Definiti come i “gemelli melodici” dei Cult Of Luna, dato che i due chitarristi/cantanti della band svedese, Johannes Persson e Fredrik Kihlberg, sono le menti dietro questo progetto parallelo, i Khoma portano in dote nella seconda metà del 2012 il loro quarto disco, “All Erodes”, il sigillo che conclude la trilogia precedente e ne rappresenta l'ideale chiosa. Si tratta infatti di una raccolta di b-sides, vecchie registrazioni provenienti dalle sessioni degli album precedenti e affinate per poter essere date in pasto all'affamato pubblico fedele al postcore e attirato da ogni novità legata ai grandi nomi della scena. Molto probabilmente si tratterà anche dell'ultima fatica di casa Khoma, e alla luce di quanto possiamo ascoltare, è senza dubbio un peccato perdere una band di questo calibro.
Si è già detto in altra sede che l'universo post-metal-core è saturo e rischia il collasso su se stesso. Le top band del genere faticano un po' a trovare spunti originali, e dietro di loro schiere di mestieranti si limitano a replicare quanto già ascoltato in questi anni, senza contribuire veramente alla freschezza del movimento. Il discorso cambia radicalmente per i Khoma, autori per la verità non di un vero e proprio post-metal, ma decisamente orientati alla melodia. Si potrebbe, per certi versi, parlare addirittura di post-alternative rock, perché gli svedesi prendono le mosse anche da nomi del calibro di Radiohead, Muse o A Perfect Circle, e su questa base costruiscono le loro aperture atmosferiche. Non c'è la minima traccia di growl, le chitarre non formano quel muro invalicabile tanto caro ai vari Isis o The Ocean (citazione obbligata, visto che “All Erodes” esce per Pelagic Records, la label di Robin Staps): la chiave è appunto la melodia.
“In Ruins”, opener dell'album, è il motivo per cui ho affiancato il nome dei Khoma a quello della band di Thom Yorke. Delicata, onirica ma “pessimista”, una sorta di ninna nanna devastante, e sicuramente una delle gemme del disco. Ma non certo l'unico highlights: “Give It Meanings” brilla di luce propria, mentre “Winter Came Upon Us” ricorda gli Opeth, anche nell'approccio lirico e tematico. “Armo” è un altro colpo al morale di chi ascolta, un'altra guida verso l'atmosfera sognante (e il drumming inisistito sui tamburi non può non riportare alla mente i pezzi più calmi dei veri maestri svedesi, i Breach). Citare brani qua e là però è sbagliato, perché tutto “All Erodes” nella sua interezza appare come un prodotto coeso, frutto di passione e gusto per la melodia.
C'è poco da aggiungere: di sicuro, per me che purtroppo ignoravo la loro esistenza, i Khoma sono una delle sorprese di questa fine 2012, e mi piange il cuore averli scoperti solo adesso, quando il loro cammino sembra essere giunto al termine. Fatto sta che diventa un obbligo procurarsi i lavori precedenti, perché se questi sono gli “scarti”, cosa diavolo avranno mai tirato fuori negli altri dischi?
Khoma
All Erodes
2012, Pelagic Records
Postcore
01. In Ruins
02. Just Another Host
03. Dead Seas
04. Give It Meaning
05. Death Throes
06. Winter Came Upon Us
07. Armo
08. Eyes To The Sun
09. All Like Serpents (remix)