Corey Taylor, tanto che nel 2013 uscirà anche in versione comic book.

Questa grande ispirazione sembra comunque aver giovato moltissimo alla band, dando alla luce probabilmente l’album migliore in carriera, il lavoro che potrebbe permettere il salto di qualità agli Stone Sour, non tanto dal punto di vista dell’audience, quanto dal punto di vista artistico. Le coordinate degli americani non sono cambiate in modo sostanziale dal precedente inciso, è stato però compiuto un importante “upgrade” sotto ogni punto di vista. Al di là dei paragoni sbandierato da Taylor nei mesi precedenti alla pubblicazione (“The Wall che incontra Dirt con un po’ di heavy metal”), tutto l’impianto musicale degli Stone Sour appare solido, forte di una già menzionata grande ispirazione e portando in dote una profondità che mai fino ad ora era affiorata nella musica degli americani.

Sempre sul confine tra rock duro e heavy metal, “House of Gold & Bones - Part 1” distanzia le precedenti uscite dei nostri sia sul piano strettamente musicale che della personalità. Non deve trarre in inganno un brano apripista come “Gone Sovereign”, classico pezzo da singolo, l’album è ben altro che una semplice sfilata di brani ammiccanti e radio friendly, o meglio non solo. Lungo la tracklist si passa da momenti in cui i nostri mostrano i muscoli come “Absolute Zero”, “RU486”, “Last of the Real”, ad altri di grande raccogliemento, sofferti, intensi, donando appunto quel tocco di emozione che eleva tutta la proposta, facendo risaltare in maniera indiretta gli estratti più energici, in un’alternanza molto appagante durante l’ascolto. Gli Stone Sour hanno sempre avuto il “vizietto” della ballata dai tempi di “Bother”, ma l’attenzione e la cura riposte in “House of Gold & Bones - Part 1” non si erano mai sentite, vedi gli arrangiamenti orchestrali molto eleganti e le aperture melodiche efficacissime.

Un miglioramento su tutta la linea dunque, una maggiore applicazione sia nella parte “heavy” (ottimi gli assoli, come le ritmiche delle due asce Root/Rand) e una maggiore consapevolezza nel saper ammorbidire e ingentilire il tutto senza scadere nel banale, allestendo un disco molto potente e toccante al tempo stesso. Un album sorprendente che sta già riscuotendo incetta di voti nei maggiori magazine del settore e che finalmente mostra tutte le qualità degli Stone Sour al meglio e in un unico lavoro. Aspettiamo ansiosi la seconda parte in arrivo nel 2013. Ascoltatelo, non ve ne pentirete.



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