37 anni di onorata e roboante carriera. 37 anni passati sui palchi di mezzo mondo e più. 37 anni in cui il Jack Daniel’s ha contribuito a preservare l’essenza di Lemmy e dei suoi Motörhead. Nel corso dell’ultimo anno la band britannica ha rilasciato una corposa raccolta live “The Wörld Is Ours Vol. 1 – Everywhere Further Than Everyplace Else”, ed ora esce con il secondo volume, “The Wörld Is Ours - Vol. 2: Anyplace Crazy as Anywhere Else”.
Leggendo velocemente la scaletta del best of, sorge una domanda tanto scontata quanto spontanea e tutt’altro che fuori luogo : ce n’era davvero bisogno? La risposta è: no eppure sì. “No” perché la scaletta proposta non si discosta molto dal primo volume, “No” perché la tracklist in sé, attingendo dalle esibizioni delle edizioni 2011 del Wacken Open Air (la performance principale e più lunga), del Sonisphere Festival britannico (dedicata, tra l’altro, all’allora da poco scomparso ex chitarrista Wurzel) e del Rock In Rio, si è scelto di far comparire anche tre volte alcuni brani (“Overkill”, “Kill By Death”, “Over The Top”, “Going To Brazil”), creando così una certa ripetitività. “No” anche perché nell’edizione doppio CD in esame non si capisce perché le ultime due tracce dell’esibizione del Wacken sono state spostate nel secondo supporto, quando nel primo disco sarebbero potute tranquillamente entrare e completare quello che a tutti gli effetti costituisce la parte principale dell’offerta musicale.
Tuttavia, si accennava poc’anzi anche ad un perché, invece, “The Wörld Is Ours - Vol. 2: Anyplace Crazy as Anywhere Else” potrebbe risultare quantomeno interessante. È vero, c’è una ripetizione di brani, ma proprio perché eseguiti in contesti diversi si possono notare piccole sfumature che differenziano un’esibizione dall’altra. È vero, i live proposti hanno una scaletta non troppo dissimile da quella presentataci ad inizio anno col primo volume della raccolta, ma è indubbio che la performance del Wacken sia di gran lunga la migliore, non tanto per la voce di Lemmy, delle volte in affanno rispetto, ad esempio, al Sonisphere, quanto piuttosto per l’imponente, mastodontico muro sonoro imbastito dai Nostri e dalla portata emotiva a dir poco granitica.
Sarà retorico, sarà scontato, ma un live dei Motörhead è pur sempre un live dei Motörhead: robusto, roboante, granitico e sopra le righe. Sempre gli stessi da quasi otto lustri, proprio per questo si sa esattamente a cosa si va incontro, e non deve essere necessariamente considerato un difetto.